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La solitudine del leader

tecnologie e dati in sanità

Un antico guerriero giapponese diceva che occorre addestrarsi giorno e notte per prendere decisioni rapide. Il leader deve essere addestrato a prendere decisioni rapide. Una parte delicatissima di questo addestramento consiste nel saper chiedere e ricevere consiglio. Ecco alcune regole di questa parte di addestramento: chiedi sempre diversi consigli prima di prendere una decisione; non seguire mai i consigli che ti vengono dati, i consigli non servono per essere seguiti ma per guardare qualcosa di nuovo o diverso; sii sempre disposto a rompere le regole. Anche queste.

La prima regola è in perfetta linea con la sapienza immarcescibile del “Principe” di Machiavelli, in cui si raccomanda che i buoni consigli siano il risultato delle capacità del Leader e non viceversa. Per questo è importante selezionare con cura le persone a cui chiedere consiglio e poi metterle in condizione di dire ciò che pensano: cosa niente affatto facile e che richiede molti accorgimenti.

Per rendere l’idea di quanto sia delicato imparare a chiedere consiglio basta riflettere su uno dei molti aspetti perennemente trascurati: l’importanza del quando chiedere consiglio. Se un leader chiede consiglio troppo presto, sarà difficile per lui sviluppare il suo punto di vista in modo indipendente e risulterà inevitabilmente influenzato dalla generale interpretazione offerta dal consiglio degli altri; se un leader chiede consiglio troppo tardi, aumenterà le probabilità di cercare mere conferme al suo punto di vista già formato e sarà incapace di modificarlo, svilupparlo o integrarlo. Non basta chiedere consiglio nel modo giusto e alle persone giuste, occorre farlo nel momento giusto.

Un ottimo strumento, semplice solo in apparenza e da non trascurare, consiste nell’imparare a chiedere consiglio tramite la sola immaginazione. Io ho chiesto tante volte consiglio al mio vecchio amico e maestro Giorgio Nardone, uno dei pochi veri sofisti di oggi. O ancora, immaginate che la vostra decisione sia operata da un nemico o da un competitor. Questo esperimento mentale permette di cercare tutti i punti di debolezza della sua decisione per attaccarlo. Questo gioco mentale è utilissimo per vari motivi tra cui uno non trascurabile: la velocità del pensiero supera quella che una discussione reale comporterebbe. Si tratta di uno strumento che si rivela sempre prezioso, purchè usato in modo appropriato, e non è un caso che sia segretamente amato dai Leader in campo politico ed economico.

L’errore più diffuso del leader non è quello di non chiedere consiglio ma quello di circondarsi di adulatori e di creare generali napoleonici, assolutamente incapaci di prendere qualsiasi decisione e completamente dipendenti.

Che valore possono avere i consigli di questi generali?

Il grande Leader non deve essere solo bravo a chiedere e ricevere consiglio ma ad ascoltare e dare consiglio, evitando di sostituirsi ai suoi sottoposti.

Perché i consigli funzionino bisogna educare sé stessi e i propri consiglieri a seguire modelli comunicativi specifici. Questo lavoro può richiedere molto tempo e fatica, ma ne vale la pena. Sempre. Non farlo equivale a innescare una bomba ad orologeria. Non sapete quando esploderà, ma succederà.

La seconda regola è relativa a qualcosa che pochi conoscono e della quale purtroppo non si parla abbastanza.

Si tratta della “solitudine del re”: la solitudine decisionale del Leader è all’apparenza silenziosa ma chi ha il privilegio di ascoltare i leader in uno spazio altro – come avviene nei processi di coaching e psicoterapia o in alcuni momenti di formazione – sa che oltre questa linea ferma c’è un caos che suona mille strumenti, a volte provocando grande angoscia, dolore e sgomento.

Ho notato un fatto curioso: saper dare uno spazio a questa inevitabile solitudine funge da fattore di protezione rispetto al rischio di circondarsi di consiglieri mediocri, più attenti a nutrire la vanità del Leader che ad assumersi le responsabilità che il loro ruolo comporta. Questo è uno dei molti vantaggi di vedere uno specialista che funge da consigliere esterno e che mantiene uno spazio altro, che è appunto quello del coaching o della terapia. Non tutte le terapie sono infatti rivolte alla dimensione clinico-patologica e questo spazio si rivela sempre prezioso e spesso decisivo nel lavoro del Leader.

La terza regola, squisitamente paradossale, è anche la più importante.

Un magistrale esempio di questa regola è il nodo di Gordio. Si diceva che chi fosse riuscito a sciogliere questo nodo sarebbe diventato imperatore. Con quest’obiettivo in testa, Alessandro Magno provò a scioglierlo.

Non riuscendo a scioglierlo, ma non potendo permettersi di perdere, Alessandro ebbe una fulminea idea. Estrasse la spada e recise il nodo che non riusciva a sciogliere.

Tanta è l’importanza attribuita a questo concetto che ho introdotto il termine “knotching” per fare riferimento ai processi di coaching necessari quando si toccano nodi significativi.

Ogni gioco ha le sue regole ma le regole di un addestramento in genere sono diverse da quelle della guerra. Cosa più importate: tutte le volte che ci diamo delle regole dimentichiamo di averle inventate noi stessi. Come tutte le cose che inventiamo, le regole che creiamo devono essere al nostro servizio, e non noi al loro.

Chi capisce questo, possiede le basi per riscrivere le regole del gioco. Al contrario, una grande disfatta spetta in destino a chi riesce a riscrivere le regole del gioco senza aver prima imparato a gestire i delicati processi qui descritti.

Affilare le armi prima di andare in guerra.

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