Speranza di vita e istruzione, Sud penalizzato post-Covid

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Un Paese diviso in due, sia per quanto riguarda la speranza di vita, che le competenze dei giovanissimi in matematica. Non è un bel quadro quello che emerge dal report ‘Misure del Benessere equo e sostenibile dei territori’, stilato dall’Istat. Un report relativo al 2021 e che, dunque, tiene conto dell’impatto della pandemia. Nei momenti di crisi, sembra proprio che a pagare il prezzo maggiore siano i territori che già partono svantaggiati.

Il nostro è ‘storicamente’ un Paese longevo, con una popolazione che invecchia e un numero di centenari da far invidia al Giappone. Poi però c’è stata la pandemia da Covid-19. Che però non ha avuto lo stesso effetto in tutta Italia. Se la speranza di vita media nel 2021 è risultata di 82,4 anni, nel Meridione il dato è pari a circa 1,7 anni in meno rispetto alle regioni del Nord.

Sembra un po’ un paradosso, visto l’impatto della prima ondata di Covid-19 a livello territoriale. Ebbene, tra il 2020 e il 2021 la speranza di vita è cresciuta nelle regioni settentrionali (dopo il calo del primo periodo della pandemia) ma è diminuita al Sud, fissandosi rispettivamente a 82,9 e a 81,3 anni.

Dall’analisi dei dati, emerge una diversa capacità/velocità di ripresa dei territori della Penisola. “Per molti indicatori le ripercussioni della crisi sanitaria hanno prodotto una convergenza verso livelli più bassi di benessere rispetto al 2019, in altri casi ai minori livelli attuali si associano distanze territoriali accresciute”, commenta l’Istat.

Come è cambiata la speranza di vita

Vediamo i dati: nel 2021 la stima della speranza di vita alla nascita è di 80,1 per gli uomini e 84,7 anni per le donne. Dopo la netta flessione registrata nel 2020 (-1,1 anni di vita vissuti, da 83,2 del 2019 a 82,1 del 2020), quando la diffusione della pandemia aveva interrotto bruscamente la crescita osservata fino al 2019, il dato riferito al 2021 evidenzia un recupero pari, in media, a circa 4 mesi in più per gli uomini e circa 3 per le donne.

Il tutto con profonde differenze territoriali: si amplia la forbice tra Nord e Mezzogiorno, arrivando nel 2021 a 1 anno e 7 mesi di vita media in più nelle regioni del Settentrione. La speranza di vita alla nascita totale scende, infatti, nel Mezzogiorno a 81,3 anni nel 2021, con una riduzione di 6 mesi rispetto al 2020 che si aggiungono ai 7 mesi già persi nel 2020 rispetto al 2019, mentre si attesta a 82,9 al Nord, con un recupero di quasi un anno rispetto al 2020.

Insomma, la resilienza si declina in modo decisamente diverso lungo la penisola. I diversi andamenti in termini di speranza di vita nel 2020 e nel 2021 sono “certamente collegati all’impatto diversificato della pandemia da Covid-19 che si è diffusa con tempistiche differenti nelle varie zone del Paese, facendo registrare livelli più alti di mortalità al Nord specialmente durante la prima ondata di aprile 2020. Nel Mezzogiorno, dove la pandemia si è manifestata soprattutto nel corso dell’autunno 2020, gli effetti sulla mortalità sono molto evidenti anche nella prima parte del 2021″, sottolinea l’Istat.

Molte aree del Nord-ovest, particolarmente colpite dalla prima ondata, quando avevano perso nel 2020 molte posizioni in termini di ranking, recuperano notevolmente nel 2021. E’ il caso della provincia di Bergamo (ricordate le drammatiche immagini dei camion dell’esercito carichi di bare?), che recupera nel 2021 quasi completamente i circa 4 anni di speranza di vita alla nascita persi nel 2020, posizionandosi nel 2021 al 13esimo posto della graduatoria, mentre nel 2020 si trovava solo al 106esimo posto.

Allo stesso modo, la provincia di Cremona recupera nel 2021 circa 3 anni dei quasi 4 persi nel 2020, Piacenza e Lodi circa 2 anni e mezzo; queste ultime province si posizionano nel 2021 rispettivamente al 38esimo e al 47esimo posto, dal 102esimo e 104esimo del 2020.

Molte province del Mezzogiorno, che nel 2020 avevano in alcuni casi guadagnato mesi di vita, nel 2021 arretrano di molte posizioni, essendosi trovate maggiormente esposte alle conseguenze della pandemia. È il caso della provincia di Trapani che nel 2020 aveva guadagnato un mese di vita e che, invece, nel 2021 perde mezzo anno, stesso andamento per la provincia di Caltanissetta che aveva guadagnato 2 mesi nel 2020, scalando in un solo anno 16 posizioni nella graduatoria delle province, ma che arretra delle stesse posizioni nel 2021, con una perdita di 1,1 anni di speranza di vita totale.

In altri casi il peggioramento si amplifica nel 2021: la provincia di Campobasso ha perso circa 1 anno nel 2020 e un ulteriore anno e 4 mesi nel 2021, e quella di Enna (un anno perduto nel 2021 in aggiunta agli 11 mesi del 2020). Viterbo è l’unica a mantenere una situazione sostanzialmente invariata in tutto il periodo 2019-2021 (speranza di vita alla nascita pari a 82,1 anni), mentre le province di Roma e Padova, dopo aver perso circa mezzo anno di vita nel 2020 rispetto al 2019 mantengono la speranza di vita alla nascita stabile nel 2021 rispetto al 2020 (rispettivamente 83,6 e 82,9 anni).

Questione (di) matematica

Interessante anche la questione della matematica, che resta un rebus per moltissimi giovani italiani. Nell’anno scolastico 2021/2022 il 43,6% degli studenti che frequentano la terza media ha una competenza numerica inadeguata. Un dato in leggero miglioramento rispetto al 44,5% dell’anno scolastico precedente, ma in peggioramento nel confronto con il 2018/2019 (39,6%).

matematica

Un altro effetto di Covid-19 (e della Dad)? Tanto per cambiare (si fa per dire) il report Istat segnala lo svantaggio del Mezzogiorno: i dati sono infatti pari al 35,8% al Nord (in miglioramento di 1,2 punti percentuali rispetto al 2020/2021 ma in peggioramento di 4,5 p.p. rispetto al 2018/2019), al 40% al Centro e addirittura al 60% al Sud (dove si registra un miglioramento di -1,6 p.p. sul 2020/2021).

Particolarmente critica la situazione nelle province di Crotone, Agrigento e Palermo (rispettivamente 69,5%, 65,7 e 65,2% degli studenti con competenze numeriche insufficienti); all’opposto le percentuali più basse si registrano a Sondrio (25,5%) e Belluno (26,1%).

Se invece guardiamo al genere, spicca il record negativo delle ragazze: le studentesse che hanno competenze numeriche non adeguate sono il 45,8% contro il 41,6% dei coetanei maschi. In 17 province del Mezzogiorno (fanno eccezione quelle della Basilicata, dell’Abruzzo e del Molise) il problema riguarda più del 60% delle studentesse, contro meno del 30% a Sondrio, Belluno e Lecco.

Per i maschi invece sono 8 le province della Calabria e della Sicilia (Siracusa, Trapani, Vibo Valentia, Palermo, Reggio di Calabria, Caltanissetta Agrigento e Crotone) in cui più del 60% dei ragazzi ha competenze numeriche insufficienti e 7 le province del Nord in cui la stessa percentuale si attesta sotto il 30% (Belluno, Sondrio, Monza e della Brianza, Lecco, Trento, Como e Aosta).

Un tema, quello delle competenze in matematica, cruciale in quest’epoca hi-tech. E il dato che emerge dal report Istat è di quelli che fanno saltare sulla sedia. Specie se pensiamo al futuro del nostro Paese.

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