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Se le riunioni non bastano: il caso delle assicurazioni

riunione smart working imprese

Per molte compagnie di assicurazioni far condividere ai leader un’unica agenda strategica e organizzativa, a volte, è una dura lotta. Anche prima di COVID-19 era complicato ottenere un completo allineamento fra i diversi responsabili aziendali, e ora che le aziende vengono gestite per lo più da remoto il tutto più difficile. Essendo le compagnie impegnate a passare da una cultura gerarchica a silos a una partecipativa, dove “siamo tutti qui, in questo momento insieme”, spesso tutto ciò rimane una mera illusione.

Tante volte mi è successo di assistere sia come organizzatore che come partecipante a riunioni in cui si chiede; “Avete compreso? Dubbi? Siamo tutti allineati?”. Tutti in genere annuiscono.

Ogni volta però mi chiedo se questo gesto sia sincero o semplicemente dovuto. Questo poiché il più delle volte, le azioni che le persone intraprendono non corrispondono alla direzione su cui hanno precedentemente concordato.

Una domanda migliore sarebbe: “Siamo tutti pronti a remare nella stessa direzione?”. Cioè, siamo, come leader aziendali, pronti in questo momento a portare avanti con i nostri team le decisioni necessarie per mettere in atto la strategia condivisa? In un’epoca di cambiamenti esponenziali, garantire l’unità nell’azione – ciò che spesso chiamiamo “attivazione” della leadership – è una sfida complicata per le compagnie assicurative.

Perché la mancanza di coesione?

In diverse occasioni ho potuto constatare che i leader possono generalmente concordare una direzione generale e una serie di priorità per la loro organizzazione.

Possono recitare la visione, la strategia organizzativa e le metriche chiave, a piacimento. Ma poi se chiedi ai leader due o tre livelli al di sotto della C-suite, in che modo il loro dipartimento sta contribuendo agli obiettivi di performance dell’azienda, la maggior parte non sa dare una risposta chiara. Se i middle manager non sono sulla stessa lunghezza d’onda l’uno con l’altro e con i leader senior fin dall’inizio, come ci si può aspettare che agiscano in modo coeso di fronte al rapido cambiamento e alle sfide senza precedenti che si presentano?

Riflettendo sulla mia esperienza personale ho provato a razionalizzare le ragioni principali per cui si genera questo disallineamento operativo, cercando di dare semplici suggerimenti. Cercare di unificare e allineare il comportamento dei manager è spesso un esercizio “intermittente”. Si cerca di allineare il pensiero e non spronare l’azione coerente con il pensiero. Spesso, i dirigenti senior prendono scorciatoie. È più facile comunicare con i rapporti diretti, mandare tonnellate di e-mail che sedersi con queste persone per ottenere il consenso sulle priorità chiave.

Diverse volte mi è capitato che i partecipanti al comitato esecutivo escano dalla riunione con diverse opinioni su quanto discusso e che tale diversità non venga palesata, con la conseguenza che il successivo messaggio ai rispettivi team è incoerente e confuso. Così, il più delle volte, i manager optano per il non agire perché “così non si sbaglia”. La cultura dell’errore, almeno in Italia, non esiste: agire potrebbe metterli nei guai ed è più sicuro non fare nulla. (Un tale atteggiamento è, ovviamente, contrario a ciò che ci si aspetta dai leader). Oltre a ostacolare il progresso della compagnia, la riluttanza ad agire può in definitiva impedire l’avanzamento di carriera delle persone e minare gli sforzi di sviluppo della leadership in azienda.

Non esistono formule magiche o particolari azioni per garantire e sostenere l’allineamento fra i diversi key people. Le dimensioni e la complessità delle grandi organizzazioni ostacolano il flusso di informazioni e l’accesso alle stesse ai diversi livelli di struttura organizzativa.

Senza una comunicazione bottom-up spesso chi ha più alte responsabilità perde le intuizioni dei middle manager che hanno una visione in prima linea, che si tratti di feedback sull’insoddisfazione dei clienti, di una nuova promettente idea di prodotto o di una nuova prospettiva sulla strategia go-to-market del business. Senza poi una interazione cross-funzionale, per esempio, fra assunzione e gestione sinistri, fra sviluppo prodotti e finanza fra marketing e controllo di gestione, è probabile che i manager perseguano il miglior risultato per il proprio team a scapito del “bene superiore”.

In che modo si possono superare questi ostacoli, ispirare l’unità di intenti e spingere i leader ad un’azione coordinata?

Beh, prima di tutto bisogna assicurarsi che ogni persona chiave comprenda come contribuire agli obiettivi aziendali più ampi. I manager al di sotto del team executive senior, spesso non sanno come tradurre tali obiettivi nella loro area di responsabilità.

Ad esempio, “cosa devo fare per contribuire al rendimento del capitale?”. Quando c’è poca chiarezza su ciò che gli obiettivi generali significano per la propria area di responsabilità, si corre il rischio che i manager si concentrino selettivamente sulle questioni funzionali di loro competenza piuttosto che sui risultati aziendali più ampi. L’ambiguità si rafforza, minando in ultima analisi l’efficacia dei leader nell’affrontare le priorità più grandi.

Per combattere questa tendenza e creare unità tra le diverse funzioni organizzative, i leader dovrebbero perseguire risultati di business condivisi oltre a quelli individuali, adottando metriche trasparenti per la loro area individuale (e possibilmente per l’impresa più ampia). Gli obiettivi e le metriche sugli obiettivi complessivi della compagnia, se utilizzati correttamente, possono essere efficaci in questo senso.

Ad esempio, la funzione commerciale invece di avere solo metriche di efficacia sulle vendite, dovrebbe avere obiettivi di redditività e di soddisfazione del cliente sulla gamma di prodotti a catalogo.

La funzione sinistri dovrebbe avere obiettivi sulla soddisfazione del cliente per il servizio ricevuto e obiettivi comuni con la funzione di sviluppo prodotti in termini di redditività.

Altro tema fondamentale per le compagnie assicurative che si trovano ad affrontare sfide di trasformazione come mai prima, è quello di dar voce alle funzioni organizzative che sono più vicine al cliente, persone che di solito sono lontane dal vertice. Sempre più spesso, alcune delle migliori intuizioni e di idee innovative provengono da persone “più in basso” nell’organizzazione. Senza un modo per far fluire le buone idee verso l’alto o attraverso i “silos” che ancora contraddistinguono le strutture organizzative delle compagnie, le aziende possono finire per inciampare su ostacoli altrimenti prevedibili e perdere idee innovative. Al contrario, quando si riesce a costruire meccanismi di condivisione dal basso verso l’alto, le persone si sentono autorizzate ad offrire le loro opinioni sulle decisioni che vengono prese dal vertice aziendale e quindi fornire il loro fattivo contributo, in questo modo si alimenta e quindi la motivazione alla azione.

Nel contesto odierno in profonda trasformazione ed animato da processi di cambiamento che sono sottoposti ad una accelerazione senza precedenti, il mancato coinvolgimento delle persone  a contatto con il cliente ed in generale di coloro che lavorando in funzioni chiave non sono mai state coinvolte in processi decisionali, porta il comitato esecutivo e in generale il consiglio di amministrazione ad operare in una sorta di camera blindata, in cui l’unico rumore è l’eco delle voci di pochi e quindi isolata dagli sviluppi del mercato quali per esempio le evoluzioni delle preferenze dei clienti, gli sviluppi della tecnologia e dei percorsi innovativi.

Perché non far partecipare il responsabile vendite alle riunioni di marketing per delineare l’evoluzione dell’offerta assicurativa?  In tal modo può da un lato comprendere i razionali che stanno alla base dell’evoluzione del catalogo, e parallelamente può dare feedback provenienti dai diversi canali distributivi (agenti, banche, partner…).

Altro processo che ho visto funzionare egregiamente è quello di organizzare meeting incrociati fra agenzie-filiali performanti su determinate tipologie di prodotti con quelle più performanti su altre tipologie (es prodotti salute vs prodotti casa; prodotti previdenziali vs prodotti di protezione vita), in tal modo si crea una “contaminazione” positiva che porta notevoli vantaggi a tutti gli stakeholder.

Sono, inoltre, dell’idea di condividere le informazioni non propriamente positive, questo processo permetterebbe di promuovere un dialogo aperto ed inoltre la condivisione ha una serie di effetti salutari oltre agli ovvi benefici legati alla trasparenza. Infatti, può suscitare empatia e supporto, abbattere le barriere ed espandere il pool di contributori alla risoluzione dei problemi. L’energia altrimenti spesa per nascondersi, non “metterci la faccia”, può essere incanalata ad un uso più costruttivo. Il risultato netto non è solo l’allineamento top-down, bottom-up, ma un allineamento orizzontale più forte.

Invece di chiedere ai membri del comitato esecutivo di riassumere come stanno andando i vari progetti nonché in generale il business (che di solito produce solo report positivi), un Ceo dovrebbe concentrare la conversazione su “cosa ti tiene sveglio la notte?”.

Alle riunioni del comitato esecutivo si dovrebbe chiedere ai partecipanti di condividere le loro più grandi sfide.

Questo approccio incoraggia i leader a porre la stessa domanda ai loro rapporti diretti e ai loro colleghi. Di conseguenza, le persone si sentono responsabilizzate a sollevare anche le loro preoccupazioni e quindi i problemi o le minacce emergono prima, e prima possono essere risolti.

La partecipazione a riunioni di leadership limitata alle prime linee di riporto del Ceo priva l’azienda di informazioni importanti e di nuovi pensieri che possono aiutare i leader a essere più efficaci.

Una maggiore agilità, meno burocrazia e un processo decisionale più “distribuito” possono avvenire solo quando coloro che sono al vertice sono estremamente determinati nei loro sforzi per unificare pensieri e intenti dei leader aziendali e spronarli all’azione.

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