Digital health, il ponte tra pubblico e privato

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Gianluca Gigante, direttore di Vree Health Italia, spiega cosa serve per implementare la digital health nel sistema sanitario: ecco come passare da generiche linee guida a fatti concreti. Di Alessandro Pulcini.

Di strumenti normativi per la digitalizzazione del sistema sanitario italiano ne abbiamo già, tra Linee guida sulla telemedicina, Patto per la salute digitale, Piano nazionale delle cronicità, nuovi Lea. Ma adesso “bisogna passare ai fatti”. Gianluca Gigante, direttore di Vree Health Italia, ha le idee chiare riguardo la situazione italiana del digital health, e su cosa serva per implementarlo nel sistema sanitario. “Bisogna riconoscere il valore delle tecnologie nei percorsi assistenziali e di cura attraverso nuovi meccanismi di rimborsabilità, premiando le soluzioni virtuose che dimostrano evidenze scientifiche di valore clinico, organizzativo ed economico al fine di garantire la sicurezza, la qualità e la sostenibilità di queste nuove tecnologie”.

Vree Health Italia è un’azienda specializzata in progettazione, sviluppo e commercializzazione di servizi e soluzioni di connected health per il mercato pubblico e privato. Opera attraverso soluzioni software per gli operatori sanitari, applicazioni mobili e assistenza per i pazienti, analisi dei dati (big data), programmi di supporto al paziente (Psp) e soluzioni di gestione della salute in diverse aree terapeutiche o patologie croniche. L’obiettivo è “migliorare la qualità di vita e la salute dei pazienti. Siamo impegnati nel fare la differenza nella vita delle persone attraverso progetti innovativi in cui si integrano individui, processi e tecnologie”, racconta Gigante.

La connected health, per l’azienda, “è un modello di gestione integrata dell’individuo per la presa in carico globale del paziente, che integra finalmente tutti gli aspetti assistenziali in una risposta organizzata e coordinata ai bisogni della persona e del sistema. Un modello in cui la tecnologia consente di ridisegnare i processi assistenziali e i pazienti posso vivere il proprio percorso di salute con maggiore qualità e risposta dal sistema, dove gli operatori sociosanitari possono ampliare la loro azione e dove le aziende sanitarie possono disegnare percorsi assistenziali e di cura integrati basati sulla cooperazione, sulla condivisione ed analisi dei dati”.

Le soluzioni di connected health, secondo Gigante, si inseriscono in un contesto futuro dove la tecnologia avrà inevitabilmente un ruolo di primo piano: “non è pensabile affrontare le nuove sfide con vecchie soluzioni. Servono innovazione e nuovi paradigmi assistenziali. La tecnologia è imprescindibile e l’elemento abilitante per un nuovo modello di assistenza moderno e sostenibile. Le soluzioni valide non mancano, il sistema pubblico è ricco di esperienze vincenti, ma rimangono limitate nel tempo e nello spazio. La difficoltà è portarle a sistema. Come titola un recente documento di Cittadinanza Attiva, l’Italia è il Paese dei ‘tanti atti e pochi fatti’”. L’implementazione della digital health nella cronicità, che accompagna il paziente per tutta la vita, fornisce un valido esempio del valore generato dalla tecnologia sia in termini di risparmi per il sistema sanitario nazionale che in termini di ottimizzazione del percorso di cura. “Essere un cronico richiede al sistema sanitario di prendere in carico l’individuo in un percorso gestionale multidisciplinare ed integrato con i servizi sul territorio. Le nuove tecnologie, in particolare le piattaforme applicative di collaborazione, comunicazione e di governance dei processi gestionali, sono imprescindibili per il nuovo approccio alla cronicità”. Secondo il direttore di Vree Health “partendo da un’opportuna classificazione e stratificazione del rischio cronicità, eseguita sulla base di selezionati indicatori clinici ed amministrativi, si può attuare una presa in carico globale del paziente cronico con cui garantire l’efficace ed efficiente gestione della salute tramite l’erogazione di programmi di tecnoassistenza, di aderenza a Piani assistenziali individuali (Pai) e di ‘patient empowerment’ per l’accrescimento della consapevolezza dei pazienti sulla propria situazione”. Il risultato? “Miglior controllo dell’evoluzione della malattia, riduzione dei costi sociali e risparmi per il servizio sanitario nazionale”. In generale, la connected health permette di avvicinare il paziente che rimane a casa e il medico che è in ospedale, “abbattendo la barriera della distanza fisica”, dice il direttore di Vree Health. “Il paziente cambia la sua percezione di cura: sa che anche a casa non è più solo perché il suo medico costantemente segue il suo trattamento e può intervenire precocemente. Il medico invece sa di poter avere una reale e costante fotografia di quello che accade al paziente senza aspettare la visita di follow-up”.

Le aziende farmaceutiche italiane sembrano molto attive sul tema: “Hanno capito che il loro ruolo è fondamentale per supportare l’innovazione. Alcune hanno già fatto proprio questo ruolo e si pongono come attori propositivi, altre ci stanno ancora lavorando”, dice Gigante. Un ruolo importante tanto quanto quello delle istituzioni: “le aziende possono contribuire a sperimentare, in partnership con il pubblico, nuovi modelli innovativi di connected health e il pubblico, una volta sperimentati e misurati, potrà portarli a sistema se efficaci per migliorare i percorsi di cura”. Si tratta di due mondi “generalmente visti in contrapposizione, ma anche grazie alla connected health possono e devono lavorare insieme. Vree Health, grazie alle sue competenze ed esperienza, riesce ad essere il connettore di pubblico e privato. Nella nostra esperienza, riusciamo a raccogliere le esigenze di percorsi di cura innovativi per le persone, abbiamo le competenze per crearli e la credibilità per lavorare con privati che vogliono contribuire a realizzarli per innovare. Questo ci ha portato ad avere un track record importante di esperienze vincenti e altamente innovative create dalla partnership pubblico-privato in cui noi ci siamo posti come facilitatori e realizzatori delle esperienze”.

L’impegno di Amgen

Collaborare con le istituzioni, le società scientifiche e le associazioni per definire nuovi modelli sanitari basati sulla promozione della prevenzione a beneficio dei pazienti: “grazie al digital health e alla collaborazione con società di servizi digitali, le soluzioni di Amgen creano valore per i pazienti ed il sistema sanitario”, dichiara André Dahinden, presidente e amministratore delegato di Amgen in Italia*. “L’attuale sistema sanitario è disegnato per rispondere rapidamente alla cura di patologie che colpiscono i pazienti ma non alla loro prevenzione; grazie alla rivoluzione digitale presto saremo in grado di prevenire le malattie, basandoci sul patrimonio genetico di ciascuno”, dice l’Ad. Nelle life sciences, Amgen “è sicuramente tra gli ‘early adopter’ delle nuove tecnologie, che contribuiranno a risolvere il problema della sostenibilità economica di lungo periodo dei sistemi sanitari e miglioreranno la durata e la qualità di vita dei pazienti. La pietra miliare della nostra strategia per i big data è la genetica”. Per esempio, “il recente acquisto di deCODE, global leader nell’analisi e sequenziamento del genoma umano, ci sta permettendo di sviluppare nuovi strumenti per diagnosi, prevenzione e trattamento di diverse patologie, riducendo i tempi di sviluppo e il rischio di fallimento”.

 

*Da luglio 2019 nel ruolo di Ad e presidente di Amgen Italia è subentrato Soren Giese.

Articolo di Alessandro Pulcini apparso sul numero di Fortune Italia di maggio 2019.

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