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Analisi costi-benefici, chi le ha viste?

Morena Pivetti

Morena Pivetti

Chi le ha viste? Che fine hanno fatto? Per mesi e mesi giornali e talk show non hanno parlato d’altro che delle analisi costi-benefici sulle grandi opere, novelle forche caudine sotto cui fare passare le principali infrastrutture messe in cantiere dai governi precedenti per verificarne la bontà. A cominciare dalla Linea Alta Velocità Torino-Lione, la più contestata.

A fare da mattatore sotto i riflettori è l’officiante del nuovo rito, il professor Marco Ponti, luminosa carriera accademica internazionale e al Politecnico di Milano, grande comunicatore dal linguaggio crudo ma efficace, nonché coordinatore del gruppo di esperti incaricato di stilare i responsi tecnici, intervistato “speciale” e ospite di riguardo sui quotidiani e in tv.

Già da qualche settimana le analisi costi-benefici sono scomparse dal discorso pubblico, non se ne hanno più notizie. Delle formule e dei numeri magici che avrebbero dovuto sciogliere l’enigma Tav si Tav no, Torino-Lione come Brescia-Padova, Terzo Valico sì o Terzo Valico no e via così con Gronda di Genova, passante ferroviario di Firenze, bretella Campogalliano-Sassuolo e pista dell’aeroporto di Firenze, si sono perse le tracce.

Nonostante il Movimento Cinque Stelle, nella persona del vicepremier Luigi Di Maio, le analisi costi-benefici le avesse imposte nel contratto di programma che è alla base del patto con la Lega, e fossero poi state diligentemente fatte eseguire dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ora sono cadute nell’oblio.

Solo gli esiti del Terzo Valico e successivamente della Torino-Lione sono stati resi noti. Questi ultimi sono risultati pesantemente negativi e altrettanto pesantemente sono stati messi sotto accusa, a partire dal professor Pierluigi Coppola, membro del gruppo di lavoro del Ministero, e dai colleghi accademici del professor Ponti per i criteri adottati. Così come dai partiti – tranne i Cinque Stelle – e dagli imprenditori.

In ogni caso i conti fatti fare al Ministero, paiono, a questo punto, irrilevanti, visto che il consiglio d’amministrazione della Telt, il soggetto promotore misto italo-francese della tratta internazionale della Torino-Lione, ha dato il via libera ai bandi di gara per la parte italiana del tunnel di base, valore un miliardo di euro, mettendo in moto la macchina amministrativa.

Intanto la politica continua a litigare, il governo ancora non supera le divisioni tra la Lega, che dice convintamente sì, e i Cinque stelle che cercano un modo per non dire no e si affidano al premier Giuseppe Conte per sbrogliare il busillis. Mentre Bruxelles, dopo aver alzato il proprio contributo al 55% del costo dell’opera (4,7 miliardi di finanziamento contro i precedenti 3.4 miliardi) sollecita una risposta definitiva entro luglio e dalla parte francese la talpa scava h24 e procede speditamente.

Sulle altre cinque opere la nebbia resta fitta. Non se ne sa nulla, non si sa se i conti siano stati fatti o a che punto siano, se i risultati siano positivi o negativi, se il gruppo di esperti sia ancora al lavoro.

Vale la pena ricordare che, Torino-Lione e Terzo Valico a parte, le altre infrastrutture valgono quasi 15 miliardi di euro, che dall’insediamento di questo governo sono ancora bloccate e che le Regioni interessate, dalla Lombardia al Veneto, dall’Emilia Romagna alla Toscana chiedono da tempo a gran voce che si vada avanti. Dopo aver perso un anno tondo tondo. Intanto i giorni continuano inesorabilmente a passare.

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