C’è chi sceglie il proprio destino strada facendo, scoprendo inclinazioni e talenti nelle circostanze e nei casi offerti dalla vita. E chi ha dentro di sé il fuoco sacro della vocazione. Davide Guidara aveva appena nove anni quando, con l’arbitrarietà propria dei bambini, manifestò in maniera inequivocabile la propria decisione: “Da grande voglio fare lo chef”.
Erano i primi anni Duemila e i cuochi non erano ancora ammantati di quell’aura da rockstar che Masterchef e altri programmi tv avrebbero in seguito conferito alla categoria. “All’inizio i miei non mi hanno preso troppo sul serio – confessa – ma col tempo la mia convinzione si è rafforzata. Dopo le medie ho frequentato l’alberghiero, una scelta di cui la mia famiglia non è stata troppo contenta. In quel periodo il cuoco non era ancora percepito come un lavoro di grande valore”.
Di strada da allora ne ha fatta parecchia Guidara, trent’anni, campano di Cerreto Sannita, oggi chef de ‘I Tenerumi’, il ristorante stellato del Therasia Resort sull’isola di Vulcano. “Ogni estate, da giugno a inizio ottobre, lasciavo la scuola e andavo a lavorare nei ristoranti”.
Risalgono a questo periodo esperienze formative preziose come quella del Don Alfonso 1890 – due stelle Michelin a Sant’Agata dei Due Golfi – e del Mosaico a Ischia con Nino Di Costanzo. Dopo il diploma, la formazione di Guidara prosegue oltre i confini nazionali: prima il Sea Grill a Bruxelles, quindi il tre stelle di Michel Bras (“venivo dalla scuola che riteneva la Francia un passaggio obbligato per un aspirante chef”). Infine, attinge all’estro creativo di René Redzepi al Noma di Copenaghen.
Guidara torna quindi in Italia e fa della Sicilia la sua patria d’elezione. “A soli 23 anni mi hanno affidato la cucina dell’Eolian, il ristorante di un albergo quattro stelle di Milazzo”. Poi un passaggio a Catania, al Sum, dove inizia a sperimentare menù degustazione più lunghi e complessi. “A quel punto – ricorda – non ero più solo un ragazzo di belle speranze. Il mio nome iniziava a girare nell’ambiente”.
A notarne il talento e le enormi potenzialità, oltre ai principali nomi del giornalismo gastronomico, è il direttore del Therasia Umberto Trani. “Mi ha corteggiato a lungo e dopo la pandemia ho accettato. Nel 2022 sono entrato a far parte del Therasia”. È sulla vibrante isola eoliana di Vulcano – in un resort che affaccia sui faraglioni di Lipari – che Guidara trova la sua definitiva consacrazione, condensando le sue intuizioni gastronomiche in un menù 100% vegetale.
“Non dimenticherò mai quando, l’8 aprile 2022, il direttore mi disse: facciamo solo verdure, un unico menù degustazione. Non ti aspettare premi o stelle per i prossimi quattro o cinque anni, ci vorrà del tempo per farci apprezzare. Mettiti l’anima in pace”. E invece passeranno appena sette mesi prima di un triplice, inatteso riconoscimento. “A novembre abbiamo preso la stella Michelin, la stella verde per la sostenibilità e il premio Giovane Chef 2023”.
La sua è una cucina vegetale sperimentale espressione di una visione audace. “Volevo ribaltare completamente la percezione delle verdure. La maggior parte delle persone associa i vegetali alla privazione e alla rinuncia. Li mangia perché fanno bene alla salute, ma li considera qualcosa di noioso e poco allettante. Io invece ti dico: mangiati le verdure perché possono essere esplosive. E buonissime”. Una visione che Guidara ha cristallizzato in ‘Cook more plants’, il suo manifesto per una nuova cucina vegetale.
“I vegetali rappresentano il più importante banco di prova per le capacità tecniche di un cuoco”, si legge al punto numero tre del manifesto. “È il punto a cui sono più legato – rimarca Guidara – Il cuoco deve raggiungere un livello tecnico molto elevato per dare forza ai vegetali. Hai presente quando si dice ‘meno lo tocchi e meglio è’? Per le verdure vale l’esatto opposto: vanno portate al limite affinché possano esprimere tutto il loro potenziale”.
Il manifesto trova compiuta applicazione nelle creazioni dello chef campano. “Un grande classico è il datterino nella calce, che viene prima sbollentato, poi cotto nella calce, infine condito con una salsa di datterini all’acido lattico. Un piatto simbolo è anche il cardoncello alla brace: cotto a pressione, lasciato a macerare per quattro giorni, quindi affumicato, grigliato, passato con una pasta di funghi ossidati e coperto con un olio di paprika”. Quando sentiamo Guidara al telefono, è ottobre inoltrato. Il sole tramonta sulla lunga estate eoliana, e con essa anche la stagione lavorativa del Therasia volge al termine. “A novembre, quando chiude il ristorante, me ne salgo a casa e mi metto a fare esperimenti in un laboratorio di pasticceria. Dicembre lo passo in famiglia. A gennaio inizio coi colloqui, la formazione delle squadre. Ad aprile si riparte”. Per tornare a stupire con nuove, ardite creazioni.