GILEAD

Intolleranza al glutine, nel mirino produzione del grano

celiachia intelloranza al glutine
Gilead

Sugli scaffali dei supermercati si moltiplicano i prodotti gluten free, e basta andare al ristorante con amici e colleghi per accorgersi dell’epidemia di ‘intolleranza al glutine’, che solo in Italia riguarda circa il 12% della popolazione. Una tendenza diffusa soprattutto fra i giovani. Ma come mai il fenomeno della sensibilità al glutine è tanto in crescita? La ‘colpa’ potrebbe non essere del glutine, ma dei ‘fattori anti-nutritivi’ contenuti del frumento.

A ipotizzarlo sono gli esperti riuniti al congresso “Il frumento. Produzione, preparazione e consumo consapevole per il benessere intestinale”, in programma oggi a Roma, al Policlinico Gemelli.

“Stiamo assistendo a livello mondiale – spiega il professor Giovanni Cammarota, direttore della Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia presso la Fondazione Policlinico Gemelli e associato di Gastroenterologia della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – a un’esplosione del marketing dei prodotti ‘gluten-free’, legata a una vera e propria ‘epidemia’ di intolleranza al glutine”. Ma quanto c’è di ‘moda’ o di suggestione e quanto di solida realtà scientifica?

Il trend nella Gen Z

“Le patologie conosciute legate al frumento, celiachia, gluten-sensitivity, allergia al frumento – continua Cammarota – hanno una prevalenza che va dall’1 al 5%. Ma accanto a questo, si stima che a livello globale non meno del 10-15% delle persone si auto-diagnostichi una ‘intolleranza al glutine’ (in Italia il 12%) e quindi auto-escluda il glutine dalla propria dieta. E questo riguarda soprattutto i millennial e la generazione Z (fino al 15% di autodiagnosi), mentre nei baby boomer il fenomeno si attesta al 4%”.

L’ipotesi legata all’industrializzazione

Il boom dell’intolleranza al glutine potrebbe, ipotizza Cammarota, essere legata all’industrializzazione della produzione del frumento. “I meccanismi che possono indurre sensibilità al glutine sono ben conosciuti; ma bisogna prendere in considerazione anche tante altre proteine contenute nel frumento, in grado di indurre una sensibilizzazione. Grande interesse è appuntato al momento sui cosiddetti ‘fattori anti-nutrizionali’ (ANF) del frumento, quali fitati, tannini, amylase/trypsin inhibitors (ATIs) e tanti altri”.

Queste proteine hanno la funzione specifica di proteggere del frumento dai suoi nemici naturali, ma allo stesso tempo possono rallentare la digestione delle proteine, dei carboidrati e delle molecole presenti nel frumento stesso, oltre che interferire con l’assorbimento di biomolecole (es. ferro e zinco), riducendone la biodisponibilità.

“Una modalità per neutralizzare questi anti-nutrizionali – prosegue Cammarota – potrebbe essere quella di prolungare i tempi di fermentazione del frumento, a temperatura controllata. Ma un aumento eccessivo della domanda, può portare ad una minore attenzione alla processazione del frumento; in questo caso questi anti-nutrizionali non vengono neutralizzati e possono provocare una cattiva digestione, ma anche innescare meccanismi infiammatori e di immunità innata nell’organismo”.

La domanda eccessiva da parte del mercato può portare a una scarsa qualità della processazione del frumento. E questo potrebbe essere alla base dell’esplosione della ‘gluten sensitivity’. “Ecco perché – dice l’esperto – è così importante mettere insieme agrari e clinici (gastroenteologi, nutrizionisti, allergologi, ecc) per far convergere le diverse linee di ricerca su questo obiettivo e studiare la stessa problematica” con occhi diversi.

Quando il grano fa ammalare

Celiachia: è una patologia ben nota che riguarda l’1% della popolazione italiana (circa 600.000 persone, delle quali si stima che solo un terzo sia stato correttamente diagnosticato) e in crescita; insorge in soggetti geneticamente predisposti (portatori dell’aplotipo HLA DQ2/DQ8, ma il test genetico serve solo per escludere la diagnosi).

“L’ingestione di prodotti (frumento, orzo, segale, farro, ecc.) contenenti gliadina (proteina del glutine) – dice Cammarota – scatena una risposta infiammatoria autoimmune che danneggia la mucosa intestinale e ne riduce la capacità assorbitiva. La diagnosi si basa sul sospetto clinico, sull’analisi sierologica degli anticorpi (anti-endomisio, anti-transglutaminasi di classe IgA e IgG, anti-gliadina deamidata), che va fatta mentre si segue una dieta libera e non gluten free e sulla conferma istologica con la biopsia dei villi duodenali, prelevati attraverso una gastro-duodenoscopia, che evidenzia l’atrofia dei villi intestinali (nei bambini per la diagnosi è sufficiente dimostrare la presenza di anticorpi anti-transglutaminasi superiori di dieci volte la norma). L’unico trattamento è rappresentato per ora da una dieta priva di glutine (gluten-free) che consente di ripristinare i tessuti intestinali danneggiati”.

Allergia al frumento: è una vera allergia, scatenata dalle IgE. Si può manifestare con reazioni orticariodi, prurito intenso, dolori addominali forti. Colpisce in genere neonati e bambini piccoli e tende a scomparire con la crescita. È presente in oltre un terzo dei bambini con dermatite atopica. Negli adulti si manifesta come ‘allergia al glutine del grano a reazione immediata o come anafilassi grano-dipendente indotta dall’esercizio fisico’ (WDEIA), e in questo caso è destinata a perdurare nel tempo. Il trattamento consiste in una dieta di esclusione dei prodotti del grano o in una terapia desensibilizzante al grano, ricorrendo anche ad antistaminici, cortisonici e farmaci biologici.

Sensibilità al glutine: è un capitolo molto vasto e molto insidioso (se la autodiagnostica fino al 12% degli italiani) e non ci sono marcatori obiettivi in grado di intercettarla. “Il paziente – spiega Cammarota – riferisce sintomi (dolori addominali, gonfiore, nausea, mal di testa, sensazione di stanchezza, disturbi dell’alvo) a seguito dell’ingestione di glutine e si autodiagnostica questa ‘intolleranza’. Si tratta di una condizione molto diffusa, ma di difficile inquadramento diagnostico”.

La diagnosi dunque è solo clinica e si confonde con quella del colon irritabile e con i disturbi funzionali. Potrebbe avvalersi di una risomministrazione al glutine, che teoricamente andrebbe però fatta in doppio cieco (cioè né il paziente, né il medico dovrebbero sapere che gli alimenti somministrati contengono il glutine).

“Questa ondata di ‘sensibilità’ però, come ricordato, potrebbe non essere imputabile alla genetica del frumento (non sarebbe cioè una questione di grani ‘antichi’ o di grani ‘moderni’), quanto piuttosto alle moderne tecniche di produzione e di processamento. Interessante sarebbe anche andare a variare la tipologia del glutine all’interno del frumento, per individuare quello più immunogenico e in grado di stimolare la sensibilità. C’è insomma glutine e glutine, sia in termini di quantità che di qualità”, conclude l’esperto.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.