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Covid e ‘variante’ Xe, cosa sappiamo

variante Xe Covid
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Nel ‘valzer delle varianti Covid’ spunta una novità: la Xe. Nei giorni scorsi l’Agenzia britannica della Sanità ha annunciato il monitoraggio di una nuova mutazione del virus, riscontrata finora in 600 persone. La nuova variante, ‘battezzata’ Xe, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità potrebbe avere una contagiosità del 10% maggiore rispetto a Omicron 2. Ma di che cosa si tratta? Fortune Italia lo ha chiesto a Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, che studia le varianti del Coronavirus dai primi mesi della pandemia.

“Se ne sa poco. Si tratta di una ricombinazione e non di una vera e propria variante: qui parliamo di una ricombinazione all’interno di uno stesso individuo, infettato con Omicron 1 e Omicron 2″, precisa Ciccozzi. “Questo può accadere non solo nel virus di Covid-19, ma in tutti i virus a Rna. Probabilmente la coinfezione delle due sottovarianti di Omicron ha dato vita a questa ricombinazione”.

Ma come si ‘mixano’ le due varianti? “L’enzima che serve per replicare il virus, poiché gli Rna sono molto simili – perché tra Omicron 1 e Omicron 2 ci sono solo 8 mutazioni di differenza – prende una parte di uno e una parte dell’altro. Insomma fa una copia dell’Rna dove è inserita una parte di Omicron 1 e una parte di Omicron 2. Così viene fuori questo ricombinante”.

Ma qual è l’effetto? “Non ci dovrebbe essere una differenza in termini di contagiosità – risponde Ciccozzi – Si parla del 10% in più, ma onestamente come sia stato calcolato questo dato non è chiaro. In realtà si sta ancora studiando, lo stiamo facendo anche noi. E quello che pensiamo è che cambi poco. Per essere chiari, la famiglia Omicron ha già la contagiosità del morbillo“. Che è altissima. Difficile superare questo livello.

Per il momento, almeno finché non verranno verificate significative differenze a causa della mutazione, la variante verrà considerata appartenente al ceppo Omicron. “La famiglia Omicron ha la variante 1, la 2 e la 3. Ebbene, all’interno di questa famiglia le ricombinazioni non rendono il virus più letale, e questa mi sembra una buona notizia”, dice ancora l’esperto.

Quanto all’andamento della pandemia in Italia, che ha registrato un rallentamento – ieri sono stati 53.588 i nuovi positivi a Covid, con 118 morti – Ciccozzi ribadisce l’approccio cauto e l’utilità della mascherina al chiuso. “Abbiamo numeri relativi ai contagi ancora alti, più di 100 morti al giorno, e dobbiamo tenerne conto. Non guardiamo solo l’altalena dei casi, ma anche il dato dei decessi: i morti sono troppi. Ecco perché la mascherina al chiuso va tenuta, e devo dire anche all’aperto quando ci sono assembramenti. Detesto la mascherina, sarò il primo ad archiviarla quando sarà possibile – conclude l’epidemiologo – ma non è ancora questo il momento. Il vaccino ci ha protetti dai sintomi della malattia, un po’ il virus si è evoluto mitigando i sintomi, ma non la contagiosità. Ecco perché la protezione meccanica della mascherina serve ancora, per avere un’estate tranquilla”.

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