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All’inizio della mobilitazione social per l’Amazzonia, quella del #PrayforAmazonas partita con più di due settimane di ritardo sul’inizio dei roghi ma che ha avuto il merito di far conoscere il problema all’opinione pubblica, un grande ruolo lo hanno avuto le immagini. Immagini che si è scoperto essere in larga parte false. A distanza di qualche giorno l’allarme social è tristemente scemato, ma le foto autentiche che testimoniano la portata delle fiamme si moltiplicano ogni giorno, anche dallo spazio: le ha postate su Twitter l’astronauta dell’Esa Luca Parmitano dalla stazione internazionale, mentre un nuova ricognizione aerea di Greenpeace ha offerto nuove immagini ravvicinate dei roghi.

E mentre, anche attraverso le immagini, ci si rende conto dell’immensità della tragedia sudamericana, a livello internazionale (sfiorando continui incidenti diplomatici) ci si comincia a muovere: “Trump ha parlato con Bolsonaro. Ci siamo accordati su un piano molto ambizioso”, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron, in conferenza stampa con il presidente Usa Donald Trump.

Il piano è, sommariamente e secondo fonti dell’Eliseo, questo: i Paesi del G7 hanno deciso di sbloccare un aiuto urgente di 20 milioni di dollari per sostenere i Paesi dell’Amazzonia nelle attività di contrasto agli incendi. La somma sarà sbloccata “appena possibile”. A questo finanziamento se ne aggiunge un altro “a medio termine per il piano di rimboschimento”. Degli aiuti urgenti fa parte l’invio di Canadair per contrastare i roghi. Il Brasile, però, rifiuterà l’aiuto, ha dichiarato il ministro brasiliano Onyx Lorenzoni al sito news della Globo, confermando anticipazioni al riguardo diffuse dai media. Lorenzoni ha anche attaccato il presidente francese: “Macron non riesce nemmeno a evitare un incendio in una chiesa che è patrimonio dell’umanità e vuole insegnarci cosa fare con il nostro paese? Ha già molto da fare a casa sua e nelle colonie francesi”.

“Il Brasile è una nazione democratica e libera, che non ha mai avuto comportamenti colonialisti e imperialisti, come forse è l’obiettivo del francese Macron, in concomitanza del resto con alti indici di impopolarità a casa sua”, ha aggiunto Lorenzoni. Il ministro di Bolsonaro ha ribadito che il suo paese “può dare lezioni a chiunque” in materia di protezione ambientale, sottolineando che “non esiste nessun paese al mondo che conti con una protezione della vegetazione naturale più grande della nostra”.

Durante la notte, il ministero degli Esteri ha diffuso una nota nella quale ha indicato che “esistono già vari strumenti” per finanziare la lotta alla deforestazione nell’ambito dell’accordo Onu per il cambiamento climatico (Unfccc), ricordando che i paesi sviluppati si sono impegnati a investire 100 miliardi di dollari l’anno per la lotta al cambiamento climatico nei paesi in via di sviluppo e osservando che “questo impegno non è stato assolto, nemmeno remotamente”.

“Auspichiamo che la Francia, e gli altri paesi che appoggiano le sue idee, si impegnino seriamente in discussioni nel quadro del Unfccc, invece di lanciare iniziative ridondanti ben al di sotto dei impegni internazionali assunti e con insinuazioni ambigue riguardo al principio della sovranità nazionale”, si legge nel testo.

Le dichiarazioni del ministro seguono di pari passo quelle di Jair Bolsonaro, che sembra concentrare i suoi sforzi più contro Macron che contro gli incendi. Ma che ha anche annunciato l’aiuto internazionale di Israele, che ha promesso di inviare assistenza per combattere gli incendi forestali in Amazzonia, mentre sette Stati del Brasile hanno già richiesto l’invio di unità delle forze armate sul loro territorio, in base al decreto emesso dal governo federale venerdì scorso. “Sono in contatto telefonico con il primo ministro Benyamin Netanyahu, che riconosce gli sforzi fatti dal Brasile nella lotta contro gli incendi in Amazzonia”, ha scritto Bolsonaro su Twitter, aggiungendo che “abbiamo accettato l’invio da parte di Israele di una aeronave con appoggio specializzato per collaborare con le nostre operazioni”. D’altra parte, lo Stato di Amazonas è diventato la settima entità federale brasiliana che richiede l’invio dei militari per partecipare nella lotta contro gli incendi, dopo Acre, Rondonia, Roraima, Mato Grosso, Parà e Tocatins. Il decreto varato da Bolsonaro prevede l’invio delle forze armate in tutti gli Stati che ne facciano richiesta, per affrontare l’emergenza. L’azione delle truppe federali è iniziata sabato scorso nella regione di Porto Velho, capitale dello Stato di Rondonia. Bolsonaro ha pubblicato su Twitter un  breve video in cui si vede un aereo C-130 Hercules, partito da Porto Velho mentre lancia un carico di acqua su un incendio forestale.

Ma la guerra (social) dell’ultraconservatore brasiliano non conosce tregua: dopo la pessima caduta di stile su Brigitte Macron, ha annunciato che domani si riunirà con i governatori degli Stati federali il cui territorio si trova in Amazzonia e rivelerà “la verità su quello che gli altri vogliono da questa ricca regione”. In un breve messaggio su Twitter, Bolsonaro ha detto che alle 10 (le 15 in Italia) di martedì 27 trasmetterà un live sui suoi social, che ha definito “imperdibile”, facendo riferimento a un passaggio dei Vangeli: “E conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:32).

Macron è innegabilmente stato il protagonista della risposta della comunità internazionale all’emergenza, sfruttando la sua presidenza al G7 francese. Addirittura, secondo la radio France Info, era in arrivo proprio per il G7 nella cittadina della costa basca il capo indigeno Raoni Metuktire, celebre in tutto il mondo per la sua battaglia in favore degli abitanti dell’Amazzonia e per la protezione della foresta. Un arrivo celebrato come un colpo di scena ad opera proprio di Macron. Il capo indigeno kayapo, si è poi scoperto, si trova effettivamente in Francia ma non interverrà al vertice, ha detto il presidente francese. Stando a informazioni della tv BFM, il capo indigeno noto per la sua lotta a favore della protezione della foresta amazzonica è stato invitato in Francia da alcune Ong e si trova effettivamente nella regione di Biarritz. Nessun incontro è però previsto con Macron.

Tornando all’importanza delle immagini, Greenpeace le ha accompagnte con dati sconfortanti. Tra gennaio e agosto 2019 il numero di incendi in Amazzonia è aumentato del 145% rispetto allo stesso periodo del 2018. Quest’anno il 75% dei focolai si è verificato in aree che nel 2017 erano coperte dalle foreste e che successivamente sono state deforestate o degradate per lasciare spazio a pascoli o aree agricole.

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Una squadra brasiliana dell’associazione ha sorvolato gli stati di Rondônia e Pará, documentando gli incendi con nuove immagini. Per Greenpeace gli incendi mostrano chiaramente l’avanzata dell’agricoltura industriale nella foresta, spesso per far spazio a pascoli per il bestiame e colture, soia in particolare, destinate alla mangimistica. Dei 6.295 focolai registrati tra 16 e il 22 agosto, il 19% si è verificato in aree naturali protette, il 6% delle quali appartengono a diversi Popoli Indigeni. ”Le fiamme che stanno consumando l’Amazzonia non sono un problema solo per il Brasile, ma per l’intero Pianeta. Con l’aumentare degli incendi, infatti, aumentano anche le emissioni di gas serra, favorendo ulteriormente l’innalzamento della temperatura globale e, conseguentemente, il verificarsi di eventi meteorologici estremi che rappresentano un grave pericolo per la fauna selvatica e la vita di migliaia di persone. Agire per porre fine alla deforestazione dell’Amazzonia deve essere un obiettivo globale e un obbligo per chi guida il Paese” conclude Marcio Astrini, di Greenpeace Brasile.

In questa combo, quattro immagini tratte da un video dlla Nasa con la mappa del monossido di carbonio liberato dai roghi in Amazzonia, 26 agosto 2019. La mappa, realizzata dal satellite Aqua, mostra in rosso le regioni con maggiore concentrazione del gas inquinante. ANSA/NASA/JPL-Caltech +++ ++ HO - NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

Altre immagini: dopo le foto del fumo degli incendi in Amazzonia, scattate dai satelliti Sentinel 3 del programma europeo Copernicus, e Suomi della Nasa, arriva sempre dall’agenzia spaziale americana la mappa del monossido di carbonio liberato dai roghi nella foresta pluviale. La Nasa ha realizzato un’animazione, grazie alle immagini satellitari catturate a partire dal 22 agosto dallo strumento all’infrarosso Airs (Atmospheric Infrared Sounder) a bordo del satellite Aqua, gestito dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa. L’animazione mostra la progressiva estensione e diffusione nell’atmosfera, a una quota di circa 5.500 metri, del monossido di carbonio sprigionato dai vasti incendi in Amazzonia, che tante preoccupazioni stanno suscitando in queste ore per la salute del Pianeta. Dal verde al rosso, passando per il giallo, crescono le concentrazioni in atmosfera del monossido di carbonio, che passano da circa 100 parti per miliardo di volume delle aree in verde, a 120 di quelle in giallo fino ai picchi di 160 in quelle rosse. “Il monossido di carbonio – spiega la Nasa – è un gas inquinante che può essere trasportato a grandi distanze e rimanere in atmosfera anche per un mese. Alle elevate altitudini mappate in queste immagini – chiariscono gli esperti – il gas ha un impatto ridotto sull’aria che respiriamo. Ma i venti potrebbero portarlo anche a quote più basse”, aggiunge la Nasa. Che ricorda, infatti, come il monossido di carbonio “possa giocare un ruolo importante sia nell’inquinamento dell’aria che nel cambiamento del clima”.

Infine, l’Inpe, l’ente brasiliano osteggiato da Bolsonaro fonte primaria, finora, dei dati sugli incendi. Il numero di incendi forestali nell’Amazzonia brasiliana ha già superato la media storica registrata ad agosto durante gli ultimi 21 anni, mancando ancora una settimana alla fine del mese. Lo indicano i dati ufficiali dell’Istituto nazionale di ricerche spaziali (Inpe), compilati in base al monitoraggio satellitare e pubblicati sul sito web dell’organismo, che dipende dal governo. Questi dati indicano che, al 25 di agosto, nella regione amazzonica brasiliana si sono registrati 25.934 roghi, il che rappresenta un leggero aumento rispetto alla media della serie storica per lo stesso mese (2.853), che va dal 1998 al 2018. Il responsabile del programma di monitoraggio degli incendi all’Inpe, Alberto Setzer, ha indicato che siccome manca ancora una settimana per arrivare alla fine del mese, questa differenza inevitabilmente aumenterà.

Intanto dovrebbero arrivare altri fondi per l’emergenza. La fondazione ambientalista Earth Alliance, che vede Leonardo di Caprio tra i suoi creatori, ha già sviluppato un fondo di emergenza con 5 milioni di dollari. Lo rende noto la stessa fondazione e l’attore premio Oscar ha ritwittato il messaggio. I fondi sono destinati alle comunità indigene e ad altri partner locali che lavorano per proteggere la biodiversità dell’ Amazzonia contro la diffusione dei roghi. DiCaprio ha pubblicato anche una serie di video e immagini su Instagram e ha invitato i follower a contribuire economicamente: “tutte le tue donazioni andranno ai partner che lavorano sul campo. Senza l’Amazzonia, non possiamo tenere sotto controllo il riscaldamento della Terra. I polmoni del pianeta sono in fiamme (…) L’Amazzonia ha bisogno di più delle nostre preghiere”, scrive la star, impegnata da anni nella battaglia ecologista con la sua omonima fondazione, che ora é parte di Earth Alliance, lanciata in luglio con i filantropi Laurene Powell Jobs e Brian Sheth.

Altri soldi arrivano da Lvmh, il gruppo francese del lusso guidato da Bernard Arnault: donerà 10 milioni di euro per sostenere la lotta agli incendi in Amazzonia. Lo riferisce lo stesso gruppo in un comunicato. Si tratta di più della metà della somma già promessa dai membri del G7 per la stessa causa.

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