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Il Nuovo ordine mondiale è nato a San Pietroburgo

nuovo ordine mondiale

Per un ricco cittadino inglese il 1913 fu un anno stupendo. Parafrasando  Keynes, la guerra in Crimea (quando si dice la coincidenza) si era conclusa con il fortuito crollo dell’impero ottomano e il suo “dilaniamento finanziario” da parte del principale creditore, il commonwealth britannico.

La sterlina era la moneta mondiale, accettata ovunque (come oggi il dollaro). Il telegrafo connetteva tutto il mondo; i suoi cavi erano roventi per gli ordini di beni e servizi, ottenuti da tutto l’impero britannico e i suoi partner commerciali (dal tabacco turco alle ceramiche cinesi).

Gli accordi di libero scambio erano pari, se non superiori, a quelli di oggi, e fortemente a favore degli interessi inglesi. La marina e l’esercito di sua maestà mantenevano l’ordine facendo inginocchiare gli stati non democratici, o chiudendone i civili in campi di concentramento (come accaduto nella guerra boera o le carestie indiane). L’impero russo, dopo la Crimea, continuava azzoppato la sua guerra fredda in Centro Asia, ma la sua espansione era stata contenuta.

Poi accadde l’impensabile (per il comune cittadino dell’impero). Nel 1914 un patriota serbo insoddisfatto stato socio-economico della sua nazione (oppure un “terrorista”, dipende a chi lo chiedete), sparò ad un regnante austriaco. Il commercio libero collassò. Vecchie tensioni, tizzoni ardenti coperti dalle cenere di vecchi conflitti, divamparono come una fenice. In pochi mesi il mondo sperimentò le gioie del gas d’Iprite, dei mitragliatori pesanti, dei Mark IV che passavano sopra le trincee (e chi ci stava dentro).

La pace del 1918, criticata da Keynes nella sua opera “Le conseguenze economiche della Pace”, preparò il mondo alla crisi del ‘29 (frutto di un decennio di sforzata economia consumistica e indebitamento folle degli americani, a sfavore del resto del mondo). Dal ‘29 si svilupparono governi nazionalisti e poco democratici. Il resto è storia moderna.

Alla fine della 2° guerra mondiale il Commonwealth si avviava al declino. Le grandi colonie si distaccavano dopo sofferenze atroci, come i 3 milioni di morti indiani causati da una carestia creata dai britannici. Le piccole colonie invece vennero abilmente trasformate in trogoli per riciclare denaro sporco. La sterlina divenne una moneta secondaria. L’inglese medio si ritrovò con le ceneri dell’Impero, con cui scaldarsi l’anima delle fredde notti invernali tra razionamenti e ricostruzioni post-belliche.

Se qualcuno vuole percepire vividamente quegli anni suggerisco la fortunata serie Downton Abbey: riesce a cogliere in pieno quel periodo crepuscolare di passaggio. L’impero Americano di oggi (usando il concetto di totalitarismo invertito di Wolin) subirà il destino del Commonwealth? Partiamo da San Pietroburgo e cerchiamo di scoprire il Nuovo Ordine Mondiale (non quello dei microchip sotto pelle, ma quello vero di soldi, potere e real politik).

Il mondo nuovo si discute a San Pietroburgo o Davos?

Davos è una amabile cittadina sciistica svizzera. Qui da decenni ha luogo il Meeting di Davos, organizzato dal “World Economic Forum”: un evento private dove si possono fare buoni affari. In questo caleidoscopio di umanità si trova di tutto: politici, un po’ di vip sociali (cantanti, attori etc..), un cospicuo nugolo di media pro-occidente, rappresentanti del 3° mondo (dall’Africa al Latino America) e ovviamente tutte le maggiori aziende private del mondo. A Davos, di solito, si discute come sarà il mondo del futuro: dal Grande Reset, dove nessuno possederà più alcun bene fisico, alle conferenze del 2019 su come essere pronti a potenziali pandemie. Qui, secondo molti media occidentali, si decidono le sorti di tutto il mondo.

Poi esiste lo Spief. Nato a San Pietroburgo, la più europea delle città russe, costruita praticamente dagli italiani. Il San Petersburg International Economic Forum” (Spief in breve) è spesso conosciuto come “l’Anti-Davos”: dove le nazioni fuori dal club dei G8 si ritrovano, fan affari. Quest’anno, tanto per confermare quanto sia politicamente scorretto questo evento, tra gli ospiti illustri c’erano anche i talebani. Il loro governo è succeduto al governo americano nella gestione dell’Afghanistan.

I talebani sono in cerca di partner per sviluppare le loro immense risorse naturali. Di solito sono presenti anche aziende italiane; quest’anno con l’aria che tira, le poche aziende italiane si nascondevano da foto e media.

Perchè lo Spief di quest’anno è importante? Perché l’ospite di casa, il presidente Putin, ha detto che il mondo a guida occidentale è finito. Per farvi un’opinione non filtrata suggerisco la lettura dell’intero discorso qui. Tuttavia c’è un passaggio, nel discorso del russo, che merita un approfondimento.

Durante il Covid, ha spiegato il russo, l’Occidente ha stampato moneta come se non ci fosse un domani. Il riferimento principale ovviamente agli Usa che, tra Biden e Trump, han riversato 5 trilioni di dollari nell’economia mondiale. Questo tsunami di carta stampata, generata dal nulla, ha creato un’inflazione mostruosa. L’inflazione è stata aggravata dall’assedio economico alla Russia, a seguito della crisi ucraina.

Questi due fattori sono stati esacerbati ulteriormente dalla la finanza mondiale, a guida occidentale, che ha fatto schizzare in orbita i prezzi di ogni bene o servizio. Putin ha snocciolato numeri e dati spiegando che “negli ultimi 2 anni gli Usa han immesso nel sistema mondiale il 38% in più di dollari, un ammontare che di solito avrebbe richiesto anni per essere emesso. In Europa l’iniezione di euro nel sistema mondiale ammonta al 20%.”

La Spief di cui si è parlato poco

Solo il discorso di Putin ha guadagnato le prime pagine di tutti i media occidentali. Tuttavia la cornucopia di eventi che han avuto luogo in questi giorni a San Pietroburgo avrebbero meritato le prime pagine dei nostri media. I temi principali han riguardato l’integrazione euroasiatica come le sinergie economiche tra i membri Shanghai Cooperation Organization (SCO); le partnership strategiche Russia-Cina (ne parliamo tra poco), il futuro dei BRICS e le prospettive di crescita della finanza russa nei prossimi anni. Tra le discussioni trasversali alla maggioranza dei tavoli c’era la crescente interazione tra l’Eurasia Economic Union (EAEU) e l’ASEAN.

Il tema è molto caro ai cinesi che sono grandi fautori della integrazione “sud-sud”. Il concetto di “vero multilateralismo”, espresso dal presidente Xi Jinping, è uno degli elementi di cui la Cina va più fiera. Xi, pur riconoscendo l’importanza del mondo occidentale, ha spiegato la strategia cinese dei tre anelli: il primo anello è l’area geografica che circonda la terra del dragone. La seconda include gli altri paesi del sud del mondo (Africa, Latam, Russia etc..), il terzo anello riguarda gli stati occidentali. A questi temi già caldi si aggiungono quelli di un nuovo “G8”, parallelo a quello occidentale. Questo “G8” dovrebbe includere i 4 paesi che compongono i BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) a cui si aggiungono Iran, Indonesia, Turchia e Messico.

Nuovi e vecchi corridoi strategici

Trovo necessario un approfondimento speciale sui corridoi che saranno implementati dalla collaborazione strategica Russia-Cina. Prima di tutto il corridoio costruito tra Russia, Iran e India. È un progetto nuovo ma non per questo meno ambizioso del BRI cinese. Anzi, per correttezza, ne è un perfetto elemento sinergico.

L’International North South Transportation Corridor (INTSC) collegherà la Russia al golfo persico tramite il mar Caspio e l’Iran. Il corridoio non ha solo un grande valore logistico ma rappresenta una alternativa “sicura”, via paesi non occidentali, alle rotte navali classiche che dall’Asia arrivano in Europa via Suez. Non si dimentichi anche il corridoio navale conosciuto come Northern Sea Route dalla Russia al mare di Barents. Un altro corridoio discusso nei dettagli tra Cina, India e Russia durante lo Spief. Se i corridoi logistici sono vitali non meno importanti sono state le discussioni in merito ai corridoi energetici: dal Nord Stream 2 (e lobbisti ucraini a Washington), al BTC, dal South Stream Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (TAPI) e l’Iran-Pakistan-India (IPI).

Il russo ha ragione?

Al netto dello Spief resta da comprendere se le affermazioni di Putin, in merito alla “fine dell’ordine occidentale” siano corrette o, quanto meno, abbiano delle basi solide. In questo senso dobbiamo rivolgerci ad altri pensatori occidentali, tutt’altro che “filo putiniani”. Le economie occidentali stanno affrontando una crisi sistemica causata da differenti fattori. Prima di tutto il debito americano, amplificato dai 5 trilioni di dollari degli ultimi due anni. Ricordiamoci che i dollari sono da decenni la valuta accettata per ogni tipo di servizio o prodotto, specie le materie prime. In dollari si è pagato per decenni i prodotti economici made in Cina e l’energia a buon prezzo dalla repubblica russa e dalle monarchie medio-orientali.

La recente scelta della Fed e dalla banca europea di alzare i tassi d’interessi sarà un macigno che peserà sulla ripresa post crisi ucraina. In particolare la Fed rischia di innescare una guerra dei tassi, essendo il dollaro più “costoso”, rischiamo di pagare le materie prime, se prezzate in dollari, ancor di più di quello che facciamo oggi. Il mondo della finanza occidentale è finito? Diciamo che ha dei seri problemi a dirlo è Ray Dalio, quando parla nel suo recente libro, di cicli storici e cambiamenti macro economici. Di fatto una riscrittura dell’ordine mondiale. Anche Charles A. Kupchan del Council Foreign Relation, dalle pagine dell’Atlantic, sostiene la stessa posizione. Una posizione egualmente realistica sulla Russia, con un focus sull’attuale crisi ucraina, proviene anche da Henry Kissinger, uno dei “grandi vecchi” della geopolitica occidentale. In una recente intervista al Financial Times ha spiegato che i tempi sono cambiati e molte dinamiche devono essere riviste. Da tenere presente che ne Dalio, Kupchan o Kissinger sono filo putiniani. Sono tuttavia tre soggetti che, in modi differenti, si occupano di finanza o geopolitica, focalizzandosi su scenari proiettati su decenni.

Se, ed è un grande “se”, i Bric dovessero allargarsi a divenire un “G8” alternativo, includendo nei loro accordi lo scambio di beni e servizi prezzati in valute differenti dal dollaro, l’equilibrio di forze finanziarie potrebbe avere un serio sconvolgimento. Ovviamente questo scenario lascerebbe l’Europa, e noi italiani, scoperti: da un lato vicini al nostro storico fornitore di materie prime a buon prezzo, dall’altro “gentilmente invitati” a rifornirci da altri stati più democratici e politicamente corretti (come il Qatar, e altre monarchie medio orientali), ma anche più costosi

Presto o tardi la crisi ucraina avrà fine. Mentre è probabile, stante l’attuale politica estera americana, che non avrà fine l’assedio economico finanziario alla Russia. In questo scenario si rischia che la Russia, spinta dalle scelte occidentali, si rivolga a un nuovo “G8” e divenga parte di un nuovo ordine mondiale, di cui noi europei saremo la periferia.

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