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La scienza è trasparenza e cultura diffusa

La scienza è sperimentazione continua. È approfondimento, confronto, consenso scientifico, definizione di conoscenza, verifica e costruzione di nuove ipotesi. È porsi domande. È dialogare e accettare la sfida della complessità.

Il grande fisico Richard Feynman fu anche eccellente didatta e autore di un famoso metodo di studio. Il primo punto del suo metodo è ripetere ciò che si è imparato come se si stesse insegnando a un bambino. Per quanto sia complicato l’argomento, la prova di aver appreso ciò che si sta studiando è riuscire a spiegarlo usando concetti semplici che tutti possano capire.

Il trucco semplice e geniale di Feyman rivela il legame profondo che c’è tra la dimensione privata e sociale della conoscenza. Questo nesso è particolarmente delicato quando si tratta di scienza, in quanto il sapere e i linguaggi degli scienziati sono sempre più lontani dalle competenze del cittadino comune, e al contempo hanno un’influenza sempre più notevole sulla loro vita.

La necessità della scienza di spiegarsi ai cittadini, nello spirito di Feynman, emerge ora più di quanto sia mai successo. Il dibattito scientifico oggi si svolge in pubblico, in televisione e nei social network. Lo spazio in cui stiamo vivendo questo periodo storico è infatti quell’«ambiente globale, costituito in ultima istanza da informazioni», altamente interconnesso – descritto e analizzato da Luciano Floridi come “infosfera” – il quale non consente più comunicazioni a una via o dibattiti privati ed esclusivi in ambiti chiusi (laboratori, accademie, circoli). Poi la pandemia è diventata un estremo testbed della collaborazione tra scienziati e cittadini, per la concretezza, la novità, la gravità e l’universalità della situazione in cui la scienza è stata messa alla prova nella sua capacità di fornire soluzioni alla società, e di essere riconosciuta per quello che è.

In questo contesto lo scambio tra scienza e società ha evidentemente sofferto della contraddizione tra la “razionalità dialettica” con cui la scienza progredisce (L. Geymonat), e lo stampo irrazionalistico degli scenari di confronto: media di massa che mettono in primo piano le dichiarazioni più sensazionali, e piattaforme social progettate per far circolare reazioni irriflesse, semplificazioni, bias di conferma, clausure epistemiche.

Un secondo conflitto, in parallelo, è nato tra le aspettative messianiche proprie di una visione non realistica della scienza, e i limiti effettivi del suo sapere (del sapere umano, in generale) rivelati dal SARS-CoV-2 e dalla luce cruda dell’urgenza. La somma dei due fattori, nel pathos unanime e nella furibonda domanda di informazione, di presenza, di conforto, a volte ha indotto gli scienziati nella tentazione di diventare protagonisti, oppure di arroccarsi: due atteggiamenti che hanno regolarmente peggiorato le cose.

Ma l’efficacia della scienza, di cui in questo momento abbiamo più che mai bisogno, è un’efficacia sociale. E l’unica strada per raggiungerla è appunto spiegarsi ai cittadini. Con la semplicità consigliata da Feynman, spiegare i successi, le sconfitte, le ragioni, prima che la politica le traduca nei propri termini. E spiegare che cosa è la scienza, che cos’è il metodo scientifico, che cosa vuol dire fare scienza, quali sono i suoi limiti, quali le sue condizioni, qual è la passione e la curiosità che muovono i ricercatori nella loro vita quotidiana, con le speranze e le difficoltà simili a quelli di tutti, al di qua delle idealizzazioni e delle mistificazioni. Spiegare che la scienza è continua sperimentazione, approfondimento, confronto, verifica, costruzione di ipotesi nuove e migliori, porsi domande senza fine. Spiegare che la scienza non parla una sola lingua, che tesse insieme i diversi saperi e le diverse scoperte in una visione plurima e articolata del mondo, che non ha niente a che fare con Verità assolute, con certezze e con dogmi.

Spiegare vuol dire anche aprire. L’iperconduttività dell’infosfera offre la felice opportunità di una condivisione inaudita dei dati, che sono gli strumenti di indagine della scienza. I dati devono essere raccolti quanto più possibile, ed essere effettivamente aperti affinché non ci siano impedimenti a riprodurre le sperimentazioni e verificare le ipotesi. Ciò permette il consolidarsi di una comunità di ricerca senza confini, una vera intelligenza collettiva planetaria, che è una condizione essenziale per il buon funzionamento del metodo scientifico. E’ importante aprire i dati su cui si basano gli studi, affinché altri scienziati possano riprodurre le sperimentazioni e verificare le ipotesi di ricerca. Ed è ancora più importante aiutare il grande pubblico, i cittadini tutti, a comprendere la ricerca scientifica e il percorso che porta alla conoscenza. Come sottolineato dal direttore di Science, H. Holden Thorp, in un recente editoriale: “il dibattito aperto può favorire la comunicazione tra scienziati e tra la comunità scientifica e il pubblico… spinge gli scienziati a concordare più rapidamente le migliori soluzioni ai nostri problemi – e allo stesso tempo aiuta il pubblico a “vedere” più chiaramente il processo del discorso scientifico – allora questo è un bene per tutti, scienziati compresi”.

Sono tre le direttrici su cui è importante lavorare: saper comunicare la scienza, anche abitando i nuovi luoghi digitali; aiutare la diffusione della cultura e del metodo scientifico tra i cittadini e le nuove generazioni; garantire trasparenza per costruire un rapporto di fiducia tra scienza e comunità, tra istituzioni e cittadini.

Su questi tre obiettivi, “La salute in Movimento” dà a tutti appuntamento in una grande piazza digitale, l’Agorà “Salute è cultura”, il 30 giugno on line e il 1° luglio presso il Museo MAXXI di Roma, per costruire insieme la salute del XXI secolo.

 

 

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