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Procedura d’infrazione per l’Italia, parla Carlo Cottarelli

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Come previsto, la Commissione europea ha avviato la procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia – e di altri sei paesi Ue, tra cui Francia e Belgio. Si tratta di una misura contenuta nel cosiddetto “Pacchetto di primavera”, in cui sono previste le sanzioni per chi non rispetta i parametri del nuovo Patto di Stabilità: deficit non oltre il 3% e un debito pubblico che non superi il 60% del Pil. Abbiamo analizzato gli effetti della procedura con Carlo Cottarelli, economista e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani della Cattolica.

Direttore, quale sarà ora il percorso del nostro Paese?
Certamente dovremo ridurre il deficit e spiegare quale sia il nostro piano di rientro entro il 20 settembre. Va detto però: è una cosa che avremmo dovuto fare in ogni caso e che era già nelle intenzioni Giorgetti. Nel 2023 il deficit italiano ha raggiunto il 7,4%, oltre il doppio della soglia prevista. Per fortuna le regole attuali, rispetto a quelle del passato, ci avvantaggiano: prevedono un aggiustamento minimo strutturale annuo di circa mezzo punto percentuale per i paesi che hanno un deficit eccessivo. Non è previsto però, con la procedura in corso, l’obbligo di ridurre il rapporto debito/Pil. Il che è positivo perché nei prossimi due anni il debito italiano salirà, ma sarà un aumento consentito. Il piano ci impegnerà comunque per 7 anni.

Ecco, come considera la questione del debito sul lungo termine?

Ripeto, nei prossimi due anni il debito salirà e non sarebbe potuta andare altrimenti visto l’effetto dei bonus edilizi. Purtroppo, finché avremo un debito pubblico alto che non accenna a ridursi – nel 2023 quello italiano ammontava al 137% del Pil – rimarremo molto esposti a shock internazionali, come nel caso del Covid in cui poi è servito l’intervento della BCE.

E’ stato calcolato che alcuni degli interventi finanziati nell’ultima manovra – tra cui il taglio del cuneo fiscale – impatterebbero sul deficit per 18 miliardi se confermati nel 2025. Lei pensa che si potrà rifinanziare il taglio del cuneo?
Si tratta appunto di trovare 18 miliardi così da confermare i tagli delle tasse. Di questi, circa 15 servirebbero per il cuneo: non è facile ma nemmeno impossibile. Tra l’altro, con una cifra del genere, il deficit arriverebbe a scendere quasi di uno 0,6% quando, viste sempre le nuove regole, a noi basterebbe lo 0,5%. Mi sembra comunque che, rispetto agli standard italiani, il governo stia agendo in modo prudente.

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