GILEAD

Sanità, quanto vale un euro speso nel Ssn

Fnomceo medici sanità
Gilead

Ormai sembra passato il concetto che quella in sanità non deve essere considerata tanto una spesa, quanto un investimento. Me forse può essere utile quantificare il valore di questo investimento.

A farlo è il Rapporto Fnomceo-Censis ‘Il valore economico e sociale del Servizio Sanitario Nazionale – Una piattaforma fondamentale per il Paese’, che ha studiato gli impatti economici e occupazionali della spesa sanitaria pubblica. Un’analisi interessante, considerato il periodo, i 45 anni del Ssn e le discussioni sulla Finanziaria.

Ebbene, iniziamo col dire che i conti sono presto fatti: ogni euro investito in sanità ne genera quasi due di produzione in valore. Non solo: se l’investimento pro-capite fosse pari a quello della Germania, si creerebbero 2 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro. Non solo nel settore. 

La qualità dell’assistenza e la longevità

Se la salute è uno specchio della sanità, l’Italia si colloca al terzo posto della graduatoria Ue per speranza di vita con 82,7 anni dopo Spagna (83,3) e Svezia (83,1); ed è al terzo posto della graduatoria della speranza di vita in buona salute con 68,1, inferiore solo a quello di Malta (68,7) e Svezia (68,4). “È evidente che la qualità del Ssn – spiega il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – nel lungo periodo non è estranea al fatto che l’Italia sia un caso di studio per allungamento della speranza di vita e per diffusione della longevità attiva, vale a dire per la diffusione di positive esperienze esistenziali individuali di terza e quarta età, fatte di buona salute e coinvolgimento sociale”.

“La spesa sanitaria pubblica emerge senza ambiguità come investimento sociale sia sulla salute degli italiani che sull’insieme dell’infrastruttura socioeconomica del nostro Paese. A questo stadio – insiste Anelli – è vitale dare corso a quella sorta di promessa maturata nei periodi peggiori dell’emergenza, secondo la quale la sanità sarebbe diventata una priorità dell’agenda del paese con finalmente la piena disponibilità delle risorse di cui necessita. Oggi questa è la sfida decisiva, anche perché più risorse pubbliche al Servizio sanitario significa più risorse per il sistema economico e sociale italiano ampiamente inteso”.

Il rapporto del Censis

Partendo da un valore della spesa sanitaria pubblica pari a 131,3 miliardi di euro (dato dalla spesa sanitaria pubblica del 2022, 131,1 miliardi di euro – pari al 6,7% del Pil – più una quota aggiuntiva che include la ricerca e sviluppo) il valore della produzione interna diretta, indiretta e dell’indotto è stimata in 242 miliardi di euro. Insomma, per ogni euro di spesa sanitaria pubblica investito nel Servizio sanitario viene generato un valore della produzione non distante dal doppio (per la precisione 1,84).

Il valore aggiunto complessivo creato è pari a 127 miliardi di euro: il 7,3% del valore aggiunto totale e il 6,5% del Pil. I settori che direttamente e indirettamente beneficiano della spinta della spesa sanitaria pubblica sono le attività dei servizi sanitari, per un valore della produzione pari a 126 miliardi di euro, con quasi 1,3 milioni di occupati, il settore dell’assistenza sociale con 8,6 miliardi di valore di produzione e un’occupazione di 180 mila persone, il commercio al dettaglio e all’ingrosso, con quasi 9 miliardi di valore di produzione e oltre 95 mila occupati.

E poi settori professionali e di servizi qualificati di tipo amministrativo, legale, contabile, di consulenza gestionale con un valore della produzione di oltre 3 miliardi di euro per oltre 30 mila addetti, e quello relativo a servizi di vigilanza e di facility management con 3 miliardi di euro di valore della produzione e quasi 43 mila occupati.

E ancora: il totale delle imposte dirette e indirette e dei contributi sociali ascrivibili al circuito attivato dalla spesa sanitaria pubblica risulta pari ad oltre 50 miliardi di euro. Si tratta di oltre 28 miliardi di imposte dirette e indirette e quasi 22 miliardi di contributi sociali relativi ai lavoratori dipendenti coinvolti.

Una spinta per l’occupazione di qualità

I benefici associati ad un investimento pubblico più alto nella sanità italiana oscillano da 1,5 a 2,5 milioni di occupati in più.

E questo non solo nel Servizio sanitario, che comunque è uno dei più importanti datori del lavoro del Pese: con 670 mila addetti a cui aggiungere oltre 57 mila medici di medicina generale, titolari di guardie mediche e pediatri di libera scelta. Incrementare la spesa sanitaria pubblica, si legge nel Rapporto Censis, vuol dire espandere l’occupazione: se la spesa sanitaria pubblica pro capite italiana, pari a 2.226 euro, salisse al livello di quella francese di 3.739 euro (spesa complessiva pari al 10,1% del Pil francese), a parità di potere d’acquisto, la spesa pubblica sanitaria totale italiana crescerebbe di 89 miliardi di euro diventando pari al 10,9% del Pil italiano, con un incremento del totale occupati diretti, indiretti e indotti di 1,5 milioni di unità, per un totale di 3,8 milioni.

Nell’ipotesi di un adeguamento della spesa sanitaria pubblica pro capite italiana al valore di quella tedesca, che è pari a 4.702 euro a parità di potere d’acquisto (il totale incide sul Pil tedesco per il 10,9%), la spesa sanitaria pubblica totale in Italia sarebbe superiore di 146 miliardi e pari al 13,3% del Pil, avremmo 2,5 milioni di occupati in più.

parliamo di “lavoro di qualità, motivante, motivante. Per questo – sottolinea Anelli – è importante investire sui professionisti, per rendere attrattivo il Servizio sanitario nazionale”. “C’è poi quella parte di occupazione – conclude – che viene stimolata tramite un meccanismo per cui la spesa sanitaria pubblica genera una domanda che consente a imprese di settori via via più distanti di espandere la produzione e, in parallelo, l’occupazione”.

Potenziare la ricerca

La spesa pubblica per ricerca e sviluppo per protezione e promozione della salute umana è in Italia pari a circa il 12,7% del totale della spesa per ricerca e sviluppo: siamo al quinto posto della graduatoria dell’Unione Europea per valore pro capite a parità di prezzi d’acquisto. In totale, lo stanziamento di spesa pubblica italiana per ricerca e sviluppo per protezione e promozione della salute umana è pari a 1,6 miliardi di euro.

Lo stanziamento attuale è il portato di un decennio di evoluzione della spesa che ha registrato nel periodo 2012-2019 una crescita del 5,2% e nel 2019-2022 un rialzo del 49%. L’esito per l’intero periodo 2012-2022 è un incremento di oltre il 56%. Non solo: l’Italia si colloca al secondo posto della graduatoria europea e al sesto di quella mondiale per numero di pubblicazioni mediche nelle riviste scientifiche.

I numeri sul territorio

La spesa sanitaria pubblica pro-capite è superiore a 2.000 euro in tutte le regioni. Superano quota 1,3 miliardi le prestazioni di prevenzione e cura erogate in un anno, 29 mila le strutture pubbliche e private accreditate, per un totale di 236 mila posti letto.

Quanto al medico di medicina generale, nonostante le carenze abbiamo ancora 40 mila professionisti diffusi nei territori, con una media di 1.300 adulti residenti per medico di medicina generale (il dato oscilla da 1.514 adulti in Lombardia a 1.063 in Umbria).

Un compleanno importante

La legge che istituiva il Ssn arrivò in Parlamento il 23 dicembre 1978, con la previsione dell’entrata in vigore del nuovo sistema il 1° luglio 1980.

“Oggi, dopo 45 anni, quei sogni e quella forte determinazione di rendere esigibile il diritto alla salute così come previsto dall’art. 32 della Costituzione tornano a sollecitare le nostre coscienze”, ha sottolineato Anelli.

Molte cose sono cambiate da quel lontano 1978: “Sono tornate ad affacciarsi le mutue o, meglio, le assicurazioni: il 17% della popolazione ne ha sottoscritta una. Il 21% degli italiani risparmia denaro per poter effettuare prestazioni sanitarie, e un italiano su quattro (23%) invece – drammaticamente – non riesce a risparmiare denaro per far fronte alle spese sanitarie. Oltre 3 milioni di cittadini (7%) rinunciano a curarsiLa spesa privata, messa di tasca propria dagli italiani, oramai supera i 40 miliardi. Le disuguaglianze in sanità tornano ad avere numeri importanti”.

Il futuro del Ssn

“Oggi – ha detto Anelli – i cittadini chiedono allo Stato e alle Regioni di lavorare insieme per superare le diversità di trattamento Nord-Sud, ma anche centro e periferia, tra ricchi e poveri, tra chi ha un più alto livello di istruzione e uno più basso. Torniamo a sognare un sistema che affronti la malattia come un problema di tutti, che si prenda carico della persona che soffre e non la lasci mai sola, che infonda speranza e fiducia nella scienza per affrontare la sofferenza”. Una sanità tecnologica, sì, ma anche più umana: non è solo il sogno dei medici.

 

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.