Ci sono due tipi di persone: quelli che al mattino saltano giù dal letto quando suona la sveglia pronti a lanciarsi verso la giornata che li aspetta, e quelli che si alzano malvolentieri e iniziano a sentirsi vivi solo quando il sole tramonta.
A quanto pare, la maggior parte dei giovani professionisti rientra in pieno nella seconda categoria.
Secondo una recente ricerca, mentre Tim Cook, Michelle Obama e Jack Dorsey hanno già bevuto il loro caffè mattutino, recuperato le e-mail e si sono allenati prima ancora del sorgere del sole, molti appartenenti alla Generazione Z e millennial decidono di iniziare la loro giornata lavorativa alle sei del pomeriggio.
Adobe ha condotto uno studio su oltre 5.500 lavoratori in tutto il mondo, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Giappone, per scoprire quando le diverse fasce di età sono più produttive.
È risultato che la generazione più giovane di lavoratori preferisce tre volte di più aprire i propri laptop di sera per lavorare fino a notte fonda rispetto alle generazioni precedenti.
Mentre soltanto il 6% dei boomers ha dichiarato di essere più produttiva dalle 6 del pomeriggio alle 3 del mattino, la percentuale schizza al 26% per la Gen Z. In confronto, il 18% dei millennial e il 13% della Gen X risultano più produttivi dopo l’orario di lavoro canonico.
Eppure, il mondo del business è in gran parte costruito per chi si sveglia presto: diversi studi dimostrano uniformemente che i nottambuli hanno minori possibilità di avere successo rispetto ai primi.
Questo forse spiega perché, secondo lo studio di Adobe, la produttività notturna dei lavoratori diminuisce con l’avanzare dell’età: lavorare in posizioni più senior (dove iniziare alle 5 del mattino non è così raro) non è compatibile con il lavoro notturno, oppure decenni di lavoro contro natura per adattarsi al mondo del lavoro possono cambiare le proprie preferenze di produttività.
Cambiamenti in vista?
Con il lavoro da remoto che diventa progressivamente la norma e la Gen Z destinata a diventare il 25% della forza lavoro entro il 2025, vedremo le aziende spostare in avanti gli orari di lavoro per venire incontro ai giovani professionisti nottambuli?
È possibile.
Circa il 70% dei giovani lavoratori ha affermato che lascerebbe il proprio impiego a favore di uno che offra maggiore libertà di gestire l’orario lavorativo, mentre due/terzi sarebbe pronto a cambiare attività per la possibilità di lavorare da remoto. Perciò, le aziende che non offrono politiche di lavoro flessibile rischiano di perdere attrattività nei confronti della prossima generazione di talenti.
Sempre secondo la ricerca di Adobe, infatti, metà dei lavoratori appartenenti alla Generazione Z, stanno pianificando di lasciare i loro datori di lavoro a causa di battaglie per il tempo e la produttività.
“Le generazioni più giovani di impiegati stanno imponendo una tacita richiesta alle aziende: il luogo di lavoro e la flessibilità dell’orario sono essenziali non solo per attrarli o trattenerli, ma anche per assicurarsi che lavorino in modo efficace” rivelano gli autori della ricerca.
Lo studio ha rilevato anche che la flessibilità dell’orario e del luogo di lavoro viene citata come una delle principali ragioni per cui i dipendenti rimangono in un’azienda.
Secondo la ricerca, soltanto il 19% delle imprese statunitensi, il 22% di quelle britanniche e il 12% di quelle giapponesi, offre un orario di lavoro flessibile, nonostante il fatto che circa la metà dei lavoratori intervistati in tutti e tre i paesi abbia dichiarato di augurarsi di poter lavorare nel momento migliore per loro.
Le cose, tuttavia, stanno lentamente cambiando. Secondo la ricerca, negli ultimi sei mesi, più di un terzo dei manager a livello globale hanno introdotto nelle loro aziende orari di lavoro flessibili.
“Sono cambiamenti semplici ma non arrivano da un giorno all’altro: richiedono nuove prospettive, una fiducia aggiornata nella competenza e nell’affidabilità dei dipendenti, la ristrutturazione di processi obsoleti e l’implementazione degli strumenti giusti”, hanno concluso i ricercatori.
L’articolo originale è disponibile su Fortune.com