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Covid, stress da pandemia per gli italiani

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Mascherina ‘leva e metti’, divieti che vanno e vengono, vaccinazioni da fare e sintomi da controllare. Ma anche scuola in presenza a singhiozzo, telefonate di parenti o amici positivi e problemi in casa e sul lavoro. Anche senza considerare il conflitto in Ucraina, non stupisce l’esplosione dello stress nella popolazione italiana, con otto cittadini su dieci che dichiarano di aver sofferto di almeno un disturbo riconducibile proprio allo stress nell’ultimo anno.

Un dato che evidenzia il legame tra la pandemia, le restrizioni imposte dal contenimento del contagio e l’aumento di stress e di disturbi correlati. Tra quelli più comuni e in aumento, mal di testa (48,0%), ansia, nervosismo, irritabilità (42,8%), tensioni muscolari (39,6%) e disturbi del sonno (32,2%), che indicono soprattutto sulla salute delle donne.

Ma lo stress ha colpito anche i giovanissimi. Ne è convinto il 58,3% degli italiani secondo cui sono i ragazzi la fascia di popolazione più duramente colpita dalle conseguenze, anche a livello psicologico, della pandemia. Per sette italiani su dieci, inoltre, anche i bambini più piccoli, seppur con livelli minori, hanno vissuto momenti di stress e ansia.

La ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, mostra dunque un quadro non proprio roseo. Nel quale anche i piccoli conflitti in famiglia rischiano di deflagrare. “Lo stress – sottolinea Piero Barbanti, docente di Neurologia presso l’Università Irccs San Raffaele di Roma – è una reazione fisiologica che l’organismo attiva a propria difesa di fronte a ostacoli, pericoli o situazioni che ne modificano l’assetto. Se avviene in maniera legittima e controllata, consente di affrontare e superare i problemi creando una nuova situazione di equilibrio.”

“Nella vita quotidiana, però,” precisa Barbanti, “il termine stress ha una connotazione diversa e si riferisce a una condizione psicofisica sgradevole e logorante per la quale l’organismo è sempre in condizioni di allerta e fatica “a staccare l’interruttore”. Ma secondo l’esperto il tipo di stress è cambiato in questi due anni. “La situazione emergenziale scoppiata improvvisamente ci ha fatto percepire il pericolo ed è stato proprio questo sentore di allarme a permetterci di sostenere due mesi di chiusura forzata e di riuscire a creare un nuovo equilibrio funzionale e utile senza rendercene conto,” quasi “senza lamentarci”.

Quando poi, nelle successive fasi della pandemia, l’entità del pericolo è scesa e lo spavento è diminuito “è venuto alla luce uno stress negativo da Covid-19, poiché è comparsa la valutazione soggettiva del possibile protrarsi a lungo termine delle limitazioni e dei rischi, che ha fatto emergere una ruminazione psicologica, un sentimento di sfiducia e allarme cronico”.

Si tratta di un allarme che ha visto come principale fonte di stress dapprima (durante la seconda ondata, nel novembre 2020) la salute, e poi il lavoro per gli adulti (soprattutto per gli uomini di mezza età) e lo studio per i più giovani (34,3% vs 24,7% nel 2020). La salute si conferma, comunque, seppur in minor percentuale (14,8% nel 2022 vs 32,3% nel novembre 2020), una delle fonti di stress, al pari della socialità e delle relazioni (12,6% vs 14,6%).

“Durante il lockdown”, dice Barbanti, “è aumentato il burnout, ovvero l’esaurimento psicofisico del soggetto legato al lavoro, perché, alle normali situazioni che lo determinano, si sono aggiunte modalità lavorative stressanti come il lavoro agile, il telelavoro e la mancanza delle relazioni umane tangibili, compresi quei momenti di pausa che accompagnano la normalità di una giornata di lavoro, come il caffè al bar con i colleghi. Questo ha provocato l’aumento di sintomi come insonnia, ansia, depressione negli adulti che, in alcuni casi, per contrastare tali disturbi, si sono rifugiati nell’abuso di alcol e caffè”.

E i ragazzi? “Seppur i ragazzi manifestino lo stress in occasioni e modalità differenti rispetto agli adulti, le loro reazioni includono irritabilità, impulsività, irrequietezza, nervosismo, disturbi del sonno e dell’alimentazione”, dice Barbanti, che sottolinea che “la mancanza di socialità durante la pandemia (Dad, abolizione delle pratiche sportive di gruppo per i non agonisti) ha influito profondamente sullo sviluppo della personalità dei più piccoli e di conseguenza sull’incidenza di disturbi legati allo stress”.

Lo dimostra anche l’indagine, che evidenzia come la fonte di stress più rilevante sia la mancanza di socialità: in ambito scolastico per il 50% del campione e in quello extra-scolastico per il 47,1%. “L’elemento drammatico per i ragazzi – interviene ancora Barbanti – è stato rinunciare alla scuola e alla vita comunitaria. La scuola è, infatti, sorgente di emozionalità condivisa e rappresenta un luogo dove imparare a sviluppare i propri sentimenti, a conoscere gli altri e ad affrontare il mondo esterno, condividendo la conoscenza e le emozioni con gli altri”.

Ma cosa fare? Ricorrere al consiglio al medico (soprattutto tra gli over 65) e ai farmaci di automedicazione (tipico nelle fasce centrali della popolazione) sono i due comportamenti più diffusi tra gli intervistati, in linea con il trend rilevato nella seconda ondata della pandemia (rispettivamente il 36,8% e il 33,5%). Seguono il consiglio del farmacista (16,3%), il ricorso al web (13,7%) e il consiglio di amici e parenti (8,7%), comportamenti sempre meno diffusi con l’aumentare dell’età.

In crescita, rispetto al 2020, la percentuale di coloro che non chiedono consiglio a nessuno e non fanno nulla per alleviare i sintomi, che aumenta dall’11,6% al 21,1%, a evidenziare che, passata la fase più difficile della pandemia, anche la determinazione e l’attenzione con cui si curano i disturbi da stress ha perso di intensità.​

Ecco dunque 5 suggerimenti di Barbanti per alleviare il problema:
– Saper riconoscere i sintomi e ammettere di essere stressati;
– Rispettare i bioritmi evitando il cosiddetto social jet-lag, caratterizzato dallo sfalsamento del ritmo sonno-veglia e di quello alimentare rispetto alle esigenze fisiologiche;
– Dormire almeno 9 ore a notte per favorire i processi cerebrali;
– Adottare una dieta mediterranea a basso indice glicemico e regolamentare l’utilizzo di sostanze psico-attive socialmente accettabili, quali alcol e caffè;
– Creare pause, rallentando il nostro ritmo, per lasciare spazio a creatività e a immaginazione.

“Lo stress si può curare anzitutto conoscendolo, poi facendo un atto di buona volontà e modificando, di conseguenza, lo stile di vita, e approcciando l’automedicazione. I sintomi neuropsichici dello stress possono beneficiare dell’utilizzo di melatonina, valeriana, magnesio e altri farmaci da banco, così può essere utile il ricorso agli analgesici di automedicazione per la cefalea di tipo tensivo. I farmaci ad azione antiacida possono servire poi per contrastare i sintomi legati ai disturbi gastrointestinali di tipo funzionale, così come i farmaci ad azione antidiarroica o i probiotici possono rivelarsi preziosi alleati per combattere la diarrea su base emotiva. Gli antinfiammatori possono essere utili anche a contrastare la sensazione di tensione muscolare, uno dei disturbi prevalenti per chi soffre di stress. Da non dimenticare – conclude Barbanti – l’utilità di polivitaminici e poliminerali per l’apporto, ad esempio, del complesso vitaminico B, della vitamina D e del magnesio, essenziali per lo svolgimento fisiologico dell’attività nervosa”.

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