Robot più smart? Ecco come addestrarli

robot Allen Ren et al./Princeton University
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Come si rende un robot più intelligente? Una bella domanda nell’era di algoritmi e AI, considerato che oggi a fare la differenza spesso è proprio ciò che i robot non sanno. Ebbene, gli ingegneri della Princeton University e di Google hanno escogitato un nuovo metodo per insegnare ai robot a superare l’impasse. In che modo? La risposta sembrerebbe ‘socratica’: devono capire quando non ne sanno abbastanza e, dunque, quando è il momento di chiedere aiuto.

Se a fare la differenza è la domanda

La tecnica prevede di misurare la confusione del linguaggio umano e usare questo dato per dire ai robot quando è il momento di domandare ulteriori indicazioni. Ad esempio: dirgli di prendere una ciotola  sul tavolo quando ce ne sono cinque genera un grado di incertezza tale da spingere il  mezzo a chiedere chiarimenti.

Misurare la confusione

Poiché le attività richieste ai robot sono in genere più complesse di un semplice comando “prendi una ciotola”, gli ingegneri utilizzano modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) – la tecnologia alla base di ChatGPT – per valutare l’incertezza in ambienti complessi. Il punto è che i risultati sono ancora spesso inaffidabili. “Seguire ciecamente i piani generati da un LLM potrebbe far agire i robot in modo inaffidabile, quindi abbiamo bisogno che i capiscano quando non sanno cosa fare”, ha affermato Anirudha Majumdar, assistente di ingegneria meccanica e aerospaziale a Princeton e autore senior di uno studio che delinea il nuovo metodo.

Il sistema consente all’utente di fissare un obiettivo legato a una particolare soglia di incertezza che porterà il robot a chiedere aiuto. Ad esempio, si potrebbe impostare un robot chirurgo in modo che abbia una tolleranza agli errori molto inferiore rispetto a un esemplare che sta pulendo un soggiorno.

“Vogliamo che il robot chieda sufficiente aiuto in modo da raggiungere il successo desiderato. Ma allo stesso tempo vogliamo ridurre al minimo la quantità di aiuto di cui il robot ha bisogno”, ha affermato Allen Ren, laureato in ingegneria meccanica e aerospaziale a Princeton e autore principale dello studio. Ren ha ricevuto un premio per la sua presentazione della ricerca l’8 novembre alla Conference on Robot Learning di Atlanta.

Gli esperimenti

I ricercatori hanno testato il loro metodo su un braccio robotico simulato e su due tipi di robot presso le strutture di Google a New York City e Mountain View, in California, dove Ren lavorava come stagista di ricerca. Negli espertimenti un braccio robotico da tavolo è stato incaricato di smistare una serie di alimenti giocattolo in due diverse categorie; una configurazione con un braccio sinistro e uno destro aggiungeva un ulteriore livello di ambiguità.

Gli esperimenti più complessi hanno coinvolto un braccio robotico montato su una piattaforma con ruote e collocato nella cucina di un ufficio, con un forno a microonde e una serie di contenitori per il riciclaggio, il compost e la spazzatura. In un caso, un essere umano ha chiesto al robot di “mettere la ciotola nel microonde”, ma sul bancone c’erano due ciotole: una di metallo e una di plastica.

Il sistema del robot generava quattro possibili azioni da eseguire in base alle istruzioni, e a ciascuna opzione viene assegnata una probabilità di successo. Utilizzando un approccio statistico e un tasso di successo garantito specificato dall’utente, i ricercatori hanno progettato il loro algoritmo per attivare una richiesta di aiuto quando le opzioni rientravano in una determinata soglia di probabilità. Risultato? Il robot chiede all’essere umano quale ciotola posizionare nel microonde. Azioni apparentemente semplici, che ci dimostrano tutta la strada che la ricerca sta facendo per arrivare a esemplari come quelli protagonisti di tante pellicole di fantascienza.

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