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ChatGPT in corsia? Affidabile come un neolaureato in Medicina

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Si moltiplicano gli studi sull’efficacia di ChatGPT in medicina. L’ultima ricerca arriva dal Mass General Brigham (Stati Uniti) e mette in luce il potenziale dell’intelligenza artificiale generativa per aumentare l’accesso alle cure e l’efficienza in sanità. 

La ricerca

Stando agli autori di uno studio pubblicato sul ‘Journal of Medical Internet Research’, ChatGPT avrebbe un’accuratezza del 72% nel processo decisionale in tutte le specialità mediche e le fasi dell’assistenza clinica. Dato che sale al 77% nel caso delle diagnosi. Performance difficili da inquadrare ma che, secondo gli autori, sarebbero paragonabili a quelle di uno specializzando o di un neolaureato in medicina. 

Il chatbot di intelligenza artificiale, insomma, si è destreggiato bene sia nelle cure primarie che in quelle di emergenza, e questo in tutte le specialità mediche. I dottori in carne e ossa rischiano di perdere il lavoro?

L’analisi

“Il nostro articolo – ha precisato Marc Succi, associate chair of innovation and commercialization and strategic innovation leader at Mass General Brigham e fra gli autori dello studio – valuta in modo completo il supporto decisionale tramite ChatGPT fin dall’inizio del lavoro con un paziente attraverso l’intero scenario di cura, dalla diagnosi differenziale fino al test, alla diagnosi e alla gestione del soggetto. Non esistono parametri di riferimento reali, ma stimiamo che questa prestazione sia al livello di qualcuno che si è appena laureato in medicina, come uno stagista o uno specializzando”.

“Questo ci dice che” questi strumenti “in generale hanno il potenziale per potenziare la pratica della medicina e supportare il processo decisionale clinico, con una precisione impressionante”, ha aggiunto l’esperto.

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è molto rapido e sta già trasformando diversi settori, compresa l’assistenza sanitaria. Questa ricerca puntava a chiarire la possibilità di sfruttare ChatGPT nella consulenza clinica e nel processo decisionale, partendo dall’ipotesi di utilizzare l’AI fin dall’inizio e per tutto il percorso del paziente in una struttura.

La simulazione

Lo studio è stato condotto incollando porzioni successive di 36 report di casi clinici standardizzati pubblicati in ChatGPT. Allo strumento è stato chiesto di fornire una serie di diagnosi possibili, o differenziali relative a ciascun caso, basandosi sulle informazioni iniziali del paziente, che includevano età, sesso, sintomi e se il caso fosse un’emergenza. A ChatGPT sono state quindi fornite ulteriori informazioni e gli è stato chiesto di prendere decisioni gestionali e di fornire una diagnosi, simulando in tutto e per tutto la visita di un paziente reale.

Il team ha poi valutato l’accuratezza di ChatGPT attraverso un processo strutturato in cieco. Così si è arrivati ai dati relativi all’accuratezza.

Dove l’AI funziona ‘peggio’

Le prestazioni peggiori sono emerse nel caso di diagnosi differenziali, caratterizzate da un 60% di accuratezza, e nelle decisioni di gestione clinica, come ad esempio i farmaci giusti da prescrivere una volta arrivati alla diagnosi (68%). Le risposte di ChatGPT non hanno denotato pregiudizi di genere e le prestazioni sono rimaste stabili sia nell’assistenza primaria, che in quella di emergenza.

Il valore aggiunto dei dottori

“ChatGPT ha avuto problemi con la diagnosi differenziale, che è fondamentale quando un medico deve capire cosa fare”, ha detto Succi. “Questo è importante perché ci dice in cosa i medici sono veramente esperti e apportano il massimo valore: nelle fasi iniziali della cura del paziente, con poche informazioni iniziali, quando è necessario un elenco di possibili diagnosi”.

Certo, è bene andarci piano prima che strumenti come ChatGPT possano essere presi in considerazione e integrati nell’assistenza clinica: secondo gli stessi autori sono necessarie ulteriori ricerche e chiare indicazioni normative. Ma sempre secondo il team gli strumenti di intelligenza artificiale hanno il potenziale per rimodellare in meglio il processo di cura e favorire l’accesso dei pazienti all’assistenza sanitaria. Non ci resta che attendere, ma l’impressione è che stiamo parlando di un futuro piuttosto vicino.

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