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Vacanze in montagna vietate per chi ha problemi al cuore?

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E’ decisamente il momento di decidere dove andare in vacanza. Con il caldo che incombe, in molti pensano  alla montagna. È però molto radicata l’idea che l’alta quota sia incompatibile con la salute delle persone ipertese o cardiopatiche. Ma sarà davvero così?

A rispondere sono i  medici anti-bufale di Dottoremaeveroche.it, il portale contro le fake news della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici). E questa volta la risposta è complessa: gli sport alpini, anche nelle versioni più spericolate, richiedono un’adeguata preparazione fisica, necessaria per affrontare altitudini che “mozzano il fiato”. Ma se il programma delle vacanze in montagna prevede solo semplici escursioni, non dobbiamo temere il peggio. Capire cosa accade quando si sale in vetta e come proteggere il cuore è il modo migliore per fare i bagagli in serenità.

Insomma, il ‘no alla montagna per chi ha problemi al cuore’ “è un falso mito, oppure un eccesso di prudenza. Non esistono conferme che una vacanza o una gita in montagna siano un rischio per i cardiopatici. E gli studi epidemiologici finora non hanno fornito dati solidi sulla correlazione fra i fattori di rischio cardiovascolare ed eventi avversi avvenuti durante la pratica di attività leggere in montagna, come l’escursionismo”, dicono i dottori anti-bufale.

Le ricerche sono, in realtà, molto poche, ma si può affermare che soggiornare ad alta quota non è una controindicazione per individui con patologie cardiache e circolatorie. Su questo tema è di recente intervenuto il cardiologo Stefano Savonitto, chiarendo come l’infarto miocardico o la morte cardiaca improvvisa non siano più frequenti in montagna.

Perché allora la vacanza in alta quota è considerata pericolosa? Ebbene, all’aumentare dell’altitudine il clima cambia progressivamente: la pressione atmosferica diminuisce e si respira con più fatica. Caldo o freddo estremi e radiazioni solari più intense possono aggravare la situazione.

Cosa vuol dire alta quota? Si intende un luogo al di sopra dei 2500 metri sul livello del mare. È in luoghi simili, infatti, che si registrano le risposte fisiologiche potenzialmente rischiose per il corpo umano. Sappiamo che, sotto sforzo, cioè durante l’attività aerobica, cuore e polmoni lavorano di più, aumentano la pressione arteriosa e il consumo di ossigeno, quindi si respira con più intensità.

Esistono certamente situazioni più rischiose, ma riguardano casi particolari, come gli sport alpini o la scalata verso altitudini estreme, contesti diversi dalle mete di chi vuole semplicemente riposare e fare trekking. È vero che il sistema cardiocircolatorio è messo alla prova, però non più di quanto lo sarebbe in una palestra o a bassa quota. Il rischio di eventi cardiovascolari, in conclusione, è stato documentato soprattutto in associazione all’attività sportiva intensa ed è sostanzialmente slegato dal livello di altitudine.

Il mal di montagna

Si tratta di un insieme di sintomi causati dalla salita in alta quota rapida, spesso senza soste. Può colpire anche soggetti sani. Interessa, infatti, tra il 20 e il 30% dei frequentatori di quote oltre i 3.500 metri e può comportare, solo in una minima parte dei casi (circa l’1%), problemi gravi e potenzialmente mortali come l’edema polmonare e l’edema cerebrale.

I segnali spia

Occorre stare attenti, già a quote inferiori, a sintomi lievi e passeggeri, come mal di testa e nausea. Se perdurano oltre le 24 ore oppure se si aggiungono altri malesseri, come difficoltà di coordinazione e di respirazione (ipossia), anche a riposo, sarà necessario scendere a quote più basse e rivolgersi a un medico.

Per stare più tranquilli, nelle escursioni impegnative, è consigliabile portare con sé un saturimetro. Come abbiamo imparato durante la pandemia di Covid-19, è uno strumento facilissimo da utilizzare e in grado di informarci rapidamente sul livello di ossigeno nel sangue.

I consigli pre-partenza

Un consulto medico prima di partire e, eventualmente, un test da sforzo sono raccomandati a chi soffre di pressione alta, ai portatori di dispositivi impiantabili (defibrillatori, pacemaker), a chi è affetto da patologie cardiache. Sapendo, però, che eventi come l’infarto miocardico sono imprevedibili.

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