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Tumore della vescica, l’importanza dell’alimentazione

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Quinto più diffuso in Italia, aggressivo e spesso difficile da curare, nonostante gli ultimi progressi terapeutici: è il tumore della vescica. Si tratta di una patologia dalla gestione complessa, che richiede un percorso di cura gestito da un team multidisciplinare, con la collaborazione di oncologi, urologi, nutrizionisti, farmacisti ospedalieri e psicologi.

L’evento “GOURMEETMultidisciplinarità a confronto per le persone con tumore della vescica”, organizzato da PharmaLex (già Mapcom), con il contributo non condizionato di Astellas, ospitato a Roma dalla Città del Gusto di Gambero Rosso Academy, ha offerto un importante momento di confronto fra tutti gli operatori del sistema salute, con l’obiettivo di discutere la necessità di un approccio multidisciplinare e l’importanza di una corretta e sana alimentazione durante il periodo di cura.

Imparare a riconoscere i primi segnali della patologia può fare la differenza. “I sintomi del tumore della vescica sono piuttosto caratteristici”, spiega Andrea Tubaro, direttore Uoc Urologia dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea e professore di Urologia alla Sapienza. “L’ematuria, cioè la presenza di sangue nelle urine, è un segno precoce molto tipico.  In quel caso bisogna rivolgersi subito al medico di famiglia. Altri sintomi possono essere una frequenza esagerata delle minzioni, passando da una volta ogni 3-4 ore a una volta ogni ora o anche meno”. 

L’incidenza di tumore della vescica in Italia è stata di oltre 29mila casi nel 2022, mentre i decessi nel 2021 sono stati più di 6mila. Il 90% dei tumori della vescica è di istologia uroteliale. “Il 70% dei tumori appartenenti a questa famiglia di neoplasie è di natura superficiale – chiarisce Tubaro – Non attaccano la parete muscolare della vescica e hanno una prognosi abbastanza benigna. Il restante 30% è più aggressivo, infiltra la parete e ha una prognosi peggiore”. 

I tumori superficiali sono normale asportati endoscopicamente; seguono quindi terapie endovescicali che riducono il rischio che si ripresentino nel tempo in modo più aggressivo. “Nei casi più gravi invece il trattamento è chirurgico – conclude Tubaro – con un intervento abbastanza invasivo, cioè l’asportazione della vescica in toto e, ove possibile, la sua ricostruzione con parte dell’intestino. Oppure, laddove possibile, si possono mettere in campo protocolli di chemio e radioterapia, che consentono in alcuni casi di risparmiare l’organo, con buoni risultati di sopravvivenza nel tempo”. 

“È sempre più importante porre l’attenzione sugli aspetti psicologici e nutrizionali nel percorso di cura dei pazienti oncologici – avvisa Salvatore Artale, Direttore di Oncologia Medica Asst Brianza – Il binomio tra oncologia e alimentazione è sempre più centrale per attenuare gli effetti collaterali delle terapie mediche oncologiche, migliorandone qualità della vita e aderenza ai trattamenti”. 

“Vi è una scarsa consapevolezza della patologia tra i pazienti e caregiver, spesso poco supportati nelle diverse fasi del percorso di cura”, sottolinea Edoardo Fiorini, presidente dell’Associazione PaLiNUro. Spesso sono proprio le associazioni dei pazienti a colmare questo gap. “Noi cerchiamo di non far sentire solo il paziente: forniamo ascolto, informazioni e supporto a chi si trova disorientato dopo la diagnosi”, racconta Laura Magenta, assistente alla presidenza dell’Associazione PaLiNUro. “In quest’ottica è importante la figura del Case Manager all’interno dei team: punto di riferimento per i pazienti negli ospedali, che possono chiarire le tappe del percorso di cura”. 

“L’attuale legislatura, sin dal suo insediamento, ha lavorato per l’approvazione del nuovo Piano Nazionale Oncologico, che pone l’attenzione sulla centralità del paziente e sulla riduzione delle disuguaglianze di accesso alle cure, attraverso una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico”, chiarisce Giovanni Berrino, membro della X Commissione Sanità del Senato. 

 

“Investire in oncologia è fondamentale – ribadisce l’onorevole Marianna Ricciardi, membro della XII Commissione Affari sociali della Camera – Significa investire sulle terapie a bersaglio molecolare: terapie personalizzate che riducono gli effetti collaterali, poiché agiscono sull’organo in modo mirato. Nella mia pregressa esperienza da medico nel campo dei tumori della testa e del collo, ho avuto modo di apprezzare il lavoro in una squadra formata da oncologi, radioterapisti, fisioterapisti e psico-oncologi, un team con competenze diverse in grado di accompagnare il paziente nel decorso della patologia”. 

Oltre ad aumentare sopravvivenza e qualità della vita dei pazienti, l’approccio multidisciplinare consente anche una più efficiente gestione della malattia e delle risorse economiche. “Destinare fondi per ricerca e innovazione tecnologica è un impegno che va portato avanti per garantire ai pazienti terapie sempre più innovative e percorsi di cura che impattano meno sulla vita quotidiana”, spiega Ylenia Zambito, segretario della Commissione Sanità del Senato.

Roberto Iacovelli, dirigente medico del Policlinico Gemelli Irccs e associato di Oncologia medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, chiarisce il ruolo e le funzioni assunte dall’oncologo. “Spesso – dice – ci definiamo come dei direttori d’orchestra: cerchiamo cioè di gestire il paziente in modo olistico, all’interno di tutto il percorso terapeutico, dalla diagnosi alle fasi avanzate. Oggi le opportunità terapeutiche per i pazienti sono aumentate in modo esponenziale rispetto a pochissimi anni fa, quando avevamo non più di un paio di linee di trattamento e farmaci. Oggi il numero è aumentato e soprattutto siamo migliorati nella capacità di integrare farmaci e tecniche diverse nelle varie fasi della malattia”. 

“Esiste una necessità sempre più concreta di sviluppare i team multidisciplinari, che devono comprendere per il trattamento e la presa in carico del paziente una serie di specialisti diversi, tra cui il farmacista ospedaliero. L’integrazione multidisciplinare rappresenta un elemento di valore per prendere in carico al meglio il paziente, anche alla luce delle nuove terapie e trattamenti per il tumore della vescica” ha ribadito Marcello Pani, segretario nazionale Sifo, Direttore della  Farmacia Ospedaliera del Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs. “In questo ambito il farmacista ospedaliero – ha aggiunto – ricopre un ruolo centrale assicurando l’accesso alle terapie per i pazienti, dalla sperimentazione clinica e dal percorso regolatorio che disciplina la rimborsabilità e la classificazione dei farmaci innovativi e comprendendo il loro allestimento in sicurezza nelle Unità Farmaci Antiblastici”.

Infine Tsukasa Hirota, Vice Capo Missione Ambasciata del Giappone in Italia sottolinea le affinità tra la cucina mediterranea e quella giapponese, e la loro importanza nel percorso di cura del paziente oncologico. “Sono molto vicine a livello nutrizionale. Entrambe prevedono una grande varietà di alimenti in equilibrio tra loro, un consumo moderato di proteine animali e presentano tassi di riduzione di rischio di determinate malattie. Per noi è importante partecipare a eventi come GOURMEET, che sensibilizzano sulle proprietà benefiche di una sana e corretta alimentazione”.

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