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Natalità e imprese, la ‘ricetta’ del pharma

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Mentre nel nostro Paese l’inverno demografico sembra non aver fine (sono stati 393mila i nati nel 2022, e nel 2023 la stima è di circa 380mila bebè), alcuni settori sembrano in controtendenza. È il caso del pharma, che conta circa 70mila addetti diretti, tutti altamente qualificati. Un numero che negli ultimi 5 anni ha registrato un +9%, con un picco del 15% di giovani e donne.

Ebbene, nelle aziende farmaceutiche le dipendenti contano “un numero di figli superiore del 45% rispetto alla media nazionale”. A sottolinearlo è Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, nel corso del convegno a Roma su ‘La Natalità: una questione di coppia’. “Lavoro, carriera e famiglia si conciliano? Nell’industria farmaceutica sì”, dice il presidente rispondendo a Fortune Italia. “L’aiuto alla genitorialità, per conciliare vita e lavoro, anche per chi ha carriere impegnative, è essenziale per continuare a fare innovazione”, aggiunge.

Questione di aiuti

Ma allora qual è la ricetta delle imprese farmaceutiche per contrastare l’inverno demografico? “Aiutare chi vuole diventare genitore”, scandisce Cattani. E questo “attraverso strumenti concreti di welfare, prevenzione e formazione”. Che poi, e forse non è un caso, in questo settore anche il soffitto di cristallo appare meno solido. “Nelle nostre imprese, le donne sono il cuore pulsante della ricerca: il 53%. Rappresentano il 45% del totale e il 46% di quadri e dirigenti. A dimostrazione che oggi la maternità è più diffusa dove l’occupazione femminile è più alta”, dice ancora il numero uno di Farmindustria.

Tra desiderio e realtà

La natalità è la chiave del futuro di un Paese: per assicurare il tasso di sostituzione demografica occorrono due figli per donna: l’Italia è 1,24, ben lontana dunque. Eppure solo il 2% delle italiane dichiara di non avere i figli nel proprio progetto di vita. Dunque lo iato è, ancora una volta, tra desiderio e realtà.

I plus delle imprese farmaceutiche

Ma se la bassa natalità rappresenta un rischio per la tenuta del patto sociale, dai rapporti intergenerazionali alla sostenibilità dei conti pubblici, forse è il caso di ripensare una serie di aspetti ‘chiave’, a partire dall’organizzazione del lavoro.

Se le donne oggi nel nostro Paese sono troppo spesso costrette a scegliere fra desiderio di un figlio e lavoro, oltre il 90% delle imprese farmaceutiche applica da anni smart working, part-time, flessibilità oraria in ingresso/uscita, permessi retribuiti per visite mediche aggiuntivi al contratto nazionale. Non solo, il 100% degli addetti è coperto da previdenza e assistenza sanitaria integrativa; il 43% può beneficiare di forme di assistenza per familiari anziani o non autosufficienti; mentre il 47% delle imprese offre congedi e aspettative di maternità più lunghi rispetto alla legge (e al contratto nazionale). E ancora, il 58% delle imprese offre asili nido/rimborsi spese per istruzione e assistenza domestica; il 55% campagne di screening, prevenzione, vaccinazione e check-up, e
il 59% servizi di counseling psicologico post-gravidanza.

Natalità questione (anche) di coppia

Il primo figlio in Italia arriva circa due anni dopo la media europea (a 31,6 anni), ma per Farmindustria la ragione non va cercata su un lato solo. Insomma, a ticchettare non è solo l’orologio biologico femminile. Da un lato gli uomini tendono a finire dopo gli studi e ad uscire più tardi dal nucleo familiare, anche quando diventano economicamente autonomi. “Inoltre i problemi di fertilità dipendono per il 50% dagli uomini – ha sottolineato il direttore generale di Farmindustria, Enrica Giorgetti – Che sono meno attenti alla prevenzione rispetto alle compagne e “incrociano” gli specialisti solo quando si manifestano sintomatologie evidenti. I dati sulla natalità ci riguardano da vicino, in quanto imprese al crocevia di fattori come cure e prevenzione. Ma bisogna anche dire con chiarezza che oggi la maternità è più diffusa dove le donne lavorano”.

E non è solo una questione di organizzazione. “I figli li fanno quelli che hanno un futuro” ha detto lo psichiatra Paolo Crepet, convinto che per cambiare davvero le cose “occorra investire in scuole, asili nido, tempo pieno per tutti, come hanno fatto in Danimarca e in Olanda”.

Enrica Giorgetti, Dg Farmindustria
Enrica Giorgetti, Dg Farmindustria

Una sfida complessa

“La denatalità e l’invecchiamento demografico sono ormai un’emergenza che richiede interventi concreti, e questo Governo si sta finalmente sta lavorando. Il sostegno alle famiglie e alle nascite non è uno slogan, siamo passati ai fatti”, ha rivendicato il ministro della Salute Orazio Schillaci. “Ma la sfida non è facile. Siamo di fronte a un fenomeno estremamente complesso. Le coppie rinunciano ad avere bambini e sempre più spesso le donne abbandonano il sogno di diventare mamme già da giovanissime. Le cause possono essere molteplici: una condizione economica sfavorevole, la paura di perdere il posto di lavoro, l’assenza di una reale consapevolezza della propria fertilità, che per una donna è all’apice tra i 20 e i 30 anni”.

Ragioni “economiche, sociali, culturali, che spesso si intrecciano – è la riflessione del ministro – e che affondano le loro radici nell’assenza di investimento su un welfare a sostegno della genitorialità e che oggi si ritrova con un tasso di fertilità tra i più bassi d’Europa, seguito solo da quelli di Spagna e Malta. Dopo il picco negativo raggiunto nel 2022, quando per la prima volta dall’Unità d’Italia si è scesi a meno di 400mila nati, i dati del primo semestre 2023 hanno mostrato a livello nazionale un ulteriore calo di 3.500 nascite. Per questo il ministero della Salute ha avviato un forte impegno nel campo della prevenzione, dell’informazione e a tutela della salute. Sappiamo che per invertire la rotta ci vorrà del tempo, ma il Tavolo Tecnico sugli stili di vita per favorire la fertilità, che abbiamo voluto istituire e che si è insediato lo scorso luglio, sta già lavorando a numerose iniziative”, ha annunciato Schillaci.

Il lavoro del Tavolo tecnico

“Questo pomeriggio il Tavolo Tecnico tornerà a riunirsi, per discutere e concordare altre iniziative su questi temi. Per anni sono rimasti inascoltati i segnali che arrivavano da Istat ed Eurostat sul tasso di denatalità in Italia e in Europa. Ora dobbiamo agire rapidamente, con soluzioni realistiche e concrete. Siamo concentrati sugli stili di vita delle nuove generazioni che devono essere informate sulla base di dati scientifici. C’è poi naturalmente l’impegno attivo nella prevenzione, che va a tutela anche della fertilità e che passa per le campagne vaccinali gratuite, come il papilloma virus, per gli screening oncologici, per l’inserimento nei nuovi Livelli essenziali d’assistenza delle prestazioni di Procreazione Medicalmente Assistita, che dovranno essere fornite su tutto il territorio nazionale. Uscire dall’inverno demografico è veramente una grande sfida, nella quale c’è bisogno del contributo di tutti”.

Di fronte a questa sorta di appello, l’industria del farmaco c’è. “La ‘transizione demografica’ riguarda da vicino l’industria: come forza produttiva siamo preoccupati per uno squilibrio che mette a rischio la sostenibilità di lungo periodo del sistema sanitario, nostro principale interlocutore – riflette Cattani – Un timore che riguarda il mondo del lavoro, perché sappiamo che l’innovazione richiede vitalità e il ricambio generazionale è indispensabile”. Insomma, la natalità è futuro.

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