Continua ad arrancare la spesa italiana del Pnrr per il 2024. Alla data del 2 ottobre, le uscite si attestano a 9,93 mld, circa il 20% dei 43,96 mld previsti per l’anno in corso dal cronoprogramma del governo. È quanto emerge dall’audizione tenuta in Parlamento dall’Ufficio parlamentare di bilancio, sul Piano strutturale di bilancio di medio termine.
L’Upb – organismo indipendente che vigila sui conti pubblici italiani – ha consultato ReGis, la piattaforma che raccoglie e monitora i dati di tutti i soggetti chiamati ad attuare i progetti del Pnrr. Il quadro che emerge non è dei più rassicuranti per la crescita del Paese. A due anni dalla scadenza del Piano, prevista per il 2026, l’Italia ha speso appena il 27,5% delle risorse, che ammontano complessivamente a 194,4 mld di euro.
I ritardi nella spesa coinvolgono tutte le missioni del Piano, ma è la Missione 2, legata alla transizione verde, quella maggiormente in affanno, con una spesa per il 2024 di 1,04 mld sui 9,81 in programma, pari al 10,6%. Non vanno troppo meglio la Missione 5 (inclusione e coesione) e la 1 (digitalizzazione), rispettivamente al 14,1% e al 14,8%. La Missione 6, salute, fa segnare un tasso di realizzazione 22,3% di spesa effettiva. Ai primi posti della classifica si posizionano la Missione 3 (infrastrutture) col 33,6% di spesa e la Missione 4, istruzione e ricerca, che fa registrare un 35,5%.
In poco meno di tre mesi l’Italia dovrà quindi spendere circa 34 mld di euro, se vuole rispettare gli impegni di spesa. La mancata attuazione degli impegni assunti col Piano nazionale di ripresa e resilienza rischia peraltro di avere ripercussioni negative sull’economia e sulla crescita del Paese. La crescita del Pil, infatti, dipende almeno in parte dall’impiego puntale delle risorse del Recovery Plan.