Covid, quanto dura la protezione del vaccino

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Mentre la pandemia Covid rallenta, si moltiplicano le buone notizie sul fronte vaccini. Dopo lo studio condotto tra Genova e la California, che ha messo in luce la ‘memoria’ delle cellule T, una nuova ricerca da Torino conferma che la protezione conferita dai vaccini anti-Covid dura piuttosto a lungo. Ben più, in effetti, di quanto emerso da precedenti lavori.

Il lavoro è stato condotto – in due fasi – su 10 mila dipendenti di Città della Salute (Css) e Università di Torino. La seconda fase ha evidenziato come la positività al test sierologico sia presente nella quasi totalità dei soggetti vaccinati (99,8%). Ma, soprattutto, come la persistenza di una risposta cellulare complessiva sia superiore al 70% a 8 mesi di distanza dalla vaccinazione. Insomma, il virus ha circolato ampiamente in questa fascia di popolazione e l’effetto ‘scudo’ del vaccino non svanisce dopo 4-5 mesi.

Ma vediamo i risultati della prima fase, pubblicati sulla rivista ‘Viruses’. Questo lavoro ci dice che, durante la prima ondata pandemica, tra i dipendenti Css la prevalenza di positivi al test è risultata pari al 7,6%; tra quelli di UniTo pari al 3,3%. Un valore simile, spiegano i ricercatori, a quello stimato nella popolazione generale del Piemonte nell’indagine condotta dall’Istat a maggio 2020.

La seconda fase dello studio, condotta a maggio 2021, ha evidenziato invece che la positività al test sierologico (ovvero la presenza di livelli di anticorpi circolanti superiori a 33.8 BAU/mL) era presente nella quasi totalità dei soggetti vaccinati (99,8%). In questa fase sono stati effettuati due specifici approfondimenti di indagine, su un campione di 419 dipendenti Css, selezionati casualmente tra i partecipanti alla seconda fase dello studio. I primi risultati osservati suggeriscono la persistenza di una risposta cellulare complessiva superiore al 70% ad 8 mesi dalla vaccinazione.

Inoltre si è cercato di capire se la diversa risposta individuale al vaccino potesse essere messa  in relazione alla variabilità genetica individuale. Ogni persona presenta, infatti, una variabilità in circa l’1% delle lettere del Dna, che lo rendono unico. I ricercatori si sono concentrati su un gruppo di geni – Hla, Human Leucocyte Antigens – che consentono di costruire alcune molecole espresse sulle nostre cellule, comprese quelle del nostro sistema immunitario. Queste ultime hanno il compito di proteggerci dagli intrusi, attivando la risposta degli anticorpi contro i bersagli estranei (ad esempio virus, batteri e vaccini).

L’approfondimento ha mostrato come alcune varianti siano più frequenti in coloro che hanno dimostrato una più bassa produzione di anticorpi rispetto a chi ha sviluppato  una risposta anticorpale più consistente.

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