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2022, la tempesta perfetta è in arrivo?

Il 2021 è stato l‘anno del miracolo italiano: un Pil a 6,5%, numeri che non si vedevano da decenni. Esistono alcuni scenari che, se dovessero svilupparsi pienamente, potrebbero rendere il 2022 molto sfidante per cittadini e aziende. Senza ambizione di generare panico, ricordando che #andràtuttobene, diamo una sbirciata ai temi caldi.

Le Pmi italiane: invecchiamento e psicologia direzionale

Prima di trattare aspetti finanziari nazionali e internazionali serve una veloce panoramica sul mondo imprenditoriale italiano, la sua psicologia e relativa governance.

Il tessuto economico italiano è composto in larga parte da piccole e medie imprese (85% circa, secondo Intesa Sanpaolo). La governance di queste realtà è spesso totalmente familiare.

Per correttezza, quando parliamo di Pmi, dobbiamo fare un distinguo tra piccole e medie imprese. Queste ultime vedono un lento incremento di manager esterni (fissi o fractional), un passo avanti, specialmente se una media impresa valuta un percorso di quotazione in borsa (Aim).

Pur con la crescita di figure esterne, coloro che decidono sono quasi sempre i membri della famiglia il che rappresenta un problema, se consideriamo alcune delle sfide che questo tipo di realtà affrontano.

Le imprese familiari sono spesso scosse da eventi personali: passaggi generazionali, faide tra fratelli/sorelle, forte emotività e attaccamento alla proprietà etc.. L’età media del leader aziendale nelle realtà italiana si assesta tra i 60 e i 65 anni (dati Intesa) e circa il 20% degli imprenditori hanno una bassa scolarizzazione (specialmente coloro che sono più anziani). In scenari di necessaria digitalizzazione (in questo caso grazie anche agli stimoli finanziari del Pnrr), si rischia che i denari spesi dalle imprese non vengano investiti correttamente: un classico caso è la Pmi che compra macchinari “industria 4.0 compliance” salvo poi non avere il personale adatto. Uno scenario dove le scelte decisionali dell’imprenditore anziano possono vedere un confronto con i figli.

Agli aspetti psicologici familiari dobbiamo aggiungere quelli di focus operativo e gestione finanziaria.

Una Pmi (soprattutto la piccola impresa) viene spesso gestita con un focus sul fatturato. Il ruolo del direttore finanziario è spesso svolto da un membro della famiglia (a volte laureato) o dal commercialista “di fiducia”. La figura del dipartimento finanziario (Cfo, direttore finanziario, commercialista scegliete voi), in un Pmi, è spesso vissuto come “a traino” delle decisioni legate al fatturato. In alcuni casi il direttore finanziario, o chi ne fa le veci, con un’attitudine molto legata alla valutazione dei rischi, tende ad essere percepito come un intralcio, uno che “rema contro (specialmente nelle piccole imprese)”.

La gestione finanziaria nelle Pmi è anche legata ad un altro tema: Utp e Npl. Dopo due anni di stanca è plausibile che molti Utp siano tali solo di nome. Le stime per l’anno che arriva danno una crescita sensibile degli Npl, soprattutto nelle Pmi.

Fine moratoria 27 miliardi

Con le premesse sullo stato delle Pmi italiane si può affrontare il tema finanzario causato da Covid. Il decreto cura italia (articolo 56) ha portato una boccata di ossigeno alle imprese. In accordo con l’Unione Europea, la soluzione rientrava nel concetto di “temporary framework”. Il decreto ha sospeso l’obbligo delle aziende di pagare le rate dei finanziamenti dovuti alle banche, frutto di pregresso indebitamento. La fine di questa copertura espone le Pmi italiane ad un rischio finanziario violento. Le cifre in ballo sono importanti. Secondo Unimpresa si parla di un evento sistemico e un potenziale crac di 27 miliardi. Poco meno di 700.000 imprese sono a rischio insolvenza. Dal 2020 il pagamento delle rate di prestiti bancari sospesi corrisponde a un totale di 27,1 miliardi. “Le norme sui prestiti bancari, tra moratorie e garanzie pubbliche, valgono 247, 6 miliardi di euro. L’aggravarsi della pandemia potrebbe tornare ad acuire la crisi economica e, conseguentemente, creare problemi alle aziende sul fronte dei rimborsi dei prestiti erogati dagli istituti di credito.” Si legge sul comunicato di Unimpresa.

In un momento in cui il paese era fermo questa soluzione ha permesso a molte aziende di sopravvivere. Il decreto è scaduto a fine anno e non è stato rinnovato. Il concetto di “temporary” europeo è, per definizione, un evento definito con precisione nel tempo. Stante il rischio di una sanzione da parte dell’UE quel “tempo” è finito.

Parlando di Pmi, più specificamente di piccole-micro aziende, la stessa preoccupazione è condivisa anche da Unione artigiani e Cna. Quanto questo evento inciderà sulle aziende dipende da come, in questi due anni sfidanti, le Pmi avranno potuto strutturare piani di rientro e risparmiare per sostenerli. Non è dato di capire se il governo stia valutando delle soluzioni per alleggerire questo fenomeno. È tuttavia da ricordare che nel 2023 si terranno le elezioni. Pur se il fenomeno non dovrebbe essere legato a un tema aziendale e finanziario è plausibile uno scenario positivo di mitigazione. In caccia di voti non è da escludere che la classe politica possa promuovere qualche progetto, in seno al governo, per raccogliere consensi in previsione delle elezioni.

Giugno: garanzie pubbliche

Se le cifre poco sopra menzionate preoccupano, stante i dati di Unimpresa, giugno potrebbe essere ancora più caldo. A giugno scade la norma sulle garanzie pubbliche per i nuovi finanziamenti. A oggi sono stati erogati prestiti garantiti a 2,5 milioni di soggetti per un importo complessivo di 220,5 miliardi. Le piccole imprese e partite Iva hanno ricevuto una quantità più piccola: 22,9 miliardi, erogati a 1,1 milioni di soggetti. Si tratta di operazioni fino a 30.000 euro. Le medie e grandi imprese hanno ricevuto 197,5 miliardi, per crediti d’importo superiore ai 30.000 euro. I soggetti interessati sono stati erogati a 1,4 milioni di soggetti. Anche per queste realtà da giugno tutto andrà a cambiare.

Materie prime, inflazione e geopolitica

Tutte la materie prime stanno vivendo un aumento sensibile dei prezzi.

La variabile energetica è quella che maggiormente colpisce tutte le altre filiere. Per una nazione come l’Italia, che vive di processazione, il costo delle materie prime è alla base di forti tensioni in tutta la filiera. A questa preesistente crisi e inflazione si aggiungono le variabili geopolitiche. Quando nell’aprile del 2021 l’attuale presidente ucraino ha decretato “la reintegrazione del territorio della Repubblica autonoma della Crimea e la città di Sevastopoli con misure diplomatiche, militari, economiche informative e umanitarie e altre (decreto del presidente dell’Ucraina n°117/2021)” ha allertato Mosca. Putin e i suoi strateghi, memori del caso georgiano, hanno da allora dispiegato truppe sul confine per addestramento. Lo scenario di crisi tra America e Russia, sul caso Ucraino, rischia di innescare un circolo vizioso ed aumentare, ulteriormente, i costi del gas, vitale per l’industria europea. Se il fenomeno può sembrare aulico al lettore consideriamo un settore industriale traino in Emilia Romagna: ceramica e piastrelle. Il settore, come spiegano i media locali vede una forte domanda, specialmente dall’estero, ma la variabile energetica rappresenta un costo che sta spingendo diverse aziende e filiere a valutare quanto convenga operare o sospendere le attività produttive in attesa di prezzi più sostenibili.

Pnrr e politica nazionale

Con la riconferma del presidente uscente Mattarella il 2022 non dovrebbe vedere elezioni politiche nazionali, tuttavia nel 2023 si andrà alle urne. I mesi che precedono l’anno delle elezioni vedono spesso, soprattutto in Italia, scontri politici rilevanti, dove ogni situazione viene utilizzata dai leader di partito per guadagnare visibilità presso gli elettori.

Tuttavia quest’’anno esiste un rischio aggiuntivo. Le risorse economiche europee saranno erogate in anni. Ogni anno prevede il raggiungimento di obbiettivi molto chiari. Il loro raggiungimento di quanto concordato con la Ue sblocca i successivi finanziamenti. In uno scenario di caos pre-elettorale c’è da temere che i singoli partiti inneschino scontri su ogni fronte. All’interno di questi scontri il demonizzare, o elogiare la funzione dell’Unione europea, e le sue risorse, è plausibile. Senza entrare nel merito delle scelte politiche degli elettori, è possibile pensare che, se il 2023 vedesse una vittoria di una destra antieuropeista, la Ue potrebbe divenire più fredda nell’erogazione dei fondi?

Il tema non è poca cosa, soprattutto considerando che già negli ultimi mesi la UE, pur complimentandosi con l’Italia per il progetti del Pnrr, si è premurata di ricordarci l’importanza del vincolo di bilancio al 3%. Un tema inviso da molti membri dell’Ue, ma soprattutto dall’Italia e dai partiti di destra. Nulla esclude che in uno scenario di vittoria di una destra anti europeista, la Ue possa attivarsi per reintrodurre con maggior celerità il vincolo di bilancio, considerando il debito pubblico italiano post Covid, un vincolo che strozzerebbe ogni crescita economica.

Ovviamente non esiste nessuna certezza che il 2022 sarà negativo. Gli economisti stimano una crescita di Pil sostenuto, pur se decrescente rispetto al 2021. Per fugare ogni timore di quanto sopra descritto è importante ricordarsi quello che veniva scandito in tutte le piazze e le sedi digitali: #andratuttobene.

@enricoverga

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