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Arte e design, di nicchia. Il Caso Colè Italia

(LuxuryandFinance) – Una realtà che affonda le proprie radici, anche quelle personali dei fondatori Matteo De Ponti e Laura Macagno, nella importante tradizione del design italiano, e che nel tempo assume una identità definita e legata più al mondo dell’arte forse, che non a quella del disegno e della produzione industriale. Con il vantaggio di potere creare prodotti unici, che ben si collocano in una galleria, in un museo, o in case molto speciali. Colè Italia rappresenta per il mercato del design una nicchia, con tutti i vantaggi e le difficoltà del caso.

 

La sfida posta dalla globalizzazione, senza contare quella della attuale emergenza sanitaria ed economica, è un forte carico, come per ogni realtà di piccole dimensioni. Che può di contro, proprio grazie alla sua struttura snella e flessibile, sperimentare e innovare. Che, a ben guardare, è proprio il senso stesso e la fortuna del made in Italy. Dopo Le Palmarès de l’ArchiDesignClub by Muuz oggi arriva un altro riconoscimento, quello della Fondazione Altagamma che annoverà Colè tra i vincitori del Premio Giovani Imprese – Believing in the Future di Altagamma per la categoria Design. “Stiamo attraversando un momento particolare, strano, ma positivo”, commenta con Luxury&Finance Matteo De Ponti.

 

“Si sono fermati completamente i progetti di hospitality, che ci hanno permesso di crescere negli scorsi anni, ma contemporaneamente stanno crescendo esponenzialmente le richieste home. Soprattutto quelle on line. Ho la netta sensazione – chiarisce – che il modo di cercare gli oggetti di design stia radicalmente cambiando e che gli store on-line non siano più una barriera all’acquisto di beni di lusso. Ma è tutta una questione di branding. Se sei riconosciuto come operatore di qualità grazie al tuo marchio o a quello della piattaforma che ti ospita, ci sono possibilità incredibili anche oggi”. Ecco allora che “diventa sempre più importante la coerenza con cui si fa comunicazione”. Per De Ponti, “gli store troppo generalisti perdono di charme rispetto a chi si concentra sulla qualità sia realizzativa sia di contenuti. E per noi è la stessa cosa. Credo che nel nostro piccolo stia pagando questa politica di cercare sempre il meglio e soprattutto di puntare sul Made in Italy puro, senza compromessi“.

 

Ma come si è attrezzata Colè Italia per affrontare la crisi e che ‘visione’ ha del prossimo futuro? “Il mondo si sta digitalizzando e anche noi stiamo cercando di diventare più bravi n questo senso, a tutti i livelli, sia per la comunicazione sia per la vendita. Non è facile perché ci vorrebbero grandi investimenti, ma ci crediamo e lavoriamo passo a passo. Poi abbiamo deciso di lavorare sui contenuti. Abbiamo espresso tantissimo in questi anni sul prodotto e poco per valorizzarlo. E’ un difetto di chi ha respirato il Bauhaus fin da quando era in fasce e da per scontate tante cose. Ora è arrivato il momento di fare uscire l’anima che c’è in noi e nei nostri prodotti. La nostra collezione deve essere sensuale, come la terra in cui è concepita. L’Italia, è la madre di ciò che facciamo. Su questo dobbiamo puntare e credere”.

 

E intanto, aggiunge ancora, “questo riconoscimento ci conferma che siamo sulla strada giusta e ci ripaga per la fatica che, come tante piccole realtà di nicchia, stiamo facendo per emergere in uno scenario altamente competitivo. Il mio pensiero va soprattutto al mio mentore Enrico Astori, titolare di Driade, azienda della fondata dalla mia famiglia, mancato proprio quest’anno, che in tanti anni di attività insieme – sottolinea De Ponti – mi ha insegnato a inseguire e a perseguire i sogni. Oggi più che mai bisogna credere nell’Italia e in un futuro per le nuove generazioni; perché i nostri figli non abbiano tutti voglia di scappare dal Paese più bello del mondo e trovare altrove ciò che potrebbero avere qui, se solo tutto funzionasse come dovrebbe”.

 

Matteo De Ponti, vanta una precedente esperienza strategica proprio nell’azienda di famiglia (Driade) e Laura Macagno, unisce ad una formazione in business un’originale visione estetica permeata dalla sua provenienza dall’Argentina. Insieme hanno scelto la strada della ricerca espressiva, molto vicina al mondo dell’arte, e della qualità produttiva. Le collezioni, prodotte a partire dal 2011, sono il frutto di una riflessione sui mobili della memoria e di un gusto colto per la contaminazione di segni, materiali e culture. “Siamo partiti immaginando pezzi ispirati alla tradizione: tavoli, sedie, poltrone capaci di generare un immediato riconoscimento cognitivo perché ispirati agli oggetti che ognuno di noi ha sempre avuto in casa – spiegano De Ponti e Macagno – e ci siamo divertiti a reinventarli guardando all’arte, alla moda, al viaggio, con senso dell’ironia e quel particolare gusto del colore, inteso come frequenza che interagisce con la forma, che era tipico delle avanguardie degli anni Venti e Trenta”.

 

Altrettanto importante l’idea di progettare e produrre per dare forma ad una precisa idea dell’abitare. “Colé Italia è partita come ricerca di modi di vivere la casa”, evidenzia Macagno. “All’atto di immaginare le nostre collezioni ci siamo fermati e pensare e abbiamo individuato nei grandi scrittori come Margherite Duras, Ernest Hemingway o Bruce Chatwin – che fondamentalmente lavoravano nelle loro abitazioni – le persone che meglio hanno saputo esprimere quello che per noi è il senso della casa. Quindi il principio è stato partire da interni che avessero un’anima; che quando sono realmente vissuti non seguono regole, schemi e mode, ma sono parte delle persone che li abitano”. E mai come oggi, costretti nelle proprie case dal lockdown, il (nuovo) senso della casa è prorpio quello che andiamo cercando.

 

Un ruolo chiave, nella storia del brand, lo hanno avuto i designer, “giovani ma con un loro percorso”, scelti con coraggio e gusto della scoperta, da sempre gli elementi del successo del design italiano. La sedia Tria e il paravento Opto sono di Lorenz e Kaz (creativi che hanno firmato un gran numero di prodotti Colè Italia); gli elementi della serie Tapparelle e le sedute Vienna di Emmanuel Gallina; l’ironico carrello Sushi Kart, la poltroncina Colette e gli specchi Wise Mirrors di Lorenza Bozzoli; la cassettiera Aline di Hagit Pincovici e l’onirico paravento d’ispirazione pittorica Kazimir di Julia Dozsa.

 

In questi primi nove anni di vita, Colè Italia ha indagato anche il tema delle modalità espositive, spaziando da un esperimento di Gallery con vetrine condivise tra brand emergenti a diversi pop up store pensati per “entrare in contatto con le varie parti della città di Milano”, sempre affiancati ad un’attività di vendita che si svolge prevalentemente on line e attraverso grandi contract in tutto il mondo. Il pubblico di riferimento corrisponde all’immagine che il brand si è costruito nel corso del tempo. Come sottolinea Laura Macagno “è un pubblico che ama la cultura, curioso e anticonformista (che è la caratteristica di base di ogni avanguardia). Comprende per lo più persone che hanno un giudizio critico, non hanno paura e ci cercano non perché siamo affermati, ma perché siamo nuovi“.

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