Alimentazione, agli italiani piace bio ma occhio alle frodi

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Più salubri e amici dell’ambiente: i cibi bio piacciono sempre di più agli italiani. Nell’ultimo mese il 40% ha consumato prodotti di questo tipo almeno tre o quattro volte a settimana. A sceglierli più spesso sono i giovani (62%), i laureati (47%), e le persone originarie delle regioni del Sud e Isole (48%). Ma in verità il consumatore non è poi così preparato rispetto alle certificazioni bio, per questo motivo può essere indotto in errore negli acquisti. Se ne è parlato nei giorni scorsi all’Università Cattolica, campus di Cremona.

I favoriti

Nell’incontro si è raccontato come gli alimenti bio più consumati dagli italiani siano le uova fresche (69%), gli ortaggi (66%) e la frutta (62%), scelti poiché considerati salubri, naturali e rispettosi dell’ambiente. È infatti opinione diffusa che i cibi biologici contengano meno pesticidi e siano prodotti con processi che presterebbero una particolare attenzione alla sicurezza.

Le certificazioni

Quanto alle possibili certificazioni biologiche presenti sul mercato, sono abbastanza note e viste come una garanzia di maggiore sicurezza dei cibi. Tuttavia, poco meno della metà (48%) ripone poca fiducia verso gli enti che certificano questi prodotti e verso l’industria italiana che li promuove.

Le tecnologie omiche e il rischio frodi

“Dallo studio emerge inoltre che la maggior parte degli italiani (79%) non ha mai sentito parlare delle tecnologie omiche applicate al cibo – spiega Greta Castellini, ricercatrice di Psicologia dei Consumi presso la Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica -Dopo aver presentato e spiegato dettagliatamente tali tecnologie e il loro potenziale ai partecipanti dello studio, questi ultimi le hanno considerate interessanti (54%), positive (58%) e non pericolose (55%). Tuttavia, sembrano emergere delle incertezze riguardo alla necessità di introdurre queste nuove tecnologie alimentari”.

Su questo fronte, il 43% ritiene che l’utilizzo delle tecnologie omiche possa essere evitato in quanto non necessario ai fini della certificazione bio di un alimento. In media, il campione dell’indagine ha affermato di essere disposto a pagare circa il 9% in più per gli ortaggi certificati con tecnologie omiche rispetto a quelli non certificati con tali tecnologie.

“Oggi le certificazioni a supporto sono principalmente cartacee, e quindi più facilmente soggette a frodi. Si auspica quindi il ricorso nei prossimi anni a queste nuove tecnologie omiche, quantomeno in un’ottica di verifiche a campione”, sostiene Luigi Lucini, docente di Chimica agraria alla Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica.

Tecnologico e biologico è un binomio che può suonare stridente per il consumatore, in generale più incline ad assimilare le tecnologie alimentari ad un concetto di artefazione invece che percepirle come alleate per migliorare la sua sicurezza di un alimento”, sostiene Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Research Center, Centro di ricerca in psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica, campus di Cremona e coordinatrice del progetto.

“I risultati della ricerca evidenziano il ruolo centrale della fiducia negli enti certificatori per stimolare l’adozione delle nuove tecnologie alimentari, senza dimenticare l’importanza ricoperta dagli atteggiamenti verso il cibo più in generale”, aggiunge Giulia Sesini, dottoranda presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica. I consumatori attribuiscono difatti una crescente rilevanza alla componente etica dei prodotti, fattore determinante nella scelta di cibi certificati tramite nuove tecnologie. “Da un punto di vista psicologico – rileva – è inoltre fondamentale differenziare i consumatori in base alle proprie abitudini di consumo per dare forma a una comunicazione mirata e personalizzata, che vada a rassicurare in particolar modo i consumatori di cibi biologici sull’integrità del prodotto”.

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