L’accostamento dei termini ‘Public Affairs’ (o anche lobbying) e ‘sistema bancario’ nella medesima frase può determinare molto spesso, nell’opinione pubblica, riscontri derivanti da preconcetti e bias. Per tale ragione abbiamo voluto approfondire il tema della rappresentanza di interessi nel settore bancario con l’avvocato Jacques Moscianese, responsabile Institutional affairs di Intesa Sanpaolo.
Public Affairs e Advocacy, due aspetti di una professione sui quali sovente si rischia di far confusione; quali le differenze e gli aspetti distintivi?
È bene poter fin da subito distinguere chiaramente i due termini. L’attività di Public Affairs consiste nel creare relazioni positive con le principali figure istituzionali, nonché con i vari stakeholder operanti nel contesto socioeconomico di riferimento. L’advocacy, invece, è l’attività di legittima rappresentazione delle posizioni di un portatore di interesse presso i decisori, in linea con i criteri di democrazia partecipativa. Una advocacy credibile non mira unicamente alla difesa del proprio interesse aziendale, ma deve poter proporre soluzioni equilibrate per tutti gli attori impattati dalle decisioni pubbliche. L’attività di advocacy va, quindi, considerata parte di un processo decisionale trasparente e inclusivo, in cui l’interazione con i regolatori è di vitale importanza affinché essi si confrontino con i soggetti chiamati ad applicare le norme proposte, oltre che valutarne le ricadute.
In Italia, rispetto all’Europa e ancor più rispetto agli Stati Uniti dove la percezione di queste attività è particolarmente sentita, quali sono i meccanismi che regolano la professione?
Il fatto che in Italia non vi sia un quadro normativo dedicato a regolare il Public Affairs non ha impedito a tale attività di assumere una crescente rilevanza. Prova ne sia che le principali aziende del Paese hanno provveduto nel tempo a dotarsi di dipartimenti dedicati a gestire al meglio le istanze e le relazioni istituzionali tanto a livello nazionale e locale, quanto a livello europeo ed internazionale.
Teniamo comunque presente che svolgere un’attività di Public Affairs può non risultare sempre semplice, soprattutto se l’intento è quello di agire anche sulla percezione che l’opinione pubblica ha delle aziende e di una distorta rappresentazione del loro legittimo interesse. Per questo risulta necessario agire per evidenziare all’opinione pubblica quale sia il ruolo delle banche nel finanziamento dell’economia reale e, in questo quadro, nel supporto alle famiglie e alle imprese. Intesa Sanpaolo è ben consapevole dell’importanza di comunicare in modo efficace il valore sociale della propria presenza sul territorio nazionale.
Come prima banca del Paese, di cui lei è responsabile per gli affari istituzionali, ha deciso di organizzare un’area di lavoro che non solo si confronti con le istituzioni ma anche con l’opinione pubblica?
Intesa Sanpaolo si è dotata da tempo di una funzione dedicata alla gestione dei Public Affairs. La Direzione institutional affairs svolge questa funzione promuovendo un approccio coordinato e attivo nella gestione delle relazioni istituzionali, specie a livello nazionale ed europeo, con l’intento, per un verso, di essere fattore di supporto per il raggiungimento degli obiettivi di piano del Gruppo e, per l’altro, di promuovere il miglior rapporto e confronto con tutti gli stakeholder rilevanti: dalle istituzioni in senso stretto, ai regolatori e supervisori, dalle associazioni dei consumatori ai più diversificati portatori di interessi.
L’organizzazione che ci ha descritto opera in un contesto complesso: l’interesse aziendale deve provare a tendere a quello generale, i dati sull’educazione finanziaria nel nostro Paese non sono confortanti. Che risultati state ottenendo e quali obiettivi state perseguendo?
In un’epoca di grandi cambiamenti climatici, demografici, del lavoro e dei mercati finanziari influenzati dal progresso tecnologico, la capacità di valutazione e quella di compiere scelte coscienti diventano strumenti di cittadinanza attiva. La banca è consapevole del proprio ruolo e della propria responsabilità nella società, ponendo grande attenzione ai temi dell’inclusione e della sostenibilità, sia sociale che economica. Il nostro Piano di Impresa 2022-2025, con il suo pilastro ESG, delinea l’impegno del Gruppo a sostegno della comunità, dello sviluppo sostenibile, della transizione verde.
Per quanto ci riguarda, molte sono le iniziative di “education” che abbiamo rivolto alle nuove generazioni, alle famiglie e alle scuole. Penso al Museo del Risparmio di Torino, al progetto ‘Mettere in comune competenze’ in collaborazione con le associazioni dei consumatori, e agli eventi destinati alle fasce di popolazione più fragili su sovraindebitamento, frodi e truffe. Va, inoltre, sottolineato come il tema dell’educazione sia strettamente legato a quello dell’inclusione finanziaria. E infatti Intesa Sanpaolo ha guardato ai soggetti più vulnerabili e non bancabili, attivando molte progettualità: l’incentivo all’educazione e all’occupazione dei giovani, tramite una linea di credito non garantita; il supporto alle madri lavoratrici per garantire la conciliazione della maternità con il lavoro; il supporto alle famiglie con persone non autosufficienti. Vorrei infine ricordare l’istituzione dell’Osservatorio permanente sull’inclusione finanziaria, con focus specifico sui cittadini stranieri residenti nel nostro Paese, con l’intento di evidenziare la necessità di un’azione condivisa e sistemica, per ridurre le disuguaglianze e accrescere l’accesso ai servizi bancari e finanziari.
Un’ultima domanda su innovazione ed Europa. In questi giorni si stanno giocando le partite della Direttiva PSD3 e del Regolamento PSR e delle FIDA che tentano di portare il settore verso la data economy e aprirlo ad un nuovo tipo di concorrenza. Il settore è pronto? E i consumatori?
Il processo legislativo sui tre provvedimenti in questione è ancora in corso e – almeno per quanto riguarda il FIDA – è difficile fare previsioni sulle tempistiche. Delle tre proposte, quella sull’accesso ai dati finanziari si presenta senza dubbio come la più sfidante per il settore, dato l’obbligo di condivisione di un’ampia gamma di tipologie di dati finanziari dei clienti, su loro richiesta, anche con soggetti terzi potenzialmente non stabiliti in Europa. Questo processo comporterà investimenti del mondo finanziario europeo, senza avere peraltro la certezza di incontrare la domanda da parte del cliente finale. Inoltre, i regolatori europei non sembrano aver valutato con la dovuta attenzione le implicazioni geostrategiche, di sicurezza, nonché quelle di level-playing field che il sistema finanziario europeo potrebbe incontrare, se confrontato con i mercati dei Paesi terzi. Come banca inserita nel contesto dell’Unione, stiamo monitorando il processo legislativo ed il posizionamento dei regolatori europei, analizzando l’impatto che le proposte potranno avere sul nostro Gruppo.
Stanti i rischi evidenziati della data economy, non si può ignorare che un ecosistema finanziario basato sulla data economy e sull’interoperabilità è in grado di incrementare la concorrenza. Si pensi a cosa sarebbe il modello di business bancario senza l’interoperabilità sui pagamenti o sui prelievi. Certamente, l’interoperabilità deve andare di pari passo alla reciprocità, su cui si fondano equi rapporti di mercato: la regolamentazione europea e non solo delle attività finanziarie deve essere sempre più armonizzata, così da tutelare i diritti dei consumatori (e la concorrenza) indipendentemente dal luogo in cui ha sede una banca.
Rispetto alla capacità del settore finanziario di far fronte all’economia digitale, per quanto riguarda Intesa Sanpaolo si è iniziato questo percorso anni fa con l’operatività online. Oggi, con Isybank, il Gruppo si è dotato di un player di mercato capace di competere con le fintech, ma anche con operatori stranieri che hanno iniziato ad operare in Italia esclusivamente in modalità digitale. Nel caso di Isybank il rapporto diretto fra banca e cliente resta centrale: il consumatore può godere di una esperienza full-digital, ma il rapporto umano rimane imprescindibile, grazie soprattutto alla filiale digitale. Nella capacità di tenere insieme vicinanza al cliente (anche fisica) e offerta digitale (con una app più volte premiata per essere fra le migliori al mondo), Intesa Sanpaolo è davvero unica nel panorama competitivo italiano ed europeo.