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Le donne che guidano la space economy

Mentre i ‘miliardari volanti’ si prendono tutte le attenzioni, le donne stanno alimentando alcune delle innovazioni più eccitanti del settore. Ecco le stelle femminili dell’industria spaziale privata. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2021-gennaio 2022.

CANDACE JOHNSON mi mostra una foto scattata a Kourou, nella Guyana francese, il 12 dicembre 1988. È un’immagine granulosa, in bianco e nero. Ma il suo ricordo di quel giorno è cristallino: la foto è stata scattata alla vigilia del lancio del primo satellite Astra, realizzato dalla società aerospaziale europea SES, co-fondata da Johnson. Un altro imprenditore visionario, Rupert Murdoch, è stato il suo primo cliente e ha usato quel satellite inaugurale per lanciare la sua rete televisiva Sky.

La foto, condivisa con me su Zoom, raffigura due file di persone, il team che ha lavorato al lancio di Astra-1A. Alcuni sono in piedi e alcuni sono accovacciati. La maggior parte di loro indossa camicie bianche abbottonate, pantaloni color cachi e badge rettangolari. Ma Johnson è facile da individuare. Del gruppo di quasi 30 persone, è l’unica con le gambe scoperte e l’unica donna della squadra.

“Se non ci fossi stata io, nessuno di quegli uomini sarebbe stato lì”, dice l’imprenditrice, che per anni ha raccolto fondi per portare a termine l’ambizioso lancio spaziale. “Quindi al tempo non ho fatto caso al fatto di essere l’unica donna”.

Da quel giorno a Kourou, Johnson ha contribuito a mettere in orbita molti altri satelliti. Le è valso il soprannome di ‘Satellady’. Si è ritrovata a essere l’unica donna nella foto – e della stanza, e del board – altre innumerevoli volte. Alla fine quella sensazione ha iniziato a pesarle, e ha deciso di fare qualcosa al riguardo: negli ultimi tre decenni, si è dedicata non solo a innovare e investire nelle tecnologie spaziali, ma anche ad ampliare la costellazione delle donne che lavorano nel campo. “Ci aiutiamo sempre a vicenda”, afferma Johnson.

Non è una grossa novità il fatto che donne come Johnson debbano ricorrere alla creazione di propri network in un campo tradizionalmente dominato dagli uomini. Sin dai tempi dello Sputnik e di Explorer 1, le donne nell’industria spaziale hanno lavorato duramente, ma all’ombra degli uomini. Per non parlare delle donne di colore: basta guardare Hidden Figures, il film che racconta le carriere di tre matematiche nere che hanno lavorato alla Nasa durante i giorni della corsa allo Spazio. Ma qualcosa di nuovo c’è: quando Johnson era agli esordi, l’industria spaziale era minuscola. Lei stessa era una rarità non solo perché era una donna, ma anche perché era un’imprenditrice. Fino alla fine del secolo, quasi tutti i progetti che miravano al di là dell’atmosfera terrestre erano di dominio delle agenzie spaziali gestite dai governi, non delle società commerciali. Non è più così. Oggi, il denaro privato confluisce nell’innovazione spaziale alla velocità della luce.

Secondo BryceTech, una società di ricerca che segue il settore, negli ultimi due decenni sono stati investiti 36,7 mld di dollari in startup spaziali; il 72% di quella cifra è stato investito dal 2015 in poi. Questo recente aumento dei finanziamenti privati è in gran parte guidato dai fondi di venture capital, che stanno scommettendo sul fatto che lo Spazio sia letteralmente la prossima grande frontiera. Tuttavia, non sono solo gli investitori a guardare sempre più al cielo.

L’industria spaziale privata è anche tornata sotto i riflettori del grande pubblico, grazie alla teatralità ad alta quota – e alle incredibili innovazioni – di un trio di miliardari: il fondatore di Amazon Jeff Bezos, Richard Branson di Virgin Galactic ed Elon Musk di SpaceX. Questi uomini e le loro aziende stanno rimodellando il modo in cui gran parte del mondo pensa al futuro dello Spazio, e molte persone del settore affermano che questo è un vantaggio. I loro lanci spettacolari si aggiungono al fascino di lavorare in un campo del genere, e attirano più interesse da parte degli investitori.

Ma le avventure di questi ‘miliardari volanti’ stanno anche offuscando tutto il resto. Tutti e tre enfatizzano il turismo spaziale, che, sebbene entusiasmante, rappresenta solo una frazione dell’innovazione che sta riguardando il settore; il mercato del turismo rappresenta solo 1,7 mld di dollari rispetto ai 366 mld della space economy, secondo BryceTech. Inoltre, il fatto che le figure di Bezos e simili siano così ingombranti potrebbe innescare nel settore privato dello Spazio le stesse storture di quello pubblico, portando a minimizzare o trascurare i contributi essenziali delle donne.

Qual è la posta in gioco? Per cominciare, c’è un’enorme opportunità economica: Morgan Stanley prevede che l’industria spaziale globale potrebbe generare più di 1 trilione di dollari entro il 2040, più di tre volte le attuali stime annuali. E se le donne, per non parlare delle persone di etnie, razze e nazionalità diverse, non sono adeguatamente rappresentate in un settore così promettente, allora parliamo solo di un’altra industria caratterizzata dalle disuguaglianze.

Quella dello Spazio poi sembra essere molto importante: le prospettive di poter effettivamente esplorare e persino prosperare fuori dall’atmosfera terrestre sono più vicine che mai. Può sembrare futuristico, ma ciò rende ancora più importante il coinvolgimento di imprenditori di diversa estrazione. Nella ricerca della prossima frontiera per l’umanità, non dovrebbe essere rappresentata tutta l’umanità? Johnson è già al lavoro per assicurarsi che la risposta a questa domanda sia un deciso sì. È una costruttrice, come lo sono molte delle donne che ha lentamente ma inesorabilmente aggiunto nel corso degli anni alla sua ormai straripante rubrica, quindi non è molto preoccupata di essere esclusa dalle attuali strutture di potere. “Se non sei un membro del vecchio club per soli uomini, non devi farne parte per forza”, dice. In altre parole: puoi creare un club tutto tuo. Ed è esattamente ciò che stanno facendo le donne che guidano l’industria spaziale privata.

MOLTE DELLE MIE conversazioni con Johnson iniziano con lei che mi dice cosa fare. In particolare, con chi ‘devo’ parlare: un elenco che include più di due dozzine di donne, da un’imprenditrice saudita che cerca di lanciare il proprio razzo, a una britannica che utilizza i nanosatelliti per monitorare i modelli meteorologici.

La rete di Johnson non è solo estesa, ma anche globale. Lei stessa è americana, ma ha sposato un lussemburghese e ha trascorso la maggior parte della sua vita in Europa. Johnson è nata nell’industria spaziale: suo padre ha lavorato sui primi satelliti di comunicazione per il governo degli Stati Uniti negli anni ‘50 e ‘60. All’inizio, l’imprenditrice ha costruito la sua rete una donna per volta, attaccando bottone durante le varie conferenze del settore. Nel 1992, ha contribuito ad avviare un’organizzazione più formale per quelle poche donne che lavorano nello specifico campo delle telecomunicazioni satellitari (il gruppo conta ora circa 2.000 iscritte). Man mano che l’industria spaziale è cresciuta fino a includere sempre più applicazioni e sempre più aziende, Johnson ha anche iniziato a fare da mentore e a investire in imprenditrici spaziali.

Un investimento tira l’altro, e oggi Johnson trascorre gran parte del suo tempo nel suo ruolo di partner di Seraphim Capital, un’azienda con sede a Londra che si definisce leader globale negli ‘investimenti SpaceTech’. Il suo altro incarico principale è quello di vicepresidente del consiglio di amministrazione di NorthStar, una società canadese che monitora la posizione dei detriti spaziali. Anche in Seraphim, Johnson ha cercato di scovare imprenditrici. E durante la sua intera carriera, ha lavorato per creare opportunità per le sue coetanee di affermarsi e distinguersi. “C’è una regola non scritta per le donne nel settore”, dice. “Se qualcuno ti chiede di fare qualcosa, come parlare a una conferenza, e non puoi farlo, suggerisci che lo faccia un’altra donna”.

Una delle donne nella sua lista dei ‘must’ è Hélène Huby, un’imprenditrice di origine francese che vive in Germania e che ha incontrato Johnson sei anni fa a una conferenza spaziale. Le due si sono piaciute. Huby rappresenta la prossima generazione di donne nel settore, una generazione che sta espandendo gli orizzonti della tecnologia spaziale, alimentata dal boom dei finanziamenti e dalla riduzione dei costi per entrare nel business per il lancio di satelliti, capsule e umani nello Spazio. Dieci anni fa un lancio costava 20.000 dollari per chilogrammo. Oggi costa 2.000 dollari.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2021 – gennaio 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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