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La guerra ucraina ha forse una data di scadenza

Enrico Verga

Enrico Verga

Nelle ultime settimane hanno avuto luogo differenti eventi che, se messi in ordine, suggeriscono la possibilità che la guerra in Ucraina sia prossima a un epilogo. Partiamo dagli eventi “esogeni” al territorio ucraino sino ad arrivare a quelli “endogeni”, che hanno luogo nel territorio della ex repubblica sovietica.

Hunter Biden, il figliol prodigo

Il figlio del presidente americano è peculiare: grazie ai dati recuperati dal suo portatile, emerge il profilo di un professionista molto attivo su differenti dossier stranieri. In apparenza Hunter Biden non ha nulla a che fare con le sorti della crisi ucraina, tuttavia concediamoci due parole per capire.

Sono numerose le sue azioni che hanno lasciato perplessi alleati e oppositori di papà Biden. Il caso Burisma in Ucraina, quando “sleepy Joe” era vice presidente nel 2014 con Obama, è già stato analizzato e discusso dai media.

Tuttavia emergono ulteriori investigazioni, originate dai documenti sul suo laptop, che rischiano di gettare cattiva luce sul padre Biden.

Hunter Biden avrebbe fatto il lobbista per entità o aziende straniere, facendo leva sui contatti familari. E questo è accaduto sia di recente, sia quando Joe Biden era vice presidente con Obama.

Uno degli eventi più recenti è la vendita di petrolio americano della riserva nazionale (diciamo una sorta di scorta d’emergenza) a una società posseduta da un gruppo cinese. Considerando che gli Usa sono commercialmente aggressivi con i cinesi, questo evento di per sè lascia perplessi. Tuttavia lascia ancora più perplessi che il gruppo cinese sia in affari con Hunter Biden.

Joe Biden è prossimo alle elezioni di mid-term. Il presidente ha un livello di approvazione, secondo gli exit poll, molto basso; con questi potenziali scandali, rischia di giocarsi le elezioni. Se Biden perdesse le mid-term (scenario molto plausibile) si ritroverebbe in una condizione di forte debolezza: i due principali alfieri della politica americana in Ucraina, Blinken e Nuland, diventerebbero anatre zoppe e difficilmente potrebbero supportare ulteriormente l’Ucraina.

Le armi Usa arrivano, lentamente

Gli Usa sono il principale fornitore di armi all’Ucraina, per un valore totale di 7,6$ miliardi alla data del 5 luglio 2022. A questa cifra si aggiungono gli ultimi pacchetti approvati da Biden, che portano il contributo militare Usa a superare gli 8$ miliardi. Tra gli ultimi armamenti americani ci sono soluzioni avanzate: droni kamikaze switchblade,  missili anti-carro javelin della Raytheon (azienda cliente di Larry Rasky, grande sostenitore politico di Biden) e lanciatori Himars.

Al momento gli Himars sono 12, ma gli Usa hanno annunciato che ne invieranno altri.

Tuttavia le forniture di armi Usa, stante le dichiarazioni di Zelensky e moglie, sono insufficienti e arrivano troppo lentamente. Da mesi Zelensky continua a richiedere armamenti, ora ci si è messa anche la moglie.

Olena Volodymyrivna, sino a oggi, si era principalmente occupata degli interessi finanziari del marito, intestandosi i conti in paradisi fiscali, ottimi per eludere il fisco. Ora anche lei ha cominciato a chiedere agli Usa e alla Nato più armi. Tuttavia, sulla fornitura di armi all’Ucraina, crescono le perplessità sia degli esperti che dei media. Lo stesso New York Times si domanda se le armi, pur avanzate, come i lancia missili Himars siano adatte, e in quantità sufficienti, per invertire le sorti della crisi ucraina.

Grano ucraino e (fine) sanzioni alle banche russe

Negli ultimi giorni si è parlato dell’accordo per l’esportazione del grano ucraino. Un grande successo che si deve a un semplice “scambio”: la Russia ha ricevuto la promessa di un alleggerimento delle sanzioni alle sue banche.

Detto in parole povere funziona in questo modo: “tu occidente fai esportare a me Russia tutte le commodity alimentari e i concimi che voglio, tipo 10 volte la totale esportazione dell’Ucraina. Io in cambio evito di silurare i cargo di grano che l’Ucraina venderà all’estero.”

Di fatto le banche russe potranno accettare pagamenti da clienti occidentali per beni alimentari di prima necessità (leggi cereali) e fertilizzanti. Una manna dal cielo per gli agricoltori europei soffocati dai costi dei fertilizzanti e per le tante aziende occidentali, che dipendono dalla produzione agricola economica russa. Il vero successo di questo accordo sul grano ucraino è, in vero, tutto russo.

Questo accordo, per i russi, non è solo vantaggioso dal punto di vista economico. Questo “caso storico” potrebbe essere usato come matrice per futuri accordi stile “do ut des”: agli ucraini viene permesso di esportare solo se anche i russi possono fare lo stesso.

Pensiamo, per esempio, a quanto potrebbe essere valido un accordo del genere per i metalli industriali di cui l’occidente ha assoluto bisogno.

Potenzialmente un vantaggio per Ue e Russia ma uno svantaggio per Zelensky, che continua a invocare sanzioni commerciali più dure contro la finanza russa. Questo accordo è sintomatico, inoltre, della grande dipendenza che la Ue ha nei confronti delle materie prime russe.

Il gas e le democrazie

Il gas serve a tutti, soprattutto alle economie manifatturiere italiana e tedesca. Il primo problema è la disponibilità di gas.

L’intera Unione Europea, per voce della sua leader tedesca, va fiera di poter affermare che la dipendenza dal gas russo è in costante decrescita. L’unica apparente eccezione è l’Ungheria. Orban sta aumentando l’acquisto di gas russo denunciando che l’economia nazionale non può permettersi di restare priva di gas.

Il secondo problema (al momento trascurato) è che i nostri nuovi fornitori, esclusi gli Usa, sono tutti paesi con una secolare tradizione democratica (non come la Russia). Un aspetto che, prima o poi, dovrà essere discusso.

Il terzo e non ultimo problema sono i costi a cui pagheremo il gas.

Questi nuovi fornitori non ci scontano il gas. Gli Usa stessi sono ben felici di venderci il loro costoso gas di faglia ma, anche in questo caso, non lo regalano.

Da un lato il costo del gas influisce su tutti i settori produttivi. Giusto per fare un esempio il colosso chimico BASF ha dichiarato che ridurrà la sua produzione di ammoniaca (elemento base per i fertilizzanti) a causa della carenza di gas.

Lato utenti finali, leggasi cittadini che votano e protestano, la carenza di gas o il suo prezzo in continua crescita, si traduce in costi aggiuntivi in bolletta e ulteriore rincaro di tutti i beni e servizi.

I prezzi dei beni primari e l’inflazione stanno colpendo differenti nazioni nel mondo. In Ue, al momento, solo l’Irlanda è interessata da proteste. Le criticità generate dal costo del gas, o la carenza, potrebbero portare a cambiamenti politici nazionali.

Il caso Macron sembra confermare questa ipotesi elettorale. In un momento di forte crisi i cittadini francesi hanno dimostrato maggior interesse per posizioni nazionaliste, che privilegiavano (almeno a dichiarazioni) gli interessi della nazione. Macron, diversamente, tra l’amore per una politica globalista e i suoi impegni a sostenere la democrazia Ucraina, non è parso convincente ai francesi.

I costi del gas, l’inflazione e la crisi innescata dalla guerra commerciale alla Russia, possono spingere tutte le economie in una spirale di scarsa crescita, come confermato di recente dal Fondo Monetario Internazionale.

In uno scenario di scarsa crescita, inflazione galoppante e razionamenti, è plausibile che i partiti nazionalisti, e meno globalisti, possano vincere. Questo almeno sembra lo scenario per Italia e Usa (mid-term). Una vittoria di partiti nazionalisti, in differenti stati europei, potrebbe seriamente cambiare le posizioni nei confronti dell’Ucraina.

La finanza internazionale fa i conti

Di recente il governo ucraino ha dichiarato che le banche internazionali sono criminali perché fanno affari con la Russia.

È tuttavia un’altra la notizia: la finanza internazionale non crede nella solvibilità dell’Ucraina post guerra. Il progetto di ricostruzione, redatto dagli ucraini, stima una cifra di 750 miliardi di dollari. Tuttavia cosa verrà ricostruito? Stante lo scenario attuale, la Russia manterrà le sue posizioni sulle zone di maggior rilievo manifatturiero. In pratica all’Ucraina resteranno i terreni agricoli e i porti.

La finanza privata si muoverà solo in presenza di fondi pubblici. Banca Mondiale e Fmi potranno inviare soldi, ma difficilmente nelle somme richieste. A questo si aggiunga che, data l’endemica corruzione del sistema ucraino, e la relativa facilità di eludere le tasse (vedasi Zelensky e moglie), l’Ucraina post guerra rischia di essere un cattivo investimento. Se post guerra Zelensky non riuscisse ad assicurarsi i soldi richiesti la sua temporanea popolarità (pre-guerra, come conferma il New York Times, era assai scarsa) potrebbe crollare in vista delle prossime elezioni.

I russi si stanno adattando

Ora veniamo ai temi che hanno luogo sul suolo Ucraino. I russi si stanno adattando velocemente anche alle risorse fornite dall’occidente. Stanno divenendo sempre più proattivi nei confronti degli armamenti pesanti americani. I Russi hanno dichiarato di aver già eliminato quattro unità Himars, oltre 100 missili Himars e personale di addestramento (descritto dai russi come mercenari stranieri). Egualmente gli attacchi al magazzino di armi (occidentali) al porto di Odessa confermano la volontà dei russi di danneggiare siti di stoccaggio di armi e munizionamento occidentale.

Una strategia che potrebbe azzoppare lo sforzo militare occidentale.

La notizia più rilevante è che stanno dispiegando sistemi anti drone e nuovi droni. Il Lastochka-M può essere equipaggiato con varie munizioni tra cui le High Explosive Fragmentation (HE-FRAG) e le High-Explosive anticarro (HEAT). Pesa 5,2 kg e può volare per 45 chilometri. La durata massima del volo è di due ore e può raggiungere una velocità massima di 120 km/h mentre attacca il bersaglio. Poi abbiamo il ZALA Lancet-3 (con testata da 3 kg, ma esiste anche il più piccolo Lancet-1). La variante aggiornata vista in azione in Ucraina sembra essere una versione aggiornata dotata di una sola grande ala cruciforme a X e di una serie di ali di coda più piccole.

Per le armi “anti drone” parliamo dei sistemi LPD-801 e “Stupor”. Da ultimi potrebbero presto essere schierarti i “Kupol” e “Pishchal-Pro” della Concern Avtomatika (facente capo alla Rostech).

Se consideriamo che molti mezzi pesanti russi sono stati danneggiati o distrutti da droni kamikaze (fatti in casa o importati come quelli turchi) si capisce che questa nuova soluzione russa rischia di vanificare il dispiegamento di altri droni, anche i nuovi Razorback americani.

Zelensky e la sua personale gestione del potere

La gestione del potere politico “alla Zelensky” diventa ogni giorno più simile a quello di un autocrate. Partiamo dalle purghe recenti. Come lo stesso Zelensky ha fatto notare sono molti i civili e militari purgati da apparati sensibili, come quello dei servizi segreti.

Che i servizi segreti ucraini siano mastodontici, come numero di dipendenti, non è un segreto: il personale in totale supera quello della Cia.

A questo aggiungiamo la corruzione endemica in tutto il paese, a partire dai ruoli pubblici. Il capitolo purghe è solo l’ultimo, in ordine di tempo, da quando l’ex commediante ha preso il potere. È bene ricordare che, in termini di libertà di opinione, Zelensky aveva già dato un giro di vite ai media che lo criticavano (prima della guerra) e ai partiti dell’opposizione (etichettati come “pro Russia”).

A questi aspetti si aggiunga la crescente scelta di Zelensky di accentrare tutti i poteri in poche mani, oltre le sue.

Non ultimo possiamo osservare come Zelensky poco apprezzi la competizione politica.

Tra gli “eroi” dell’Ucraina cominciano ad affermarsi altri profili che potrebbero essere futuri leader nelle prossime elezioni. Tra i più significativi c’è Valery Zaluzhny, capo delle forze armate ucraine. Il militare ha persino attivato una sua fondazione per raccogliere fondi. Zelensky, sempre più “uomo nuovo solo al comando”, ha subito assalito e rimproverato il militare, per cercare di evitare che possa divenire un candidato politico alle prossime elezioni.

Tutti questi elementi, e la loro evoluzione nelle prossime settimane, potrebbero portare la guerra ucraina a un epilogo. Sul suo esito, e relativi accordi, molto dipende dalle scelte degli alleati occidentali di Zelensky. Dopo tutto in una “guerra per procura”, chi guida la nazione in guerra di rado ha libertà di decisione.

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