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La paura delle tasse sui risparmi

dl rilancio conte gualtieri coronavirus

Mario è nato a Trastevere, dalle parti di Santa Maria, dove il sole arriva poco e i muri scrostati ti abituano da piccolo all’idea di andartene. Ma dalla sua Roma non se n’è mai andato. Prima del Covid faceva il cuoco in una trattoria del centro mantenendo a stento moglie e figli e ora rimbalza da un angolo all’altro del quartiere aspettando la cassa integrazione in deroga che ancora non arriva. Vuole un lavoro perché il reddito di cittadinanza non basterà.

 

Sente parlare di piani di rilancio ancora allo studio, di lotta all’evasione, di limitazione dell’uso del contante, di crediti d’imposta per l’acquisto di monopattini, tavoli da ping-pong, canne da pesca. Lo incontro di fronte all’edicola e mi chiede subito un parere perché il locale chiude e dovrà andarsene. Così ci incamminiamo lungo un viale sdentato che termina in una piazza coronata da tigli giganteschi. I bar sono chiusi, nell’aria non c’è il profumo del caffè e pare mancare anche il traffico. Comincio a parlargli del crollo. Già, perché il virus ha solo accelerato l’implosione del vulcano di sabbia sul quale siamo seduti: un sistema delicato e instabile.

 

Le moderne democrazie occidentali ci hanno promesso il diritto di avere il pieno controllo delle nostre esistenze e la libertà di autodeterminare il nostro destino. Promesse non mantenute alle quali abbiamo finito per credere. Il divario tra la “libertà da” (dai totalitarismi e dalle più varie forme di oppressione) e la “libertà di” (di professione religiosa, di associazione, di iniziativa economica) ha partorito intere generazioni di illusi. Un tarlo silenzioso e subdolo che ha modificato il carattere sociale di questa Italia segnata dal conflitto tra democrazia e cittadini, tra politica e contribuenti, tra stato sociale e promesse non mantenute.

 

Ora provano a convincerci che il concetto di reddito può essere svincolato da quello del lavoro e che l’uomo del sussidio è bastevole a sé stesso perché il mondo è cambiato e tutto il resto è noia. Scuote la testa Mario mentre ciondola in un’andatura barcollante. Tra i denti stringe un mozzicone di sigaretta con gli occhi fissi sui sanpietrini. È evidente: la nettezza dei contorni di questa crisi finanziaria, economica e sociale non lascia nulla alle sfumature.

 

Certo ce l’hanno messa tutta quelli del governo per non centrarne una, soprattutto in materia economica. Forse l’unica cosa buona degli ultimi provvedimenti sono i nomi. Il decreto liquidità, il decreto cura Italia, il decreto rilancio, inverecondie legislative che suonano come il grido strozzato di una classe politica schizofrenica. Sprovvisto del minimo senso di aderenza alla realtà, il governo prosegue lungo il solco della politica assistenziale, che seppur doverosa durante l’emergenza sanitaria, non basterà ad alimentare la ripresa del paese.

 

All’Italia, incline al risparmio, non poteva mancare l’ulteriore preoccupazione riguardo alla possibilità della tassazione dei depositi bancari. Un tesoro di circa 4.300 miliardi di euro. Un vecchio canuto seduto su una panchina mi ascolta. Bofonchia qualcosa sottovoce che è meglio non ripetere.

 

Comunque non è una bella storia quella degli studi come il mio che rispondono alle schiere di risparmiatori pronti a trasferire all’estero i risparmi già tassati. Anche il proprietario dell’albergo a quattro stelle che affaccia sulla piazza detiene i risparmi di due generazioni pari a circe due milioni di euro. Mi ha incaricato di assisterlo nel trasferire la provvista in una banca tedesca perché condivide le ansie di molti di fronte all’incertezza di una politica balbuziente e asfittica. Non ha alcuna intenzione di destinarli a ricapitalizzare l’azienda in crisi.

 

Le stime prevedono infatti un calo del PIL su base annua di circa il 10% a fronte di un aumento imprevisto del debito pubblico. Diminuirà l’avanzo primario e cresceranno gli oneri finanziari in una congiuntura che vedrà il progressivo aumento dei senza lavoro. Come se non bastasse potrebbe aggiungersi alla lista dei disastri il trasferimento massivo in banche straniere di un ingente parte dei nostri risparmi. Sappiamo che l’elevata ricchezza privata rappresenta per il nostro paese una specie di rete di sicurezza. Più del doppio del nostro debito pubblico. Un risparmio privato che non ha uguali al mondo e che attraverso agevolazioni fiscali dovrebbe essere spinto verso investimenti in titoli di stato nazionali o in azioni di società italiane. Ma occorre fidarsi del proprio debitore perché solo la crescita e la produttività sono in grado di proteggere il risparmio. È incredibile pensare ai danni che il prelievo potrebbe provocare di gran lunga superiori al corrispondente gettito.

 

Mario ha smesso di fumare e mi guarda dietro un’improbabile mascherina fatta in casa. Con voce esile pronuncia il nome della città tedesca dove si trasferirà con tutta la famiglia. Potsdam. A meno di un’ora da Berlino e con tanti ristoranti italiani. Ci salutiamo da lontano sorridendoci con gli occhi senza che riesca a dirgli una sola parola di conforto. Oggi a Roma fa un caldo maledetto.

 

Mi siedo sulla panchina accanto al vecchio sotto l’ombra del tiglio e mi viene in mente una scena del film “Forrest Gump”, con Tom Hanks attore protagonista, quando rispondendo ad una signora dice: “stupido è chi lo stupido fa”. Citazione colta della teoria dei giochi del premio Nobel John Nash (protagonista di Beautiful Mind, un altro bel film). Anche gli individui intelligenti possono agire stupidamente se sottoposti a condizionamenti psicologici o ideologici. Mi volto verso il vecchio e mi accorgo che poi non è molto più vecchio di me e penso che c’è solo una cosa peggiore del vedere il proprio paese in mano a fanatici incapaci e incompetenti: sapere che rappresentano la maggioranza.

 

Pierluigi Cirielli è commercialista, avvocato e titolare dello studio Cirielli.

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