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Contro i ‘transfughi’ in Parlamento

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Le cifre e i progetti del piano italiano per il Next Generation Eu, in un pacchetto complessivo di interventi da più di 221 mld, delineano le basi ricostruttive di un Paese che, tra continuità e discontinuità, tuttavia vede già da ora le premesse di un profilo nuovo dell’Italia, come già lo scorrere dei titoli, nella lettura dei singoli capitoli del piano, fa immaginare.

EPPURE, ANCORA IN TROPPO POCHI si è ragionato su un dato di fondo, ossia che tutti quei progetti – al netto di una governance ad hoc, espressamente già delineata, del Next Generation Eu – dovranno correttamente articolarsi, nel corso del tempo, dentro le ‘solite’ strutture istituzionali di un ordinamento che è stato tuttavia incapace, in oltre quarant’anni di tentativi, di darsi una qualità e un rendimento istituzionale adeguato agli standard degli altri Paesi europei; oltre che alle sfide che, appunto, l’impatto di un piano come il Next Generation Eu pone sulle sue già fragili gambe.

Nessuno ancora ha avuto il coraggio di dire, insomma, che serve tornare a riforme politico-istituzionali importanti della nostra forma di governo se vogliamo davvero che quel piano funzioni. E che funzioni bene. L’opportunità dalla quale cominciare, peraltro, ci sarebbe già, posto che, in virtù della riduzione del numero dei parlamentari, la prossima legislatura vede innanzitutto la necessità di ristrutturare i regolamenti parlamentari, alla luce, appunto, dei nuovi numeri.

Così, in attesa di una riforma costituzionale che sussuma l’intera procedura fiduciaria tra Governo e Parlamento (fiducia, sfiducia, questione di fiducia) dentro la dinamica del parlamento in seduta comune, cioè evitando doppioni, si può e si deve innanzitutto stabilizzare il grande tema della mobilità dei parlamentari da un gruppo politico a un altro: quello che, con termine brutale ma sincero, viene chiamato “i cambi di casacca”, cioè il c.d. transfughismo parlamentare, che è un elemento destabilizzante, ormai da troppo tempo come noto, del parlamentarismo italiano.

Basti pensare che, su un totale di 229 i cambi di gruppo da parte dei parlamentari dall’inizio della legislatura (143 alla Camera e 86 al Senato), nel solo primo trimestre 2021 ne sono stati registrati uno ogni trenta ore: un vero e proprio record.

Che fare dunque? Tra le tante strade a disposizione, che anche l’esperienza dei regolamenti parlamentari altrui suggerisce, la soluzione più naturale sarebbe quella adottata già dal parlamento spagnolo e assai simile a quella scelta, nella scorsa legislatura, dal Senato – che tuttavia, con una qualche acrobazia, non ha impedito l’autorizzazione alla nascita del gruppo parlamentare di Italia Viva – ossia costituire i gruppi sul requisito politico della conformità alle liste che si sono presentate alle elezioni.

Se tuttavia questo appare di non semplice realizzazione, intanto ci si può confrontare sul gruppo misto, ricca e conveniente panacea di tanti transfughi in cerca di casa, approdati lì come espressione di fragilità e di frammentazioni politiche evidenti del nostro sistema politico-partitico, non di rado innanzitutto di eletti non adeguati al ruolo.

Si potrebbe allora prevedere, in caso di crisi politica da parte di un singolo parlamentare durante la legislatura, l’introduzione della figura del parlamentare non iscritto ad alcun gruppo, come è stato già stato proposto. Si tratterebbe infatti di una possibilità che già esiste tanto nel Parlamento europeo che in quelli spagnolo e francese e che potrebbe fortemente disincentivare la grande corsa a “mettersi al caldo” del gruppo misto.

Come funzionerebbe? A inizio legislatura o si aderisce da subito al gruppo misto o non ci si può più entrare, finendo – di fronte a una pur legittima crisi politica durante la legislatura – per divenire un ‘non iscritto’: figura politica che ha naturalmente meno risorse finanziarie, agibilità politica, visibilità mediatica che hanno gli iscritti. Insomma, l’introduzione della figura del parlamentare non iscritto ad alcun gruppo consentirebbe di tornare a rafforzare la funzione politica del gruppo parlamentare, marginalizzando chi oggi, con ragioni non sempre condivisibili, ritenendo di non sentirsi più parte della sua comunità politica iniziale, ‘furbescamente’ entra nel gruppo misto, senza tuttavia pagare alcun prezzo reale.

Passa allora anche da riforme europee come queste – è bene dirselo da subito – un’attuazione di qualità del piano italiano per il Next Generation Eu, che inizia la sua strada proprio in questi giorni.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di maggio 2021. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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