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Tumore al seno, novità sul fronte delle terapie rimborsate

tumore seno
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Sempre di più, con l’avanzare delle conoscenze in campo biologico e molecolare, le cellule tumorali svelano i loro misteri, spesso concatenati tra loro in un puzzle complesso ed affascinante per la scienza. Per fortuna, a fronte dei tanti volti che può assumere la neoplasia nelle diverse fasi del suo sviluppo, il passaggio dalla ricerca di base alle applicazioni cliniche è sempre più rapido. E quindi l’oncologo trova a disposizione approcci innovativi, da impiegare con la massima appropriatezza, in grado di aiutare chi affronta il tumore. In questa logica, ovviamente, le forme patologiche non sono tutte uguali. E non ci sono dubbi che il tumore del seno sia oggi caratterizzato da una miriade di stigmate biologiche e molecolari che ne condizionano la prognosi ed il decorso, ma possono anche rappresentare un target sempre più specifico per farmaci su misura. 

Si legge in questo senso una buona notizia: Aifa, l’Agenzia Italiana del farmaco, ha approvato la rimborsabilità di abemaciclib in associazione alla terapia endocrina per il trattamento adiuvante di pazienti adulti con tumore al seno in fase iniziale (EBC – Early Breast Cancer), positivo al recettore ormonale (HR), negativo al recettore del fattore di crescita umano epidermico di tipo 2 (HER2), linfonodo-positivo, ad alto rischio di recidiva. 

Già da questa definizione tecnica si capisce come e quanto la selezione delle pazienti da trattare diventi la variabile chiave per il successo del trattamento e per l’utilizzo proprio delle risorse.  Perché bisogna trovare l’identikit ideale, per guardare sia al benessere della donna sia alle casse della sanità.

“Si parla di tumore al seno in fase iniziale (Early Breast Cancer, EBC) quando non c’è stata diffusione metastatica, vale a dire non sono presenti metastasi a distanza – fa sapere Lucia Del Mastro, Professore Ordinario di Oncologia Medica, Università di Genova e Direttore Clinica di Oncologia Medica, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova. Dopo l’intervento chirurgico, in base ad una serie di fattori che ci aiutano a capire qual è il rischio che queste donne possano sviluppare metastasi, si decide il trattamento post-operatorio, il cosiddetto trattamento adiuvante. Circa un 15% di tumori HR+/HER2- sono a rischio aumentato di sviluppare metastasi e la possibilità di offrire a queste donne un trattamento aggiuntivo alla terapia endocrina, rappresentato da abemaciclib, è una opportunità molto rilevante per le nostre pazienti, che grazie a questo farmaco hanno una riduzione clinicamente molto significativa del rischio di recidiva”.

Insomma: il farmaco giusto per la paziente giusta. In un’oncologia che procede senza sosta, a piccoli passi, come è giusto che sia.  “Il trattamento con abemaciclib in combinazione con terapia endocrina ha dimostrato di ridurre in maniera importante il rischio di recidiva nelle pazienti con tumore al seno in stadio iniziale ma con un elevato rischio di ripresa di malattia”, è la segnalazione di Valentina Guarneri, professore ordinario di Oncologia Medica e direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica, Università di Padova.

Ai vari aggiornamenti del follow up del trial MonarchE (da cui sono partite queste conoscenze e l’intero sviluppo del farmaco in questo setting) si è osservato non soltanto il mantenimento della riduzione del rischio di recidiva che avevamo già visto nell’analisi primaria, ma nel tempo si è osservata una tendenza addirittura a migliorare questo effetto.

“Il fatto che ci sia un effetto di riduzione sul rischio di metastasi a distanza è un aspetto assolutamente rilevante – conclude Guarneri – perché sappiamo che l’evento metastasi a distanza è quello che maggiormente condiziona la prognosi di queste pazienti; quindi, quello che ci aspettiamo è che questo trattamento riesca ad aumentare la proporzione di pazienti guarite”. Si va avanti. quindi. Dalla parte delle donne. 

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