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Sclerosi multipla: novità su staminali e Dna

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Sono giorni caldi per la ricerca sulla sclerosi multipla. Dalle cellule staminali potrebbe arrivare una nuova speranza contro la malattia: una ricerca tutta italiana ha infatti dimostrato che il trapianto di staminali ematopoietiche rallenta la progressione della disabilità rispetto all’immunoterapia standard. Questo lavoro, pubblicato su ‘Neurology’, apre la strada dunque a una nuova opzione per il trattamento di questa malattia che solo nel nostro Paese, secondo le stime, colpisce circa 133mila persone.

Da un altro studio, questa volta internazionale, arriva invece un risultato che potrebbe portare a test innovativi per capire quale sarà il decorso della malattia nel singolo paziente, ma anche a nuove terapie mirate. Insomma, è un po’ come se avessimo individuato un ‘freno’ e un ‘acceletatore’ di questa malattia. Vediamo in dettaglio di che si tratta.

Identikit della sclerosi multipla

Questa malattia neurodegenerativa presenta una incidenza tre volte superiore nelle donne e colpisce nell’età attiva, di solito tra i 20 e 40 anni. Le difese immunitarie ‘impazzite’ attaccano alcuni componenti del sistema nervoso centrale scambiandoli per agenti estranei. Ebbene, i ricercatori italiani guidati da Matilde Inglese, responsabile del Centro sclerosi multipla dell’Università di Genova e dell’Irccs Ospedale San Martino hanno  dimostrato come il trapianto di staminali ematopoietiche mette un freno alla progressione della disabilità.

Ma cosa sono le staminali ematopoietiche? Si tratta di cellule progenitrici di quelle del sangue, che sono totipotenti, cioè possono riprodursi a un ritmo estremamente intenso e differenziarsi nelle varie linee cellulari.

Il meccanismo nel mirino

Nella sclerosi multupla “l’infiammazione scatenata dal sistema immunitario, può danneggiare sia la mielina (guaina che circonda le fibre nervose) sia le cellule specializzate nella sua produzione (oligodendrociti) che le fibre nervose stesse – ha spiegato Stefania Fumarola, biologa e responsabile scientifica di In Scientia Fides – Questo processo, detto demielinizzazione, può provocare lesioni della mielina, definite placche, che possono presentarsi ovunque nel sistema nervoso centrale, in particolare nei nervi ottici, cervelletto e midollo spinale. Le placche possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici (dette sclerosi)”.

Da tempo le staminali ematopoietiche vengono studiate per il trattamento delle forme di sclerosi multipla refrattarie ai trattamenti. Grazie a queste cellule è possibile ricostituire il sistema immunitario ed eliminare quelle “impazzite” che tendono ad attaccare l’organismo.

Nello studio i ricercatori hanno confrontato l’andamento della sclerosi multipla in 79  persone che avevano ricevuto il trapianto di staminali ematopoietiche autologhe con 1.975 in trattamento con diverse terapie. Il trapianto di staminali sembra ritardare la progressione della disabilità rispetto ai pazienti in trattamento farmacologico. Tuttavia saranno necessari ulteriori studi, su un numero molto più ampio di pazienti, per capire il reale potenziale della strategia, soprattutto per le forme più progressive.

Risultati analoghi comunque sono stati ottenuti, di recente, anche da un altro team che ha pubblicato su “JAMA Neurology”. “Se si riesce a fermare abbastanza precocemente l’infiammazione che agisce da driver di questa malattia, i pazienti hanno la capacità di riparare il danno mielinico”, sottolineano i ricercatori coordinati da Mark Freedman, professore di neurologia presso l’Università di Ottawa (Canada). Dunque ora occorre consolidare questo approccio, che potrebbe cambiare le prospettive per i pazienti.

Questione di Dna

Su Nature, invece, un gruppo di ricerca internazionale capitanato da scienziati di Università di Cambridge e Università di San Francisco ha messo in luce un fattore genetico che accelera la malattia. Lo studio è stato condotto, in questo caso, su grandi numeri: oltre 22.000 pazienti.

“Ereditare questa variante genetica da entrambi i genitori accelera di quasi quattro anni il momento in cui si ha bisogno di un ausilio per la deambulazione“, ha sintetizzato Sergio Baranzini dell’Ucsf, coautore dello studio.

Il fatto è che, a parità di momento della diagnosi di sclerosi multipla, la progressione della disabilità può avere tempi estremamente diversi. In questo studio gli esperti hanno passato al setaccio più di sette milioni di varianti genetiche, scovandone  una associata a una progressione più rapida della malattia.

La variante colpevole

Questa variante si trova tra due geni mai collegati prima alla sclerosi multipla: DYSF e ZNF638. Il primo è coinvolto nella riparazione delle cellule danneggiate e il secondo aiuta a controllare le infezioni virali. La vicinanza della variante a questi geni, normalmente attivi nel cervello e nel midollo spinale, suggerisce che entrambi potrebbero essere coinvolti nella malattia.

Per confermare i risultati, gli esperti hanno guardato al Dna di altri 10 mila pazienti. Anche in questo caso occorreranno ulteriori ricerche per far luce sul ruolo della variante e dei due geni. Ma la speranza, oltre a quella di trovare altre caratteristiche genetiche che abbiano un peso sulla progressione della disabilità, è quella di riuscire a mettere a punto un test prognostico, che aiuti a prevedere l’andamento della sclerosi multipla. E, magari, una strategia terapeutica mirata. 

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