GILEAD

Payback dispositivi medici, Boggetti: “L’unica strada è l’abolizione”

Gilead

Continua a far discutere il payback, meccanismo che impone alle aziende produttrici di dispositivi medici di restituire un importo pari al 50% delle spese in eccesso sostenute dalle singole Regioni. Introdotto per la prima volta nel 2015, il sistema del payback ha però trovato concreta applicazione solo nel 2022 col decreto Aiuti bis che, all’articolo 18, aveva definito le regole con cui le aziende del settore devono concorrere a ripianare lo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria per l’acquisto di dispositivi medici.

La misura è stato osteggiata con forza dalle imprese e dalle associazioni di categoria, fra cui Confindustria Dispositivi Medici che nei mesi scorsi, in un appello pubblicato sui giornali, l’aveva definita “una tassa di 2 miliardi di euro, un peso insostenibile per le aziende della salute, figlio di una norma iniqua che piomba sul comparto nel momento peggiore”. Le ripercussioni negative secondo gli industriali della sanità vanno in due direzioni: da una parte, c’è il rischio di fallimento per molte delle aziende coinvolte, dall’altra l’incidenza negativa sulle forniture del Servizio sanitario nazionale.

“In un Paese come il nostro, che ha una delle tassazioni più alte al mondo per le aziende, dover far fronte a un’ulteriore tassa specifica ci rende meno competitivi rispetto alle società estere”, spiega a Fortune Italia Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, sentito a margine dell’inaugurazione del Diesse Biotech Campus a Monteriggioni. “Col payback si rischia di mettere in ginocchio un settore strategico per la salute dei cittadini”.

Dispositivi medici, gli imprenditori in piazza contro il payback

 

La restituzione del 50% insomma porterebbe con sé gravi rischi per l’intero settore della salute, fra cui la carenza di dispositivi medici negli ospedali e nelle strutture sanitarie. “Il tema del payback rischia di colpire proprio le fasce più deboli della popolazione – sottolinea Boggetti – perché impoverisce un servizio sanitario nazionale già a pezzi. Chi avrà la disponibilità economica, potrà contare sulle tecnologie di ultima generazione negli ospedali privati; chi dovrà per forza accedere al servizio sanitario pubblico, si troverà con tecnologie di qualità inferiore”.

Di fronte alle pressioni delle associazioni di categoria, il Governo ha più volte prorogato il termine per il versamento degli importi dovuti a titolo di payback. Col Decreto Bollette del 30 marzo 2023 ha inoltre istituito un fondo da 1.085 milioni di euro (pari a circa la metà dello sforamento) con la finalità di limitare l’onere a carico delle imprese che non hanno attivato contenzioso. Ma alle imprese non basta.

“Noi siamo convinti della necessità di superare il payback – chiarisce Boggetti – Sappiamo che il Governo sta cercando le risorse per abolirlo con la legge di bilancio. Credo che ormai la volontà politica ci sia. Ritengo il payback sia un suicidio economico, perché compromette un comparto strategico, e una follia sanitaria, perché rischiano di fallire tutte quelle piccole aziende che sono quelle che forniscono bisturi, aghi, suture, materiale sanitario negli ospedali e assistenza tecnica ai macchinari. Sono fiducioso però – conclude – che alla fine col buon senso si riesca a trovare una strada” per superare il problema.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.