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Sla, nel microbiota la chiave per rallentarla

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Sono molte le prospettive aperte dalla ricerca sul microbiota intestinale, miliardi di batteri, miceti, virus e protozoi che vivono in simbiosi nel nostro organismo. Fra le ultime novità, si sta esplorando l’ipotesi di rallentare la progressione della Sla (sclerosi laterale amiotrofica), la più comune tra le malattie dei motoneuroni, proprio modulando il microbiota. Il tutto attraverso il trapianto fecale da soggetti sani.

Al centro della ricerca una malattia che, secondo Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), colpisce almeno 6000 persone, con circa 2.000 nuovi casi ogni anno.

Ma a che punto siamo? I risultati preliminari di uno studio su una quarantina di pazienti, presentato da ricercatori del Policlinico Gemelli – Università Cattolica al congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive di Copenhagen, hanno acceso l’interesse della comunità di scienziati. Cerchiamo di saperne di più.

Il trapianto

L’idea dei ricercatori è quella di intervenire nelle prime fasi della malattia, attraverso un trapianto di microbiota intestinale (‘trapianto fecale’) da un donatore sano. Lo studio Fetrals è un trial clinico randomizzato multicentrico ideato da Jessica Mandrioli, Neurologa dell’Università di Modena – Reggio Emilia, Amedeo Amedei Immunologo dell’Università Firenze e Luca Masucci, microbiologo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma.

Perchè la Sla

La sclerosi laterale amiotrofica è caratterizzata dalla degenerazione dei motoneuroni a livello del midollo spinale e del cervello, che provoca la comparsa di una paralisi progressiva, disabilità fisica ingravescente e porta al decesso in media a 2-5 anni dalla diagnosi.

Ci sono importanti eccezioni; il celebre fisico e matematico Stephen Hawking è infatti vissuto con questa malattia per 55 anni, fino all’età di 76 anni. La Sla ha un’incidenza di 2,8 per 100.000 persone in Europa e di 1,8/100.000 in Nord America; l’età d’esordio è tra i 40 e i 70 anni (in media 55 anni). E se nel 5-10% dei pazienti è possibile individuare una serie di fattori genetici trasmessi all’interno delle famiglie, ben il 90% dei casi è ‘sporadico’ e non ha cause note. Anche per questo è molto difficile formulare un trattamento che sia valido per tutti.

Sono stati proposti come fattori cruciali per la comparsa della Sla lo stress ossidativo (dovuto ad uno squilibrio tra radicali liberi e fattori anti-ossidanti nell’organismo), un danno o la morte delle cellule nervose (esotossicità) e l’attivazione di vie pro-infiammatorie.

I linfociti T regolatori

Un ruolo molto importante nel regolare o sopprimere le risposte del sistema immunitario è giocato dai linfociti T ‘regolatori’ (Treg); per questo i ricercatori hanno ipotizzato che l’espansione e l’attivazione dei Treg potrebbe esercitare un effetto terapeutico nei pazienti con Sla, almeno nelle prime fasi della malattia.

Il team italiano ha arruolato 42 persone (tra i 18 e i 70 anni) con Sla in fase iniziale (i sintomi non dovevano essere comparsi da oltre 18 mesi). I pazienti sono stati quindi randomizzati a ricevere un trapianto di microbiota intestinale (28 pazienti), all’inizio dello studio e 6 mesi dopo, o placebo (14 pazienti).

In occasione di ogni procedura i ricercatori hanno raccolto campioni di feci, saliva, sangue per valutare come il trapianto influenzasse la composizione del microbiota intestinale del paziente, lo stato infiammatorio e il sistema immunitario.

Ogni paziente è stato inoltre sottoposto a due biopsie intestinali (a 6 e 12 mesi), mediante colonscopia. Obiettivo: documentare una variazione significativa nel numero dei Treg nei pazienti sottoposti a trapianto di microbiota, nei 6 mesi dall’inizio dello studio.

“Ci auguriamo che il nostro lavoro apra la strada a una un’innovativa possibilità di trattamento – ha sottolineato Alessandra Guarnaccia ricercatrice in microbiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, componente del team di ricerca – La nostra speranza è che il trapianto di microbiota possa aumentare in maniera significativa il numero di T-reg, così da modificare l’attività delle cellule immunitarie che circondano i motoneuroni in senso anti-infiammatorio e neuroprotettivo, per rallentare la progressione della Sla”.

I risultati preliminari

I ricercatori del Gemelli hanno presentato risultati relativi alla composizione del microbiota della mucosa intestinale di 6 pazienti, all’inizio dello studio, che mostrano un’abbondanza relativa di Proteobatteri (15%;. Si tratta di un vasto gruppo di batteri che presenta sulla superficie cellulare delle proteine in grado di attivare facilmente il sistema immunitario e il conseguente rilascio di molecole infiammatorie.

Alcune alterazioni nella composizione del microbiota intestinale sono già state collegate a patologie neurologiche (asse intestino-cervello). E i Proteobacteria sono in grado di dialogare con il sistema immunitario e di promuovere l’attivazione di alcune vie pro-infiammatorie, a seguito della riduzione del numero dei T-reg e della soppressione delle loro funzioni. Allo stesso tempo, alcuni studi animali (su modelli murini) hanno evidenziato significative alterazioni del microbiota intestinale nelle prime fasi della Sla. Ecco perché si è ipotizzato che il microbiota intestinale potesse avere un ruolo nello sviluppo della malattia.

Lo scorso anno lo stesso gruppo aveva pubblicato su Current Microbiology uno studio che documentava per la prima volta l’isolamento di un batterio coreano ‘inusuale’, nel microbiota intestinale di un paziente 69enne con Sla, il Rummeliibacillus suwonensis, un Gram positivo aerobio.

Un ecosistema complesso

“Il microbiota intestinale – ha detto Masucci – è un ecosistema complesso composto da trilioni di microrganismi, cruciali per la salute umana. Al momento abbiamo a disposizione due opzioni per esplorarne la complessità: la metagenomica e la colturomica. Quest’ultimo è un approccio che utilizza varie condizioni di coltura e la successiva analisi dei componenti del microbiota, attraverso la spettrometria di massa ed eventualmente il loro sequenziamento. La caratterizzazione del microbiota intestinale rappresenta una strategia fondamentale per mettere in relazione il suo possibile ruolo con la salute dell’individuo e non solo per quanto riguarda le patologie intestinali, ma anche quelle sistemiche”.

Un campo in espansione, che ha alimentato il mercato dei probiotici, ovvero ‘micro-organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite’. Aecondo il report di Grand View Research – inclusi i prodotti per gli animali – parliamo di un business globale valutato in circa 60 mld di dollari nel 2021.

L’idea è che la ricerca sulle potenzialità del microbiota abbia appena iniziato a ‘grattare la superficie’. “Le nuove informazioni potrebbero aprire la strada a nuovi approcci terapeutici, volti ad alterare o interferire con l’infiammazione. Contiamo di avere a disposizione tutti i risultati di questo studio nel 2024”, ha concluso Masucci.

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