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Gli italiani spendono 45 mld l’anno per le cure, riformare la sanità integrativa

sanità integrativa
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C’è confusione nella mente degli italiani quando si parla di sanità integrativa: “Molti cittadini la confondono con la sanità privata”, spiega Ivano Russo, presidente dell’Osservatorio nazionale Welfare e Salute. Ma ad essere chiari sono i numeri, a partire da quelli che misurano la spesa per le cure a carico dei cittadini stessi.

“Nel 2o26 il Fondo sanitario sarà di 128 mld di euro, mentre la spesa out of pocket – quella che i cittadini pagano di tasca loro – arriverà a 45 miliardi, se a questo valore aggiungiamo i circa 25 mld l’anno destinati a prestazioni socio assistenziali non erogate da enti pubblici, vediamo come in proporzione questa cifra sia troppo alta”, sottolinea Francesco Zaffini, presidente della Commissione Affari sociali, sanità e lavoro del Senato. Zaffini è fermamente convinto che “sia arrivato il momento di agire sulle regole, attraverso una riforma della sanità integrativa”. 

Il confronto con l’estero

Nel 2022 la spesa complessiva per le cure si aggirava attorno ai 197 mld di euro, di cui solo il 2,4% di spesa intermediata. Nel 2026 arriveremmo al 4%, dice Zaffini. “Troppo poco rispetto ai valori di Paesi come Francia e Germania. In Commissione Sanità vogliamo tentare di mettere mano al groviglio di operatori e regole”, aggiunge Zaffini.

In che modo? “Abbiamo deliberato all’unanimità un’indagine conoscitiva, le audizioni sono quasi esaurite e la mia intenzione è di istituire un comitato di redazione per elaborare un testo di legge delega con l’obiettivo di rendere l’Italia un Paese più civile”.

Una costellazione di attori

Il secondo pilastro del Sistema sanitario si ‘sostiene’ su 350 fondi di sanità integrativa, più una cinquantina di fondi contrattuali. I beneficiari, aggiunge Ivano Russo, sono poco più di 13 mln di cittadini in età lavorativa. Gran parte dei beneficiari dei fondi sanitari integrativi si concentrano nelle Regioni del Centro-Nord, dove si trova anche il maggior numero di imprese e il reddito è mediamente più alto.

Le parole chiave

La priorità è “semplificare e ottimizzare la struttura del secondo pilastro, in modo che resti tendenzialmente universalistico”, scandisce Zaffini, che guarda con interesse alle esperienze di Germania e Francia. Ma anche alla necessità di un intervento sull’intramoenia. “Trovo incredibile – riflette – che un esame si possa prenotare a 6 mesi di distanza, che diventano una settimana se lo facciamo in intramoenia. Ma anche che una gastroscopia nel sistema pubblico costi 80 euro e nel privato arrivi a 500 euro”, dice.

“Vogliamo squarciare il velo di ipocrisia: c’è una forbice inquietante tra Paese reale e legale”, insiste Russo.

Tappe serrate

L’attesa non sarà lunga, per un intervento che promette di essere interessante anche per assicurazioni e banche. “Vorrei chiudere l’indagine entro gennaio e, per fine febbraio, avere un testo a disposizione“. Un documento che ha l’ambizione di mettere ordine nel settore, che può contribuire a ridurre due mali della sanità italiana: le liste d’attesa e la rinuncia alle cure.

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