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Empowerment: per le donne non è più tempo di aspettare

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Velasco25 Articolo

Credete in voi, non aspettate che qualcuno si decida a promuovervi, prendetevi ciò che volete.

Esistono barriere esterne e interne. Le prime sono ben note, sulle seconde noi donne dovremmo impegnarci di più, anzitutto nel riconoscerle. Il percorso di emancipazione femminile – o di ‘empowerment’, come si dice oggi, inserendo una parolina magica, il potere – non è lineare né progressivo, e con ogni probabilità non appariva tale neppure alle suffragette che marciavano per le strade immaginando un mondo nel quale uomini e donne sarebbero stati finalmente uguali. Qualcosa è accaduto se a Palazzo Chigi, per la prima volta nella storia repubblicana, una donna è sulla tolda di comando. Oltreoceano, con le elezioni del 5 novembre, un’altra donna potrebbe segnare una prima assoluta entrando alla Casa Bianca con i galloni di presidente degli Stati Uniti e commander-in-chief delle Forze armate americane. Per una volta, va detto, Roma anticipa Washington.

Fanno la storia anche altre donne che, in questo momento, servono ai vertici della Commissione e del Parlamento europeo nonché della Banca Centrale di Francoforte. A ben vedere, le donne italiane sanno bene che non si volta pagina se il cambiamento riguarda una donna soltanto. I simboli contano ma non bastano.

Le barriere esterne, ancora oggi all’origine di odiosi gap salariali (donne pagate meno dei colleghi uomini a parità di mansioni) e di tetti di cristallo non più tollerabili (in Italia le donne Ceo sono meno del 4%), disegnano un potere eminentemente maschile, un mondo nel quale gli uomini comandano e le donne tentano di ritagliarsi uno spazio. Se il carico familiare non gravasse segnatamente sulle donne – mamme o mogli – sarebbe più facile giocarsela alla pari. Il baratto che la maggior parte delle donne è costretta a fare, tra il tempo dedicato all’ufficio e alla cura dei figli, ci pone in una condizione di oggettiva difficoltà. Il risultato è che molte di noi rinunciano al lavoro (soprattutto ai percorsi di carriera altamente time-consuming) o, alternativamente, ritardano o rinunciano alla genitorialità. In entrambi i casi, è un fallimento per il sistema. Le barriere interne esistono, e prenderne coscienza è l’unico modo per contribuire al cambiamento. Qualche tempo fa, l’ex direttore operativo di Facebook Sheryl Sandberg scrisse un libro dal titolo: ‘Lean in’, facciamoci avanti.

Il messaggio fondamentale era: credete in voi, non aspettate che qualcuno si decida a promuovervi, prendetevi ciò che volete. Noi donne, del resto, tendiamo talvolta al passo indietro, attendiamo che il capo ci riconosca per quel che valiamo, preferiamo assecondare meccanismi cooptativi anziché ingaggiarci in un confronto diretto (che può diventare anche scontro). Se volete, abbiamo un approccio più accondiscendente e mansueto. Lo scorso mese, a New York, Giorgia Meloni è stata insignita del prestigioso ‘Global Citizen Award’ dall’Atlantic Council, e nel corso del suo intervento, dopo la presentazione di Elon Musk, la premier ha pronunciato le seguenti parole: “Come politico, hai fondamentalmente due opzioni: essere un leader o uno che segue, indicare una rotta o meno, agire per il bene del tuo popolo o agire guidato dai sondaggi. La mia ambizione è guidare, non seguire”. To lead, not to follow. È un suggerimento che dovremmo far nostro, ogni giorno.

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