Cervello e difese immunitarie, l’insospettabile legame con la memoria

cervello
Aboca banner articolo

Fari puntati sui meccanismi, finora insospettabili, che legano il sistema di difesa del nostro organismo con alcune funzioni chiave del cervello, come la memoria. A fare chiarezza è un nuovo studio italiano, pubblicato su ‘Immunity’.

Un tema interessante anche dal punto di vista farmacologico, dal momento che – secondo le stime – in Italia 600mila persone soffrono di Alzheimer e, a causa dell’invecchiamento della popolazione, questa patologia subirà secondo tutte le previsioni un forte aumento.

Negli ultimi anni l’idea del cervello come organo ‘principe’, isolato dal resto dell’organismo, è stata rivoluzionata: ormai sappiamo che, fin dalle prime fasi dello sviluppo fino all’invecchiamento, il dialogo continuo tra cellule nervose e cellule immunitarie garantisce il funzionamento del cervello e che le sue alterazioni sono coinvolte in diverse malattie.

Al centro del meccanismo messo in luce dal team di Michela Matteoli, professoressa ordinaria di Farmacologia in Humanitas University e direttrice del Programma di Neuroscienze di Humanitas, troviamo le le cellule immunitarie che risiedono nel cervello – le cosiddette cellule della microglia – e che guidano lo sviluppo e la maturazione delle aree dell’ippocampo deputate alla memoria, modificando il metabolismo dei neuroni che compongono queste aree.

La scoperta

Come spiega Matteoli, “abbiamo scoperto che, se il recettore della microglia TREM2 non funziona correttamente, i neuroni della memoria nell’ippocampo presentano anomalie nel loro metabolismo energetico durante lo sviluppo, con implicazioni che si protraggono nel tempo”.

Una scoperta “entusiasmante” perché – spiegano i ricercatori – svela una funzione inedita delle cellule della microglia. Ma anche perchè i  difetti nel metabolismo dei neuroni in questa area sono coinvolti in diverse malattie neurodegenerative, tra cui appunto l’Alzheimer.

“Il fatto poi che mutazioni in TREM2 costituiscano un fattore di rischio per l’insorgenza della malattia, come dimostrato alcuni anni fa da studi di screening genetico su pazienti, suggerisce la rilevanza di questo processo”.

Matteoli
Il team di Matteoli/Credits: Humanitas

Lo studio

A firmare lo studio, il gruppo di Matteoli con Simona Lodato, a capo del Laboratorio di Neurosviluppo di Humanitas e docente di Istologia ed Embriologia di Humanitas University, Katia Cortese dell’Università di Genova e Rafael Arguello del CNRS di Marsiglia. Nel team di Humanitas anche Erica Tagliatti, prima autrice dello studio insieme a Genni Desiato.

Le cellule della microglia

Le cellule della microglia risiedono nel cervello; un loro recettore chiamato TREM2, è coinvolto in molti processi e identificato già nel 2013 perché, quando mutato, aumenta il rischio di sviluppare demenza e Alzheimer.

Il meccanismo che lega le versioni difettose di TREM2 all’insorgenza dell’Alzheimer è ancora oggetto di studio: scoprirlo potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per contrastare il ‘ladro di ricordi’.

In laboratorio il team ha scoperto che, in assenza di TREM2, i neuroni che compongono l’area della memoria nell’ippocampo non solo si sviluppano in ritardo, ma presentano delle anomalie di trascrizione e comportamento che permangono nel tempo, soprattutto di tipo metabolico. “I mitocondri dei neuroni, vere e proprie “centrali energetiche” delle cellule, sono in numero inferiore e hanno una struttura e una funzionalità ridotta”, spiegano le prime autrici dello studio, Erica Tagliatti e Genni Desiato.

“Per la prima volta – sintetizzano le ricercatrici – abbiamo dimostrato che le cellule della microglia e il loro recettore TREM2 hanno un ruolo nel controllare la maturazione dei neuroni della memoria e il loro profilo metabolico”.

A che punto siamo

La scoperta è stata condotta in laboratorio e su modelli preclinici: servono dunque ulteriori ricerche per ricadute concrete nello studio di malattie come demenze e Alzheimer, ma le strade aperte sono tante. I pazienti con varianti genetiche di TREM2 potrebbero infatti avere problemi di metabolismo proprio nell’area del cervello deputata alla memoria. Problemi che potrebbero indebolire l’area e renderla più suscettibile alla neurodegenerazione.

L’impatto della mancanza di TREM2 osservato dai ricercatori durante lo sviluppo, potrebbe anche manifestarsi in età avanzata, quando i livelli del recettore si riducono in modo fisiologico. “Questa ricerca – conclude Metteoli – dimostra ancora una volta che nel cervello lo sviluppo e l’invecchiamento sono due facce della stessa medaglia e dovrebbero essere studiati congiuntamente. Negli ultimi anni, per esempio, si è scoperto che alcune proteine implicate nei disturbi neurodegenerativi svolgono un ruolo importante già durante lo sviluppo del cervello”. Un momento chiave, quello iniziale, le cui alterazioni possono ripercuotersi su salute (e memoria) anche a distanza di decenni.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.