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Mario Draghi avvisa l’Europa dopo la vittoria di Trump: “Basta rinviare decisioni”

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Velasco25 Articolo

Basta rinviare decisioni: la sveglia per l’Europa arriva dall’ex premier italiano ed ex capo della Bce, Mario Draghi, autore del rapporto di competitività che aveva già scosso i vertici europei – ora ancora più scossi dopo la vittoria di Donald Trump negli Usa, che per lo sviluppo Ue potrebbe rappresentare un momento storico fondamentale, come pochi altri in passato.  

A Budapest per il Consiglio europeo informale dopo i colloqui di ieri con il primo ministro ungherese Viktor Orban, Draghi ha ricordato agli europei un concetto fondamentale: Trump proteggerà l’industria americana (l’high tech ma anche quella tradizionale, che per l’Europa rappresenta una risorsa per l’export), e “l’Ue dovrà negoziare” di conseguenza. In altre parole: prepariamoci ai dazi.

Secondo Draghi non c’è dubbio che la presidenza Trump cambierà le relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa. “Non necessariamente” ogni cambiamento sarà in negativo, “ma certamente dovremo prenderne atto”.

Perche l’Europa non può più aspettare

Ci sono grandi mutazioni in vista, ha detto l’ex premier, “e credo che quello che l’Europa non può più fare sia posporre le decisioni”. In tutti questi anni, ha detto arrivando al vertice Ue informale di Budapest, le decisioni più importanti sono state rinviate “perché aspettavamo il consenso. Il consenso non è venuto, è arrivato solo uno sviluppo più basso, una crescita minore, oggi una stagnazione. Mi auguro che ritroveremo uno spirito unitario”.

Le parole di Draghi – e l’elezione di Trump – vanno ascoltate in un contesto in cui i numeri dell’economia americana che Joe Biden lascerà a Trump sorridono (con la Fed che, con un nuovo taglio, intanto prova a risolvere anche il nodo dell’inflazione) mentre quelli europei sono abbastanza cupi (con la Bce finora più cauta dei colleghi americani sui tagli ai tassi).

Arrivando allo stadio Puskas di Budapest per il Consiglio Europeo informale, la premier Giorgia Meloni ha detto che l’Europa “deve trovare una quadra e prendere le misure di se stessa. Sembra che scopriamo dei dibattiti oggi: penso al tema della competitività, dei dazi”. “Partendo dal piano presentato da Mario Draghi – continua – un altro italiano che è stato incaricato di individuare le priorità per i prossimi anni dell’Unione Europea, credo che ci siano molte sfide. Più o meno, noi sappiamo che cosa dobbiamo fare. La grande domanda alla quale dobbiamo rispondere adesso è se davvero vogliamo dare gli strumenti agli Stati membri per centrare gli obiettivi e le strategie che ci poniamo di fronte”.

I dati Istat sulla produttività: pesa il settore auto

Intanto in Europa non c’è solo la Germania ad essere in difficoltà in termini di produttività. L’Istat infatti stima che a settembre 2024 l’indice destagionalizzato della produzione industriale italiana diminuisca dello 0,4% rispetto ad agosto. Su base annua l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 4%, ed è il ventesimo calo consecutivo su base tendenziale. Rispetto a settembre 2023 flessioni caratterizzano tutti i comparti: la riduzione è più rilevante per i beni strumentali (-5,1%), i beni intermedi (-4,0%), i beni di consumo (-3,5%) e meno pronunciata per l’energia (-1,6%).

A pesare sui numeri sono settori importanti come quello auto, che secondo la legge di bilancio ora in Parlamento non potrà contare su incentivi per 4,6 mld di euro.

Le flessioni maggiori si rilevano nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-15,4%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-10,7%) e nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-8,1%). 

Il 2% del Pil alla Difesa “si può fare”

Ma tra i campanelli d’allarme di Draghi per l’Europa non c’è solo quello relativo all’economia: secondo l’ex presidente della Bce il 2% del Pil dedicato alle spese della Difesa, rispettando il patto di stabilità, “si può fare”.

Le parole arrivano dopo quelle di ieri del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che in audizione sulla manovra alle commissioni Bilancio di Camera e Senato ha affermato come, sotto l’attuale governance europea, sia “ambizioso” il 2% di Pil chiesto dalla Nato per le spese relative alla Difesa – per le quali comunque in manovra sono state trovate risorse aggiuntive tolte ad altre voci di spesa, come l’automotive. 

Il nodo del patto di stabilità

Nel nuovo patto di stabilità ci sono delle “aperture” per permettere anche ai Paesi più indebitati di arrivare a spendere per la difesa almeno il 2% del Pil, come chiede la Nato, ma su questo bisogna fare “molto di più”, ha sottolineato Giorgia Meloni.

Giorgetti ha stimato che “alla luce, infatti, degli stanziamenti previsti dal disegno di legge di bilancio arriveremo alla percentuale dell’1,57% nel 2025, dell’1,58% nel 2026 e dell’1,61% nel 2027”. In audizione – prima quindi che l’Istat aggiornasse le stime sull’industria – il ministro aveva anche auspicato un Pil in crescita grazie ai dati a breve termine. 

Intanto però la crescita registra il dato peggiore a livello europeo: “Nel terzo trimestre, il livello del Pil italiano, in base alla stima preliminare, è rimasto stazionario rispetto ai tre mesi precedenti, registrando un risultato peggiore rispetto ai principali partner europei e alla media dell’area euro”, rileva l’Istat nella sua Nota economica. Inoltre a settembre, “dopo tre mesi di crescita ininterrotta, l’occupazione è diminuita, con un calo diffuso tra uomini, donne e i 35-49enni”.

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