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Leggi per limitare le ingerenze della Cina in Florida: l’analisi di Andrea Di Giuseppe (FdI)

La via della seta funzionò per cinesi e romani ma, in direzione Stati Uniti, ai giorni nostri la nazione guidata da Xi Jinping non è riuscita a replicare niente di simile, trovando spesso la strada sbarrata per varie ragioni.

Ron DeSantis, ex astro nascente del Partito Repubblicano, oggi affermato Governatore della Florida addirittura in profumo di candidatura presidenziale, ha firmato ieri tre proposte di legge (dovrebbero entrare in vigore dal primo luglio 2023) per limitare possibili “ingerenze” cinesi nel suo Stato. Tutelando, nei suoi progetti, il Sunshine State da un Paese straniero che “desta preoccupazione”.

Ron DeSantis. Governatore della Florida dal 2019

Andrea Di Giuseppe, unico deputato di Fratelli d’Italia eletto all’estero, risiede da 20 anni negli Stati Uniti e conosce bene la realtà della Florida dove vive e ha la base operativa delle sue attività imprenditoriali oltreoceano. Facciamo il punto con lui su quanto sta accadendo.

Onorevole, come sono state accolte le scelte di DeSantis per contenere la “forza” della Cina in Florida?

Negli Stati Uniti, le iniziative volte a tutelare cittadini e aziende statunitensi da potenziali minacce straniere sono normalmente accettate. Il Governatore ha spiegato i motivi delle sue scelte – che, ricordiamolo, in alcuni casi rafforzano leggi già esistenti – circoscrivendoli a situazioni ben precise e argomentando. Sono azioni tese a combattere possibili casi di spionaggio o di vulnus nella sicurezza nazionale, non certo a colpire cinesi-americani e residenti permanenti, come potrebbe pensare qualcuno a una prima e superficiale lettura di alcuni articoli che puntano su titoli a effetto.

Può farci un esempio?

Gliene farò tre, uno per ogni disegno di legge.

Partiamo dal primo, i terreni agricoli.

DeSantis ha proibito l’acquisto di appezzamenti di terreno ma questo non significa che da domani nessun cinese potrà farlo. Il divieto riguarda la concessione di terreni agricoli a soggetti legati direttamente o indirettamente al Governo di Pechino, mentre i privati potranno acquistarli ma a una distanza di 10 km da basi militari o infrastrutture sensibili di varia natura come aeroporti, acquedotti, centrali elettriche e porti. In un’ottica di potenziale spionaggio e di protezione del territorio, l’azione stelle e strisce punta alla sicurezza nazionale, non certo a colpire i cittadini cinesi. In ogni caso, questo discorso dovrebbe riguardare anche altre nazioni: Russia, Iran, Corea del Nord, Cuba, Venezuela e Siria.

Passiamo alle università.

I college della Florida, chiunque ci lavori o rappresenti l’università non potranno accettare donazioni dalle loro controparti cinesi, mentre sussidi o accordi dovranno essere consentiti dalle autorità statali. Come vede, anche in questo caso non si sbatte la porta in faccia al Governo di Pechino ma vengono messi dei paletti per evitare infiltrazioni o influenze accademiche. Regole e controlli.

In caso di violazione cosa accadrebbe?

Sanzioni o sequestro di beni e denaro ottenuti illecitamente; potenzialmente parliamo di decine di milioni di dollari per ogni caso.

Veniamo ora alla questione delle app.

Esiste un elenco di applicazioni di proprietà cinese potenzialmente pericolose per la privacy e la sicurezza informatica. Si ricorda l’Iliade? DeSantis ha scelto di lasciare il cavallo di legno elettronico fuori dalle mura. Il dibattito, in ogni caso, è nazionale, non riguarda solo la Florida. Il disegno di legge è arrivato in piena discussione nazionale su TikTok: la stessa amministrazione Biden ha imposto delle limitazioni a questa app molto popolare, usata oltre cento milioni di cittadini statunitensi. In tutto il Paese ci sono votazioni, restrizioni o disegni di legge su molte app, il discorso è trasversale. Ogni Stato può legiferare come preferisce ma non trova che siano in molti a pensarla allo stesso modo?

Spostiamo il discorso all’Italia. Come vede l’accordo Italia-Cina di alcuni anni fa?

Non vedo i vantaggi dei quali ho sentito parlare. Ricordiamo che l’accordo con la Cina va annullato affinché non sia rinnovato in automatico e che, gli Stati Uniti, nostro alleato storico, non hanno mai visto positivamente il “contratto” siglato dal Governo Conte con Pechino.

Non crede di esagerare?

No. Penso che i Cinque Stelle abbiano allargato le maglie della nostra sicurezza, permettendo troppo a livello di investimenti cinesi in Italia; quando era premier, Draghi si affidò al cosiddetto “golden power” per arginare la loro influenza in Italia. Lo scenario mondiale è cambiato e con esso anche la Cina. Bloccare investimenti a rischio, verificare relazioni commerciali, controllare la sicurezza di applicazioni potenzialmente pericolose e mettere un freno a trasferimenti di tecnologia e di cervelli all’estero sono misure per tutelare un Paese.

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