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Caro energia e inflazione, il report di Confesercenti: sparite dal mercato 45 mila e 500 imprese

Patrizia De Luise Presidente Confesercenti fortune italia

La pandemia come spartiacque dell’economia delle piccole e medie imprese. È il quadro che emerge dal report annuale 2022 del commercio al dettaglio di Confesercenti, che Fortune Italia ha potuto visionare in anteprima. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina con il conseguente rincaro dell’elettricità e del gas. Quest’anno le Pmi hanno dovuto rifare i conti, nel vero senso della parola: consumi ridotti, rincari delle bollette per il caro energia, tutti fattori che hanno compresso i guadagni e costretto moltissime imprese a chiudere i battenti.

“Continua la contrazione delle attività legate al commercio – dice a Fortune Italia Patrizia De Luise, Presidente Nazionale di Confesercenti (nella foto in evidenza) –. Nel terzo trimestre 2022 le imprese attive sono 1 milione e 320 mila, erano 1 milione 368 mila nel 2019 (commercio, ndr). Sono sparite dal mercato ben 45 mila e 500 imprese, di queste il 68% sono del commercio al dettaglio (quasi 31 mila imprese in meno con una variazione del -4%)”. Covid e guerra energetica “hanno pesato tantissimo sulle imprese, soprattutto quelle più piccole: bar, negozi, ristoranti, piccole attività dei nostri quartieri, che servono anche alla società come presidio economico e a rendere i nostri quartieri accoglienti, a contribuire a dare una caratteristica importantissima per la nostra ‘economia turistica’ che è l’accoglienza, la cultura enogastronomica, il made in Italy. Abbiamo purtroppo perso tante di queste nostre attività. Tanti altri hanno saputo dimostrare una resilienza straordinaria, capacità di stringere i denti, rimboccarsi le maniche. Sono stati in grado di resistere”.

caro prezzi fortune italia

Purtroppo però non ne stanno nascendo di nuove “perché c’è un clima di incertezza”. Nel commercio si registra infatti una preoccupante diminuzione delle iscrizioni, situazione che compromette la vitalità del comparto: secondo Confesercenti nei primi 9 mesi del 2022 le iscrizioni sono diminuite del 24% rispetto allo stesso periodo del 2019 (5.480 iscrizioni in meno rispetto allo stesso periodo del 2019).

L’andamento delle iscrizioni è certamente correlato alle prospettive dell’economia ma anche determinato da andamenti settoriali diversificati e dalle politiche di aiuti pubblici. Tra settembre 2021 e novembre di quest’anno i governi hanno stanziato oltre 76 miliardi per il sostegno all’economia ed ai redditi delle famiglie, di cui 60 specificamente indirizzati a contrastare gli effetti dell’aumento della bolletta energetica, inclusi i 9,1 mld stanziati dall’attuale governo per finanziare gli interventi del decreto Aiuti-quater fino a dicembre; altri 21 sono previsti dalla legge di bilancio dell’attuale governo per i soli primi 3 mesi del 2023. Queste risorse si aggiungono a quelle già stanziate nel biennio della pandemia per ridurre l’impatto di Covid e dei provvedimenti restrittivi su imprese e cittadini, pari a circa 200 miliardi di euro.

E poi ci sono i giovani. In Italia tra il 2019 e il 2022 i titolari di impresa under 30 si sono ridotti del 9%: una percentuale che sale al -16% per il commercio e al -18% per il commercio al dettaglio; in meno di 3 anni (settembre 2022) i titolari under 30 sono 8 mila e 500 in meno nel commercio (il 77% del calo è nel commercio al dettaglio). Il rallentamento del turnover dei giovani nelle imprese italiane rappresenta un limite all’innovazione, allo sviluppo di nuove idee e  un potenziale rischio per la continuità aziendale di tante attività gestite a livello familiare che, con l’uscita di scena delle generazioni più anziane, si ritrovano spesso svuotate dell’energia che le ha fatte vivere e prosperare e quindi con meno opportunità di continuare ad esistere.

I settori dove invece nello stesso periodo si riscontra una crescita dei titolari giovani sono: le Attività assicurative e finanziarie (+19%) e le Attività professionali, scientifiche e tecniche (+42%) che tuttavia si traduce in una crescita complessiva che non supera le 3 mila e 500 imprese.

Esiste una frenata allo spirito di fare impresa – afferma De Luise -: c’è preoccupazione perché ci sono i tempi che non sono facili e non sono compatibili con l’apertura di nuove attività. Si fa fatica a ‘immaginarsi in un futuro’. Da tempo, come associazione, chiediamo investimenti in formazione, che è una cosa importantissima ma di cui  si parla molto poco. Viviamo un momento di profonda trasformazione in cui il digitale, anche grazie alla pandemia, ha accelerato la sua potenza. Sfruttiamola!”.

E sul POS di cui si è tanto discusso nelle ultime settimane? “Bisogna sfatare il mito per cui pagando con il contante si può evadere perché ci sono tanti studi di settore che ci dicono il contrario ed è veramente riduttivo e umiliante. Esiste invece il problema delle commissioni, che sono ancora troppo alte soprattutto per chi fa ‘servizio pubblico’, per chi offre ad esempio il pagamento dei bollettini postali o i benzinai. Offrono un servizio per lo Stato e per di più pagano per le transazioni. La moneta elettronica è assolutamente indispensabile, è il futuro. Bisogna però garantirne la fattibilità”.

Inflazione (quasi il 12% ad ottobre, l’8% acquisita per quest’anno) e crisi energetica hanno acuito i problemi delle famiglie. Il caro prezzi dell’energia ha fatto esplodere i prezzi: Confesercenti calcola che da +44,5% di settembre si è arrivati a +71,1%. I consumi ristagnano ma, soprattutto, cadono gli acquisti di beni per garantire le spese necessarie (bollette, istruzione, alimentari), nonostante le famiglie stiano riducendo la quota di risparmi (arrivata a sfiorare il 16% nel 2020). Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà dunque molto importante per le imprese “perché avere un rapporto forte con le imprese vuol dire garantire agli amministratori locali le ricadute effettive sul territorio per lavoro e occupazione. Determinante sarà il coinvolgimento di queste ‘imprese di vicinato’ perché sono quelle che fanno presidio territoriale. Un’economia che non possiamo perdere”.

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Un ultimo aspetto è la relazione tra commercio fisico e commercio on line. Tra lockdown e smart working, è evidente che i consumi sono diminuiti e si sono redistribuiti tra i diversi canali, facendo esplodere l’ecommerce; il commercio online ha da un lato fatto subire perdita di clienti ai negozianti, dall’altro ha aiutato molti negozi a fare business meglio e in modo più innovativo rispetto al passato. Nel ‘new normal’, rimane una quota di circa 3,5 milioni di lavoratori da remoto, il 15% del totale; alcuni comportamenti di consumo si consolidano e gli acquisti di beni online non si riducono, anzi, continuano ad aumentare, in particolare, quelli del food&grocery; recuperano i servizi grazie alla ripresa del turismo.

Per quanto riguarda il settore dell’alimentare e del largo consumo restano al palo le grandi strutture e gli ambulanti, continuano invece a ridursi le già esigue quote delle piccole superfici, esplode l’ecommerce (nel retail, da 17 miliardi nel 2019 a 30,1 nel 2022, un salto del 77%, con una quota sul retail dell’11%). Alla domanda se quella tra online e offline sia una lotta senza fine o se può esistere una soluzione per una prospera convivenza, De Luise risponde che “il tema è la competitività. Il problema non può e non dev’essere la concorrenza, anzi si sta bene in un mercato plurale. Quello che non va bene però è che ci siano delle regole diverse. Le regole tra chi fa e-commerce (a grandi livelli, si intende, ndr) e chi ha il negozietto sotto casa, sono troppo sfavorevoli per i secondi. La concorrenza sleale fa male al piccolo imprenditore come fa male al cittadino”.

Per Confesercenti resta confermato l’elevato grado di sostituibilità tra canali fisici e canale virtuale, sebbene la riduzione del numero dei negozi abbia largamente a che fare anche con la stagnazione dei consumi e un naturale processo di ricerca di efficienza della distribuzione commerciale. Inutile farsi illusioni: la competizione tra canali è destinata a intensificarsi. Unica soluzione per una prospera convivenza: la crescita economica, cioè l’incremento della ‘torta’, cosicché l’inevitabile divisione risulti soddisfacente per tutti.

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