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La rinascita del calcio italiano, CR7 è solo l’inizio

Dopo anni di ombre e difficoltà di natura economica, tattica e gestionale, il calcio italiano sembra iniziare finalmente a dare segnali di ripresa. Il 2018-2019 ha rappresentato per il movimento calcistico nazionale un momento di svolta, che certamente verrà ricordato in primis per lo sbarco in Italia di Cristiano Ronaldo. Ma non è tutto qui. Ne parla Christoph Winterling, direttore commerciale e marketing del Bologna FC, spiegando quanto ci sia ancora da fare perché il settore possa recuperare la competitività persa nell’ultimo decennio. Nato in Germania, ex direttore marketing Adidas Italia ed AS Roma, Winterling affronta l’argomento in maniera globale, raccontando anche il “modello Bologna”, tra partnership col territorio e sviluppo internazionale del business.

In questi anni, prima alla Roma e poi al Bologna, come è cambiato il calcio italiano?

Il calcio italiano vive un momento di grande cambiamento. Figc e Lega Calcio hanno un nuovo management, si stanno costruendo nuovi stadi, stanno tornando a giocare in Italia grandi campioni internazionali e sono arrivate proprietà straniere che stanno introducendo novità. È un’industria che si sta trasformando, dove i 90 minuti in campo sono sempre il momento clou ma i club stanno cercando di realizzare sempre più iniziative per coinvolgere i tifosi anche prima e dopo il match e durante la settimana. Per questo, dopo anni di maggiori difficoltà, ora il calcio italiano sta recuperando competitività nei confronti dei maggiori campionati stranieri; qualcosa si sta muovendo anche qui e questo è certamente positivo.

L’arrivo di Cristiano Ronaldo cosa ha portato in più e cosa ha tolto?

A mio avviso è stato un dono incredibile per il calcio italiano. I motivi sono principalmente tre. Il primo è che il suo arrivo ha dato visibilità enorme al nostro calcio e questo ha fatto crescere l’audience in tv e l’interesse degli sponsor nazionali e internazionali a investire in Italia. Il secondo è che il suo arrivo ha migliorato l’immagine del calcio italiano, ridando credibilità e appeal dopo tanti anni di sofferenza. Il terzo è che il suo arrivo ha fatto crescere l’interesse di altre star del calcio a venire a giocare nei nostri club. Non credo che abbia tolto nulla, ma il suo arrivo non può considerarsi sufficiente per rendere il prodotto calcio competitivo.

Gli investimenti internazionali sono in generale aumentati, ma il prodotto calcio in Italia a che punto è? Si è avvicinato a quello europeo?

È vero che gli investimenti internazionali sono aumentati ma il calcio italiano è cresciuto più lentamente rispetto a Premier League, Liga spagnola e Bundesliga. Ciò non toglie che molti investitori reputano la Seria A ancora interessante per poter investire, per due ragioni: anzitutto per la grande passione che gli italiani hanno per il calcio, il loro sport preferito; e poi per la notorietà all’estero che hanno le città italiane che esprimono club. Penso a Roma, Firenze, Milano; Manchester è conosciuta principalmente per la squadra di calcio, mentre Roma, coi suoi 2700 anni di storia, ha un suo enorme valore, ben al di là del calcio. Purtroppo, però il calcio italiano non è riuscito a trasformare questo vantaggio in business. Sia per l’assenza di infrastrutture, sia di mentalità e professionalità in grado di cogliere queste opportunità. La strada intrapresa però è quella giusta.

Negli altri Paesi le Leghe calcio stanno sviluppando diverse strategie mirate a rendere maggiormente attraente il calcio o in generale lo sport. Come si sta muovendo l’Italia?

Anche grazie all’arrivo di nuovi manager, il calcio italiano si sta muovendo meglio rispetto al passato. Stanno arrivando sempre più risorse, sia in termini di capacità che di fondi per aumentare la competitività del settore. Gran parte di questo ruolo dovrà giocarlo la Lega Calcio che dovrà fare i suoi investimenti, contando in un ritorno economico nel medio-periodo. Le leghe degli altri campionati hanno costruito infrastrutture adeguate per far vivere al tifoso un’esperienza diversa allo stadio, che ha fatto crescere l’appeal di questo sport e i ricavi, hanno uffici di rappresentanza all’estero e investono in comunicazione. Tutte cose che anche in Italia il nuovo management sta iniziando a valutare, con l’obiettivo di far crescere l’immagine del calcio italiano all’estero e i ricavi.

Il Bologna rappresenta un caso ‘virtuoso’, una società improntata allo sviluppo del marchio sul territorio, ma con una proprietà Internazionale. A quale modello vi ispirate?

Non c’è un modello a cui ci ispiriamo, a dire la verità. Nonostante il Bologna abbia una proprietà internazionale, canadese per esser precisi, in questa prima fase abbiamo deciso di investire molto sul territorio, rafforzando il legame con la gente e gli imprenditori locali. Questo perché vogliamo prima di tutto legare con loro. La gente ha una grande passione per il Bologna, che dobbiamo valorizzare e coltivare. Sperando anche di esser supportati dai risultati sportivi, cercheremo poi di crescere all’estero, ma la priorità resta il territorio. Per noi è fondamentale.

Il Bologna, inoltre, è una delle poche realtà in Italia dove il modello sponsor ha lasciato il passo al modello partner, più internazionale con un posizionamento di attivazione globale. Ce ne può parlare?

La parola “partner” racconta quello che stiamo sviluppando. I partner sono le aziende locali interessate ad avere una visibilità nazionale, ma soprattutto a fare qualcosa per coinvolgere i propri dipendenti, dialogare con le loro famiglie. Per questo, abbiamo pensato ad una serie di strumenti che ogni azienda può scegliere sulla base delle sue necessità. Prima ascoltiamo loro, poi noi proponiamo collaborazioni personalizzate, sulla base delle loro esigenze. La grande differenza è proprio questa: il nostro progetto non punta solo a creare visibilità ma anche a ridare qualcosa al territorio. Per noi è un grande valore. Ad esempio, siamo la prima squadra in Italia ad aver lanciato il Kids Club: un programma per bambini, che permette loro di essere coinvolti nel mondo del Bologna, fare interviste, andare in campo, allenarsi ma non solo. Con il coinvolgimento dei nostri partner, diamo ai bimbi la possibilità di andare presso lo stabilimento della Granarolo, per vedere come si produce il latte, oppure presso quello del Parmigiano Reggiano. Stiamo poi pensando di realizzare un Senior Club. Oggi pochi pensano agli anziani che hanno più tempo e possibilità economiche dei ragazzi. Per questo, vorremmo creare un club per loro, dove organizzare eventi, tornei, fare incontri con i giocatori; e per questo siamo alla ricerca di partner che ci sostengano in questa iniziativa. E anche su questo saremmo i primi in Italia. Nei servizi che offriamo ai nostri partner c’è anche lo stadio, che mettiamo a disposizione durante tutta la settimana: le aziende possono usufruire della struttura, fare riunioni negli spogliatoi, fare eventi per la presentazione dei loro prodotti. Siamo l’unica squadra in Italia a dare la possibilità ai partner di esser presenti, a bordocampo, su pannelli fissi, in seconda fila, con i colori rosso o blu della nostra squadra, e la scritta del partner in bianco. Un’idea, proveniente dalla Bundesliga, che rafforza il legame di appartenenza alla squadra, in maniera esteticamente neutra. In più, cerchiamo di coinvolgere i partner per le nostre iniziative di beneficienza e di supporto al territorio.

Avete di recente sviluppato anche le pubblicità virtuali. Di cosa si tratta e che potenzialità presentano?

Quello delle pubblicità virtuali è un tema interessante. Nello stadio, dietro le panchine e le porte, abbiamo lanciato le pubblicità virtuali, ossia immagini che appaiono solo in tv e differenziate rispetto al pubblico destinatario. In Europa appare uno sponsor, in America, sempre negli stessi spazi, un altro. Questo permette di rivolgerci a marchi globali e, soprattutto per i club internazionali, rappresenta sicuramente una grande opportunità di business.

Quali elementi sono stati decisivi per la crescita del vostro ticketing?

Il nostro ticketing è cresciuto dell’80% negli ultimi tre anni. Uno dei motivi di questa crescita è stato sicuramente un aumento dell’offerta di servizi, soprattutto per famiglie e bambini. Per loro è stato creato un Kid-Stand, dove i bambini e le loro famiglie non hanno solo un settore della tribuna dedicato, ma anche prezzi scontati, ingresso riservato, la possibilità di incontrare giocatori, fare foto con loro sotto la tribuna prima dell’inizio della partita, e uno spazio food and beverage, con prodotti per i bimbi, quindi con gelati, succhi di frutta e non birra, ad esempio. Un altro dei motivi è che abbiamo ampliato le attività all’interno dello stadio, con l’obiettivo di offrire non solo l’emozione dei 90 minuti ma far vivere alla gente un pomeriggio speciale. Per questo abbiamo cablato lo stadio intero con il wi-fi, abbiamo installato sotto le tribune i maxi schermi e abbiamo allestito, fuori dallo stadio, un villaggio per bambini. Inoltre stiamo provando a coinvolgere artisti, per farli esibire dentro lo stadio, e cheerleaders. Stiamo infine pensando di fare altrettanto con gli anziani, dedicando loro uno spazio della tribuna, con servizi ad hoc. Ogni domenica cambiamo il nostro programma puntando a migliorare le forme di intrattenimento e offrire ai nostri tifosi la miglior esperienza possibile. Tutto questo ha avvicinato di più le persone allo stadio. In futuro, vogliamo dare la possibilità ai tifosi di vedere, in diretta, sul proprio telefonino gli highlights, di andare avanti e indietro con un dito per rivedere un’azione, un fuorigioco, un rigore.

Dieci anni in Italia e nello sport italiano. Rifarebbe questa scelta?

Sicuramente sì. Io amo il mio lavoro e l’Italia, lo dimostra il fatto che decisi di venire a vivere qui, nel 2006, nonostante la Germania avesse perso, poche settimane prima, la semifinale dei mondiali; ci tenevo davvero! Uno dei motivi che mi ha spinto a scegliere questo Paese è il suo grande, inespresso, potenziale: volevo dare il mio piccolo contributo a valorizzare le grandi qualità che ha l’Italia, e in particolare il mondo del calcio. Si può dire che qualcosa siamo riusciti a farla: in un mondo che corre, diverse novità stanno arrivando anche in Italia. Molto c’è ancora da fare ma siamo sulla strada giusta. Quindi sì, rifarei sicuramente questa scelta.

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