Covid, lo scandalo dei 2 mld di euro di antivirali scaduti

antivirali Pfizer

Gli esperti lo segnalavano da tempo, come pure i medici di medicina generale: gli antivirali contro Covid-19 in Europa sono stati un flop. E non per l’efficacia contro Sars-Cov-2, ma piuttosto per il fatto che sono stati utilizzati davvero poco. Risultato? Covid-19 non è più una pandemia ma il virus circola ancora, causando in alcuni casi e in soggetti fragili problemi tali da richiedere il ricovero, eppure in questi mesi i farmaci sono invecchiati sugli scaffali. E ora dovranno essere buttati, mandando in fumo miliardi di denaro.

“La storia degli antivirali, così come quella dei contratti sui vaccini fatti in Europa e consegnati all’Adnkronos che ne aveva fatto richiesta con larghe parti coperte da omissis, è incredibile. Nel primo caso non si capisce perchè si è deciso di dare questi farmaci solo ad anziani e fragili, oltretutto con paletti tali da rendere questi medicinali inutilizzabili. È come negare gli antibiotici a chi ha la polmonite“, commenta secco a Fortune Italia Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma. “Nel secondo si privilegia l’aspetto commerciale alla trasparenza. E questo non va bene”.

Ma vediamo meglio cosa dice il report, e quali Paesi hanno sprecato di più.

Le cifre

Oltre 1,5 milioni di cicli del farmaco antivirale contro Covid-19 di Pfizer, Paxlovid*, erano già scaduti e inutilizzati nei Paesi europei entro la fine di novembre, secondo l’analisi realizzata da Airfinity. Si prevede che questo numero raggiungerà i 3,1 milioni entro la fine di febbraio 2024, per un valore di 2,2 miliardi di dollari sprecati: l’equivalente di circa 2 mld di euro.

Il Regno Unito ha accumulato il maggior stock di antivirali rimasti sugli scaffali, con circa 1 milione di medicinali scaduti (per un costo di 700 milioni di dollari), e altri 550.000 in scadenza entro la fine di febbraio 2024 (650.000 entro la fine di giugno). Considerata la bassa prescrizione di Paxlovid nel Paese, 2,2 milioni di cicli potrebbero rimanere inutilizzati entro la fine di giugno prossimo, portando il totale degli sprechi per questo medicinale nel Regno Unito a ben 1,5 miliardi di dollari, ovvero 1,36 mld di euro.

Ma anche Germania, Francia, Spagna e Italia hanno registrato importanti sprechi: come segnalano gli analisti, infatti, le prescrizioni e l’utilizzo del farmaco – salutato all’inizio come l’arma decisiva contro il virus pandemico – sono stati molto inferiori in tutto il continente rispetto a quanto previsto.

Un po’ di storia

Paxlovid è arrivato sul mercato per la prima volta all’inizio del 2022 come strumento fondamentale, in particolare per i pazienti critici e immunocompromessi, poiché i dati degli studi clinici avevano mostrato una riduzione di quasi il 90% del rischio di malattie gravi con questo prodotto. Così numerosi Paesi si sono affrettati a procurarselo, proprio quando emergeva la nuova variante di Omicron che ha causato un’impennata senza precedenti di infezioni in tutto il mondo.

Paxlovid ha generato vendite per 19 miliardi di dollari nel 2022, cifre diminuite poi drasticamente poiché l’assorbimento del farmaco è rimasto basso. A ottobre Pfizer aveva dichiarato che i ricavi di Paxlovid sarebbero stati di circa 1 miliardo di dollari quest’anno, in calo del 95% rispetto al 2022. Una frenata che ha risentito della scelta degli Stati Uniti: nonostante il Paese vanti il maggiore utilizzo dell’antivirale, il governo americano ha rinegoziato l’accordo con Pfizer per restituire le sue scorte da 7,9 milioni di prodotto.

Il parere dell’analista e quello dell’epidemiologo

Secondo Marco Gallotta, analista di Airfinity, “i governi erano ansiosi di acquistare l’antivirale e hanno dovuto affrontare la sfida di stimare la domanda in una fase critica della pandemia. Ciò non significa necessariamente che una maggiore diffusione” di questo medicinale non avrebbe potuto salvare vite umane ed evitare ricoveri ospedalieri, “ma la riduzione dei test ha ridotto la domanda”. Insomma, con il modificarsi delle caretteristiche del virus, e la riduzione dei tamponi, la spinta verso l’uso dell’antivirale sarebbe venuta meno.

“Nonostante alcuni Paesi come gli Stati Uniti abbiano poi eliminato il requisito di un test positivo quando si prescrive Paxlovid, questo farmaco viene generalmente somministrato dopo un tampone positivo. Un altro fattore chiave è il minor carico di malattia nel 2023, che ovviamente significa una riduzione della domanda di trattamenti. Nel complesso – ha detto Gallotta – tutto ciò significa che i Paesi non sono stati in grado di somministrare tutte le loro scorte prima della scadenza, nonostante le estensioni della durata di conservazione del Paxlovid”.

Ma per Ciccozzi c’è di più. “Il fatto è che l’antivirale è stato erroneamente contrapposto al vaccino. E le regole per il suo utilizzo sono state troppo limitanti. Ma come si fa a negare un antivirale a una persona che ha una malattia di origine virale? È come negare un antibiotico a chi ha la polmonite – ribadisce l’epidemiologo – Sono stati spesi tanti soldi, ma poi almeno in Europa e in Italia le restrizioni hanno reso di fatto difficilissimo utilizzare questi farmaci. Ecco, lo spreco di denaro è intollerabile. Come anche la scelta dell’Europa di non essere trasparente nel caso dei contratti per i vaccini. Oltretutto voglio sottolineare che in molte Regioni è stato difficile accedere allo stesso vaccino anti-Covid, quest’anno. Ma è normale tutto questo, e alla fine – si chiede – quanto ci è costato?”.

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