Francesco La Camera, classe 1944, è socio e fondatore della S.T.E. srl, uno dei più accreditati studi di progettazione in Italia, e tra i massimi esperti di grandi infrastrutture nel settore dei trasporti. Sul Ponte sullo Stretto non ha dubbi: è un’opera di inestimabile valore, difficilissima da realizzare ma di un’importanza strategica cruciale. Tuttavia, costruire in Italia non è un gioco da ragazzi. Per la sua orografia i costi sono inevitabilmente più alti, per non parlare dei frequenti fenomeni sismici a cui le infrastrutture devono adattarsi. Ad ogni modo, tra le opere da realizzare nel prossimo futuro anche grazie ai fondi del Pnrr: l’ultima tratta della Salerno-Reggio Calabria, il corridoio tirrenico, la ‘Gronda di Genova’ e, per i romani, un sogno che (forse) diverrà realtà, l’autostrada Pontina.
L’intervista
Ma ha senso creare un ponte, visto che ormai i traffici verso la Sicilia utilizzano le vie d’acqua?
Di fatto solo i traffici merci di lunga percorrenza si spostano sulle vie d’acqua piuttosto che via terra. Il Ponte di Messina consentirà il crearsi di una grande città metropolitana, (Messina, Reggio e Villa) dando una risposta a quella intensa domanda di traffico a breve percorrenza: pensiamo all’imponente traffico pedonale, oggi coperto faticosamente da traghetti e aliscafi, oppure al trasporto di merci deperibili. È qui che un sistema di collegamento ferroviario e su gomma interconnesso potrà ridurre sensibilmente i tempi di collegamento. E non dimentichiamo poi l’enorme incentivo al turismo che si avrà con la realizzazione di un’opera straordinaria e tecnicamente arditissima, senza pari al mondo. Un primato che sarà difficile da battere per i decenni a venire.
Perché è così difficile in Italia realizzare le infrastrutture in tempi rapidi?
La difficoltà maggiore nella realizzazione dei progetti, in particolare quelli più complessi, è rappresentata dal percorso burocratico dell’opera, dalle fasi lunghissime della sua approvazione. Vi sono stati dei miglioramenti evidenti rispetto al passato: è stato reso più dettagliato il cosiddetto progetto di fattibilità economica ed è stato eliminato il progetto definitivo, a vantaggio della fase finale, quella del progetto esecutivo. Rimane tuttavia una complessità intrinseca nella fase iniziale di studio dell’opera da realizzare, laddove previsioni preliminari di spesa e di investimento poco accurate si rivelano successivamente insufficienti in fase realizzativa. Un altro aspetto di cui tenere conto è dato dal fatto che oggi la progettazione viene spesso demandata alle stesse imprese che dovrebbero realizzare l’opera, quando invece dovrebbe essere l’amministrazione pubblica a gestire le approvazioni e ad affidare direttamente la progettazione.
E perché spesso le opere non vengono completate?
La causa è da ricercare nell’aumento dei costi durante la fase esecutiva dei lavori e nella conseguente difficoltà delle amministrazioni nel reperire i fondi mancanti. Rifinanziare un’opera in corso di realizzazione comporta necessariamente un nuovo iter approvativo.
Perché la direzione lavori non è affidata al progettista?
È una domanda interessante. La Legge Merloni del 1994, nella sua stesura iniziale, manifestava una preferenza nell’affido della direzione lavori al progettista per garantire una continuità progettuale e realizzativa. Ma di fatto, oggi la direzione lavori è difficilmente affidata all’esterno dell’Amministrazione. Eppure, con l’affido al progettista esterno si accelererebbe la realizzazione dell’opera, perché a quel punto l’impresa aggiudicataria della sola esecuzione del lavoro avrebbe dei tempi inferiori rispetto all’impresa che deve realizzare un proprio progetto, spesso modificato rispetto a quello andato in gara.
È più difficile e costoso progettare in Italia che negli altri Paesi?
L’Italia è un Paese complesso, ha una densità abitativa elevata unita a un’orografia del territorio sfidante. Realizzare viadotti, ponti e gallerie su terreni spesso instabili e soggetti a movimenti impone dei costi di realizzazione elevati e difficoltà progettuali che la maggior parte degli altri Paesi al mondo non ha. Inoltre, l’esigenza di un’adeguata tutela paesaggistica in un Paese dalla conformazione fisica così complessa fa sì che qualunque soluzione progettuale diventi un’operazione molto complessa e costosa.
Quali sono le opere che ritiene più urgenti da realizzare nel nostro Paese?
Certamente al primo posto metterei la Salerno-Reggio. È impensabile che la Calabria abbia, ancora oggi, un’autostrada cui mancano circa 65 km di tracciato! È stata e rimane sicuramente l’autostrada più complessa che si sia mai realizzata. Penso al tratto mancante a sud di Cosenza: una lunga discesa in un territorio geologicamente infido e molto tortuoso. Manca poco però: tra esecuzione progettuale e appalti finali, diciamo massimo 3-4 anni. Altre quattro opere fondamentali: il cosiddetto “Corridoio Tirrenico”, la Gronda di Genova, la Romea e la Pontina. La prima, ovvero il collegamento autostradale Civitavecchia-Livorno è da sempre “l’autostrada che manca”: ancora oggi, sul versante tirrenico il traffico di persone e merci è costretto su lunghi tratti a due corsie con pericolosi incroci a raso lungo la via Aurelia, tra Tarquinia e Grosseto. C’è poi la cosiddetta Gronda di Genova, uno snodo fondamentale a Nord della città che consentirebbe di eliminare il traffico di attraversamento della città. Rimane anche da realizzare la Romea lungo l’Adriatico, una sorta di autostrada litoranea tra Emilia-Romagna e Veneto. L’autostrada Pontina infine – un tormentone ahimè molto noto a noi romani – è un’opera fondamentale per risollevare la circolazione di persone e merci a Sud di Roma, in un territorio denso di aree residenziali e di realtà produttive importanti.
Lei ha progettato migliaia di km di strade. Quali sono le opere di cui lei è più orgoglioso?
L’opera del cuore è la prima che ho fatto, nei primi anni 70: il raddoppio del tratto urbano della via Flaminia a Roma dentro il Grande raccordo anulare. Non è stata la mia opera più importante ma è la prima che ho realizzato con la responsabilità sia del progetto stradale che delle strutture.
Ho progettato poi più di un quarto dell’anello autostradale G.R.A., oltre 120 km di Salerno-Reggio Calabria, 150 km della Jonica tra Taranto e Reggio Calabria ed altre importanti opere viarie in mezza Italia. All’estero, ho lavorato principalmente per il Nord Africa. In Algeria con Anas seguiamo la direzione Lavori di 400 km dell’autostrada tra Tunisia e Marocco.
E sul nuovo stadio della Roma cosa ci dice? Ci risulta sia stato incaricato della progettazione della viabilità di accesso. È corretto?
Sì, ci siamo occupati di quello vecchio e ci stiamo occupando di quello nuovo dal punto di vista dell’infrastrutturazione (strade, parcheggi, pista ciclabile con percorsi pedonali etc.).
Differenza fra i due?
Il vecchio progetto ‘Tor di Valle’ è finito lì: non è stata accettata la proposta di localizzazione in un’area veramente poco accessibile e senza infrastrutture viarie. Il nuovo progetto di Pietralata è invece completamente diverso: la zona è molto più ricca di infrastrutture. Lo stadio da 52.000 posti sorgerebbe a ridosso di importanti assi viari esistenti e della stazione Tiburtina. Chi userà l’auto per andare alla partita userà i parcheggi multipiano a ridosso delle stazioni della metropolitana, così da arrivare a destinazione in una, massimo due fermate.
Tempi di realizzazione?
Brevissimi, dovrebbero iniziare i lavori prima di fine anno, e non credo che ci metteranno più due 2 anni.