coronavirus
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“Giù la maschera!”. Direbbe, forse, oggi cosi, ai tempi di Covid, ‘L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello’. Il paziente, magistralmente descritto da Oliver Sacks, a cui riscontrò la prosopoagnosia. Un disturbo neurologico che riguarda l’alterazione di alcuni circuiti nervosi, spesso a carico di entrambi gli emisferi cerebrali. Che perdono la loro capacità di estrarre dal cassetto della memoria il ricordo di un viso già visto e conosciuto.

Ne risulterebbe, quindi, una difficoltà a riconoscere, per un deficit cognitivo, i propri familiari dai loro lineamenti del volto. Ma anche le persone note, che vengono perciò completamente ignorate. O comunque percepite in modo improprio, se non addirittura come estranee. E non corrispondono mai ad un volto, ma a volte agli oggetti più disparati. A tal punto, da far apparire chi ne soffre, come un menefreghista o peggio un maleducato, che non saluta o non considera gli altri quando li incontra.

Oggi, siamo tutti in un certo senso un po’ cosi, spaesati, disorientati, considerando che ormai, ai tempi del Covid, con annessa mascherina al seguito, riusciamo a riconoscerci a stento. O solo in parte. Perché dal naso in giù, ci viene preclusa la possibilità di analizzare bene, nella sua interezza, il volto delle persone nella sua complessità.

Gli occhi sono importantissimi nella comunicazione non verbale, per conferirci o meno il senso della familiarità. Ma non bastano per mettere a fuoco fino in fondo i tratti somatici. O per comprendere, interpretare emozioni e sentimenti, quando ci troviamo a tu per tu con gli altri. Ne viene fuori una comunicazione amputata, incompleta. Che da luogo a una certa difficoltà e fatica nel connettersi nell’interazione sociale.

E’ un po’ come rivivere i tempi di Casanova: tutti al gran ballo, rigorosamente mascherati e nascosti. Con l’immaginazione e la fantasia che correvano a mille. Per scoprire, poi, chissà quale volto si nascondesse dietro quella maschera. O la va o la spacca! Delusi o contenti per la sorpresa finale.

Noi, invece, con la pandemia di Covid-19 dobbiamo con una certa riluttanza subire le mascherine calate a metà. Che in un certo senso accendono la curiosità, ma anche la confusione, di chi osserva. Ma che già bastano a confonderci, non poco, sui lineamenti e l’aspetto di chi ci troviamo di fronte.

Nel nostro cervello, infatti, il centro che ci consente di riconoscere e di valutare i volti nei loro significati, è molto sofisticato ed efficiente. E in continua espansione, vista la nostra propensione alle interazioni sociali, sempre più frenetiche e intense. Utilissime, queste, a consolidare quella intelligenza emotiva necessaria a connettersi e a comprendere le istanze e le espressioni degli altri a volte impercettibili o di difficile, dubbia interpretazione. Soprattutto quando le emozioni da cogliere sono quelle di chi piange o sorride. E non è poco.

 

Rosario Sorrentino, neurologo, scrittore e divulgatore scientifico

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