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Violenza sulle donne, la criminologa: non dimentichiamo gli orfani di femminicidio

È il rosso il colore simbolo di questa giornata. E di rosso sono illuminati i palazzi della Politica per ricordare le donne vittime di femminicidio in Italia. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dall’assemblea generale delle Nazioni unite, in Italia ci fa ricordare che quest’anno, sono già 104 i femminicidi commessi in Italia.

Il 54% delle donne è caduta per mano del partner, il 12,7% è stata vittima dell’ex. Un fenomeno che, almeno nei numeri, sembra in calo rispetto allo scorso anno, quando si contavano 109 vittime. Ma il dato resta alto e preoccupante. Fortune Italia ne ha parlato con la criminologa Antonella Formicola, che ha voluto subito inquadrare il tema. “È giusto concentrarci sui numeri delle vittime, ma il fenomeno è molto più esteso, perché comincia già con la violenza psicologica, economica, con le mortificazioni, per poi culminare, in alcuni casi, nell’omicidio. Quindi – spiega Formicola – dobbiamo considerare le statistiche dei centri antiviolenza, perché anche questi sono numeri che raccontano di un problema in crescita, quello di chi subisce le violenze. Non dobbiamo limitarci a guardare solo l’evento tragico”.

Antonella Formicola, criminologa
Antonella Formicola, criminologa

Sono ben 19.600 le donne che hanno chiesto aiuto nel 2021, secondo quanto riportato dall’Istat, che calcola al 70% la percentuale delle vittime di abusi domestici che scelgono di rivolgersi ai centri antiviolenza per porre fine a situazioni familiari non più sostenibili. Il 30% sono di nazionalità straniera. “La parola chiave è denunciare, ma bisogna poi dare alle donne la prospettiva di poter cominciare una nuova vita – commenta la criminologa napoletana – dobbiamo intervenire concretamente, creare reti di aiuto sul territorio, la donna deve sapere che, in qualunque momento dovesse decidere di liberarsi, ha la possibilità di ricominciare”.

Sempre l’Istat, nel rapporto ‘I percorsi delle donne per uscire dalla violenza tra difficoltà e risorse’, racconta di un 19.1% di donne che cerca aiuto in fase di emergenza, mentre il 30% si è rivolta alle forze dell’ordine prima di recarsi presso un centro antiviolenza, anche se il 10% ha ritirato la denuncia durante l’iter giudiziario. La Formicola, su questo punto, ha una visione molto chiara. “Bisogna insistere con pene più certe. A livello legislativo, ad esempio, il Codice Rosso è stato utile, ma non è una soluzione definitiva. Dal Senato arriva oggi l’ok alla bicamerale contro i femminicidi, mi auguro che possa fornire delle soluzioni concrete e soprattutto fondi da utilizzare per sostenere il percorso delle donne che scelgono di ricominciare a vivere, denunciando situazioni di complessità e violenza domestica e quotidiana”.

Il Codice Rosso fu definito ‘legge salvavita’ quando fu emanato nel 2019. Prevedeva di comunicare al magistrato le notizie di reato, di maltrattamenti, violenze sessuali, atti persecutori e lesioni aggravate avvenute in famiglia o fra conviventi. La norma prevedeva anche che la vittima dovesse essere risentita dal Pm entro 3 giorni dalla notizia di reato, ma da allora la norma risulta essere stata scarsamente applicata.

Servono quindi i fondi per poter rendere operativa una norma che, se applicata, potrebbe già dare un importante contributo per affrontare concretamente il problema. Proprio la questione dei finanziamenti è un altro dei punti delicati da sottolineare, secondo la criminologa Formicola. “Molte donne non hanno i mezzi per essere autonome, bisogna investire anche in questo, creare centri di avviamento al lavoro, corsi di formazione gratuiti.

Tempo fa, prima della pandemia, partecipai a un progetto di reinserimento di donne vittime di violenza, un progetto che ha fornito loro un attestato ed un lavoro. Se la donna lavora sa che c’è una possibilità di essere autonoma, di ricominciare, magari trasferirsi in un’altra città. Una donna che sa di poter contare sullo Stato che la tutela è sicuramente più decisa a denunciare, mentre è più reticente se deve rischiare, perché la denuncia può rivelarsi un’arma a doppio taglio, può incattivire e scatenare una reazione tragica nell’uomo”.

E’ quindi dirimente il tema della violenza domestica, ma va sottolineato come, nel centro Italia, nell’ultimo anno oltre una vittima su quattro sia stata uccisa nell’ambito della criminalità comune, come avvenuto a Roma qualche giorno fa, con le tre prostitute nel quartiere Prati. “In realtà sono dinamiche differenti – ci fa notare Formicola – anche se ad agire è sempre quella forma di maschilismo aberrante, che vuole l’uomo prevaricatore rispetto alla donna, che la considera un oggetto e poi la uccide. I fatti di Roma hanno sfumature differenti, rispetto al femminicidio che riguarda le dinamiche di coppia. Questa è una situazione di criminalità comune, di cui dovremmo conoscere meglio i fatti, ma per certo nasce comunque dal voler vedere la donna come un oggetto”.

L’uomo andrebbe quindi letto anch’esso come figura fragile, incapace di accettare un rifiuto, di gestire le proprie emozioni, di far fronte ad una vita che cambia e si evolve, non sempre secondo la propria volontà? Per Formicola “di sicuro sarebbe utile istituire sportelli di ascolto anche per uomini maltrattanti, per dare anche a loro la possibilità di avere figure competenti a cui confidare il proprio dolore, la propria rabbia, l’eventuale senso di impotenza. È importante attenzionare l’uomo, perché spesso nel momento in cui viene aiutato, sostenuto, può ravvedersi. Questa potrebbe essere un’altra prospettiva per guardare al problema della violenza, ovvero quello di agire anche sulle ragioni che possono spingere l’uomo ad atti violenti e talvolta incontrollati”.

Un disagio psicologico imperante, quindi, di cui forse non si tiene molto conto. La Pandemia poi rischia di aver acutizzato una situazione già complessa, ci siamo ripresi da quel periodo, o scontiamo la coda lunga delle conseguenze psicologiche? Secondo Formicola “quello della Pandemia è stato un periodo terribile, in cui le donne vittime di violenza sono state costrette ad una convivenza forzata, e gli strascichi ci sono, anche se molte hanno avuto occasione di denunciare. Parlo della famiglia disfunzionale, tante donne si stanno portando ancora dietro queste problematiche, devono trovare la forza di reagire”. Fra gli aspetti poco considerati del problema ce n’è un altro su cui Antonella Formicola ci invita a riflettere: “la violenza è trasversale”.

Spesso si pensa che sia relegata alle classi sociali più basse, ma non è così. “Anche nei ceti più elevati ci sono problematiche legate alla violenza, forse lì si tende a nasconderla per via del ruolo sociale, la donna si fa carico di tutelare l’immagine del marito, della famiglia, è attenta alla condizione dei figli, ma basta guardare le presenze nei centri anti violenza per capire quante siano, poi, anche le situazioni di violenza che si consumano anche nelle fasce sociali più alte”.

Ultima considerazione sulle vittime ‘collaterali’ del femminicidio, ovvero gli orfani. “Questi orfani speciali sono già oggetto di una serie di contributi statali, regionali, che vengono erogati ai familiari che se ne prendono cura, o alle eventuali famiglie affidatarie. Ma la tutela di questi bambini dovrebbe essere presa in carico  dallo Stato almeno fino al 18mo anno di età”. Molti orfani di femminicidio vengono affidati ai familiari, ma ci sono casi in cui non ci sono parenti, ed i bambini vengono dati in carico alle case famiglia.

“Bisogna avere più sensibilità per questi bambini, che domani dovranno affrontare il taboo di un padre assassino che ha ucciso la propria madre, un passato molto pesante” ci invita a riflettere Formicola, e conclude “Ci sono dei rimedi per i figli delle vittime, ci sono dei fondi, una serie di centri che se ne prendono carico, anche al livello psicologico, ma dovrebbe essere qualcosa di più continuativo, questi bambini sono, di fatto,  figli dello Stato”.

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