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Buy now pay later, il successo in Asia e il pericolo bolla

buy now pay later

Abbiamo vissuto tutti in prima persona l’impatto della pandemia sulle nostre vite, incluse le abitudini di consumo che ovviamente negli ultimi due anni si sono pesantemente spostate sull’online. Numerose le conseguenze di questa dinamica, anche sul fronte dei pagamenti. In Asia si sta registrando la crescita aggressiva di nuove modalità rateali come il BNPL, Buy Now Pay Later, in rapida affermazione tra Millennials e Gen Z, che lo preferiscono alla più tradizionale carta di credito.

Si tratta sostanzialmente di una evoluzione del credito al consumo che però, diversamente dalle versioni più tradizionali, non prevede l’applicazione di costi e tassi di interesse per il consumatore, mentre viene addebitata una fee al venditore, che in cambio registra un importante miglioramento del Key Performance Indicator (Kpi) delle transazioni e-commerce. In più attrae nuovi segmenti di consumatori, tendenzialmente quelli più giovani e più cauti nel pagare in un colpo solo per prodotti e servizi di prezzo elevato.

Se il But now pay later si è di recente imposto come un trend globale iniziato nei mercati occidentali, i tassi di sviluppo futuri più significativi sono però attesi in Asia Pacifico, dove le recenti proiezioni vedono un tasso di crescita annuo medio superiore al 20% per i prossimi 5 anni.

Il mercato è ancora molto frammentato, dato che ogni paese ha uno o più player locali come Pine Labs in India, Paidy in Giappone, Reepay in Vietnam, Atome e Hoolah a Singapore, Akulaku e Kredivo in Indonesia, Plentina e Cashalo nelle Filippine.

Le opportunità future più significative sono attese dai paesi del Sud Est Asiatico, che presentano alcuni elementi favorevoli al boom di sistemi di pagamento alternativi, quali un alto tasso di penetrazione degli smartphone, una enorme customer base giovane e molto digitalizzata, e un basso accesso al credito e ai servizi bancari, dato che solo il 30% della popolazione ha un conto corrente bancario.

C’è quindi nella regione un potenziale mercato di oltre 400 milioni di persone senza carta di credito o di debito, in gran parte propensi al mobile shopping, che giustifica il grande interesse dei players del settore e degli investitori istituzionali che continuano ad iniettare capitali nel settore.

 

La scale up da 2 mld di dollari

Una interessante case history di riferimento è costituita da Atome, ad oggi l’attore più avanti nel processo di scale up ed internazionalizzazione dato che lavora in circa una decina di mercati asiatici.

Lanciato nel 2017 in Indonesia e Cina da una casa madre originariamente specializzata nell’applicazione dell’intelligenza artificiale ai servizi finanziari in ambito B2B, Atome ha in pochi anni aperto anche Vietnam, Filippine, Singapore, Malesia, Hong Kong e Taiwan, e ha già incluso Giappone e Corea del Sud nei suoi prossimi piani di sviluppo.

Forte nel 2020 di 22 milioni di clienti registrati nel Sud Est Asiatico, di cui oltre 5 attivi, e di 15 milioni di transazioni, Atome ha chiuso un round di finanziamento da 400 milioni di dollari cui hanno partecipato SoftBank, colosso giapponese delle TLC, e fondi di investimento globali, ed è stata valutata 2 mld di dollari.

Il meccanismo è semplice: nel momento dell’acquisto il cliente paga solo un terzo della somma mentre i rimanenti due terzi saranno progressivamente addebitati nei due mesi successivi senza alcun interesse.

Il customer journey è veloce e pulito e parla la lingua della target audience, la Gen Z digitalizzata asiatica: registrazione in pochi minuti, valutazione e approvazione del credito istantanea e fluida, processi di checkout immediati e user friendly, basati su QR code o integrazione coi terminali POS.

Inevitabile il risultato finale sulle dinamiche di shopping del consumatore finale, in prevalenza femminile, tra i 18 ed i 35 anni, che viene incentivato a spendere e comprare di più, grazie anche alla mancanza di barriere all’uso del servizio la cui transazione minima è sui 2 euro, il costo di un caffè, e il cui tetto mensile di spesa si aggira sui 1000 euro. Fashion, Beauty e Consumer Eletronics sono in genere le categorie più importanti.

Il retailer, a sua volta, accetta la riduzione dei propri margini scommettendo sull’aumento del ticket medio e del tasso di conversione, punta ad accedere a una customer demographics più ampia e più giovane, riceve in 3 giorni l’importo totale dell’acquisto, al netto di una fee tra il 4% ed il 5%, e semplifica i propri processi lavorando con lo stesso partner in più mercati geografici.

Due sono le aree chiave su cui si gioca il successo del servizio e la sua sostenibilità.

In primo luogo la gestione del cash flow, dato che Atome si assume tutto il rischio di eventuali insoluti da parte dei consumatori e quindi ha bisogno di una grande liquidità per anticipare i pagamenti.

In seconda battuta il ricorso a intelligenza artificiale e data analytics (che è il core business originario della casa madre) per implementare strategie di marketing in grado di generare vendite addizionali e miglioramento dei Kpi dell’ecommerce del retailer cliente, quali l’ordine medio, il tasso di conversione ed il tasso di ritorno dei consumatori.

Proprio il ruolo chiave del marketing mostra come, da un altro punto di vista, Atome e più in generale il BNPL sembrino svolgere un servizio omnichannel di lead e traffic generation travestito da finanziamento di breve al consumo.

Tutto nella app lavora per re-indirizzare lo shopper sul sito ecommerce del retailer più potenziale, dai banner e dai consigli customizzati sulle abitudini di consumo individuali fino ai meccanismi aggressivi di sconto, promozione, deal esclusivi e sistemi di voucher, concordati con il retailer ma il cui costo è a carico di Atome.

Il Bnpl e il pericolo bolla

Tutto bene, ma non benissimo. Se da un lato è chiara la forza del trend BNPL a livello globale e soprattutto in Asia, dall’altra ci sono dei punti di domanda sulla sostenibilità del modello di business nel lungo termine e non si deve dimenticare che il servizio, non essendo considerato un vero e proprio prodotto finanziario, al momento non è regolato e non applica un processo formale e obbligatorio di assessment creditizio, pur rivolgendosi a un segmento di consumatori delicato, composto da giovani che possono essere privi della necessaria consapevolezza e solidità finanziaria.

A ciò si aggiunga che, partito da acquisti anche molto ridotti e spesso fatti d’impulso, in alcuni paesi questo meccanismo rateale si sta applicando anche a importi più sostanziosi e a merceologie più importanti.

Segnali di allarme arrivano dall’Australia, uno dei primi paesi ad abbracciare la febbre del Buy Now Pay Later e in cui il business era già esploso pre-pandemia, quasi raddoppiando le proprie dimensioni tra 2018 e 2019.

Secondo l’ASIC, Australian Securities & Investment Commission, circa 2 milioni di acquirenti, il 20% degli utenti di BNPL, nel 2020 non hanno rispettato i piani di pagamento, soffrendo nel ripianare i debiti contratti online per combattere la noia del lockdown, e il 55% degli utenti ha almeno 2 contratti BNPL attivi nello stesso momento, il che genera ulteriori preoccupazioni.

Le aziende leader del settore si impegnano nell’educare i loro clienti all’acquisto responsabile, evidenziano il magico potere dell’intelligenza artificiale nel ridurre il rischio creditizio e si impegnano a sviluppare un codice di comportamento condiviso, ma alla fine, come chiosa l’analisi di ASIC, le politica e la regolamentzione del BNPL resta una faccenda per il Governo e il Parlamento.

In un contesto in cui molti shoppers sembrano non considerare il BNPL come una forma di indebitamento e rischiano di non poter rimborsare finanziamento e penalties dovute al ritardo, e in cui i Fondi forniscono la liquidità necessaria per anticipare i pagamenti, il timore di una bolla non è così ingiustificato.

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