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Cig e nuovo decreto, ora basta burocrazia

C’è una sola cosa che questo governo può fare per uscire dal vicolo cieco in cui l’ha messo l’epidemia del Coronavirus. Una rivoluzione, insieme politica, economica e culturale: va aggredita e smantellata la burocrazia che fa arrancare questo Paese in condizioni normali e che rischia di soffocarlo definitivamente nell’emergenza.

 

Servono provvedimenti comprensibili e immediati, procedure ridotte all’essenziale, pochi articoli inequivocabili. La priorità assoluta deve essere quella di accorciare il tempo infinito che passa da una decisione alla sua efficacia. Vale per la cassa integrazione e per tutti i bonus e gli incentivi che vengono erogati. Vale per il sostegno alle imprese, piccole, medie o grandi che siano. Se i soldi non arrivano a destinazione, l’effetto annuncio diventa una insopportabile strategia per guadagnare tempo. E il tempo, per tanti, è già scaduto.

 

Le parole di oggi del premier Giuseppe Conte sembrano suggerire che almeno la consapevolezza del problema sia finalmente maturata. “Il governo vuole vincere la sfida della semplificazione amministrativa e della riduzione degli adempimenti burocratici. Per questo, già nel prossimo decreto legge di sostegno all’economia, introdurremo un meccanismo semplificato di erogazione della cassa integrazione in deroga, fondamentale per ampie categorie di lavoratori. Ma – più in generale – siamo al lavoro su un pacchetto di interventi coraggiosi, per ridurre i tempi di realizzazione delle opere pubbliche, soprattutto quelle infrastrutturali, e dare un taglio netto alla burocrazia”.

 

Le parole, però, non bastano più. I numeri non ammettono ulteriori discussioni. Come dimostrano quelli pubblicati sul sito dell’Inps. Le domande di Cassa integrazione in deroga determinate dalle singole regioni e inviate all’Inps per autorizzazione al pagamento, sono 305.434. Di queste, 206.904 sono state autorizzate dall’ente previdenziale e 57.833 sono state pagate, corrispondenti a una platea di 121.756 beneficiari.

 

E’ stato pagato un quinto delle domande avanzate. Troppo poco anche per parlare di ritardo. Il sistema, così, non funziona. E il continuo rimpallo di responsabilità tra governo, Inps e Regioni non fa altro che dimostrare che, ancora una volta, si è scelta una strada troppo contorta.

 

Vanno fatte correzioni immediate, già dal decreto in discussione in queste ore. E serve il coraggio di cambiare radicalmente approccio. A costo di sbagliare per eccesso di semplificazione.

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