L’innovazione e la trasformazione digitale non stanno trasformando solo il panorama economico e sociale, rappresentando una sfida e un’opportunità per il sistema Italia, ma anche il mondo della politica e del public affairs. Come? Lo abbiamo chiesto ad Alessandra Luksch, Direttrice dell’Osservatorio Startup Thinking degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.
Abbiamo letto il Rapporto Draghi e il suo invito a creare un ambiente più favorevole all’innovazione disruptive. A suo giudizio, a che punto sono le politiche adottate dall’Italia in questo percorso?
Il Rapporto Draghi tocca un tema che consideriamo centrale per il futuro competitivo dell’Italia, ovvero la necessità di costruire un contesto normativo e culturale che stimoli l’innovazione. Da Direttrice dell’Osservatorio, posso affermare che è esattamente su questi aspetti che si concentra il nostro lavoro. Ci impegniamo a sostenere l’ecosistema imprenditoriale italiano, favorendo l’adozione di nuove tecnologie e promuovendo nel contempo la collaborazione tra imprese e startup.
Nonostante l’Italia abbia introdotto in questi anni misure per promuovere innovazione e digitalizzazione, spinte in modo significativo dalla pandemia, il contesto rimane complesso. Lo scorso 5 dicembre abbiamo presentato i risultati delle nostre ultime ricerche al Convegno del Politecnico di Milano dal titolo “Digital & Open Innovation 2025: per imprese e startup è ora di misurare l’impatto!”
Vi è ancora una certa confusione su cosa effettivamente si stia preparando per startup, innovazione e società digitali, con un quadro normativo incerto che spesso rallenta il settore. La burocrazia e la struttura legislativa richiedono ulteriori semplificazioni e aggiornamenti per permettere al Paese di competere realmente a livello globale. Non basta incrementare fondi e incentivi, è fondamentale che queste risorse siano affiancate da politiche solide e strutturali, capaci di incoraggiare il rischio imprenditoriale e di sostenere in modo tangibile la crescita delle startup e la loro trasformazione in scaleup.
Con le ricerche dell’Osservatorio Startup Thinking, abbiamo rilevato chiaramente come le partnership e i progetti congiunti diano alle organizzazioni la possibilità di sfruttare l’agilità e la creatività delle startup, accelerando il loro percorso di trasformazione digitale, sviluppando innovazione e aprendo nuovi mercati. Le imprese che adottano approcci di Open Innovation raggiungono l’88% per le grandi mentre, per le PMI l’approccio è ancora rischioso e l’adozione oscilla intorno al 40%. Le startup utilizzano poco le misure istituzionali perché non le conoscono: la più famosa “Smart & Start” è nota solo al 60% delle startup hi-tech e solo il 28% la utilizza. Perché questo modello collaborativo diventi sistemico, serve un quadro di policy che incentivi queste collaborazioni, favorisca la crescita e l’accesso ai finanziamenti e faciliti l’ingresso delle startup nel mercato.
Un ostacolo significativo in Italia è la mancanza di un ecosistema di venture capital paragonabile a quello dei nostri partner europei o americani. Nonostante nell’ultimo trienno si sia superato il miliardo di euro in investimenti in equity, secondo i dati dell’Osservatorio Startup e Scaleup Hi-tech, serve aumentare l’attrazione di investimenti, non solo da parte di investitori istituzionale e formali, ma anche informali e da parte delle corporate. Per questo è essenziale promuovere una cultura più solida dell’investimento in capitale di rischio e aumentare l’attenzione delle Istituzioni, oggi limitata alla lodevole attività di Cassa Depositi e Prestiti.
In aggiunta, competere nel contesto globale richiede una mentalità pronta a considerare il fallimento come parte integrante del processo di innovazione e orientata verso una visione di lungo termine. A nostro parere, è cruciale in questo senso investire in programmi di formazione e sensibilizzazione che possano promuovere un’imprenditorialità più aperta e dinamica a partire dalla scuola dell’obbligo.
Serve ancora un approccio integrato che sostenga la creazione di un ecosistema di startup solido e ben interconnesso nel nostro Paese. Come Osservatorio Startup Thinking, continueremo a monitorare e supportare questo percorso, promuovendo un ambiente che renda l’Italia un centro di innovazione e crescita anche per le startup.
Rimanendo sul tema del rapporto tra innovazione e politica, l’open government è oggi al centro del dibattito pubblico, con un’attenzione crescente verso istituzioni sempre più aperte e accessibili. A che punto siamo in questo percorso? Quali progressi ritiene più significativi e in quali ambiti ritiene sia ancora necessario intervenire per garantire una maggiore apertura?
Oggi il pubblico si aspetta un dialogo continuo con le istituzioni ma anche un maggiore accesso alle informazioni. Questo implica avere istituzioni più trasparenti e creare un rapporto più diretto tra cittadini e governo. Un cambiamento non solo tecnologico, ma anche culturale. Nel contesto degli Osservatori Digital Innovation, monitoriamo e analizziamo da vicino questi progressi, cercando di capire quali strumenti siano efficaci nel creare fiducia e responsabilità tra cittadini e istituzioni. In Italia sono stati compiuti passi avanti in questo ambito. Uno degli sviluppi più significativi è sicuramente la creazione di piattaforme di open data che permettono a cittadini e imprese di accedere facilmente a informazioni pubbliche. Anche il PNRR ha previsto investimenti significativi a favore della digitalizzazione e della semplificazione burocratica. Come emerge dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale, il Piano offre un’opportunità unica per promuovere l’accesso a informazioni pubbliche in modo trasparente e responsabile.
Sebbene queste iniziative rappresentino progressi rilevanti, per realizzare una vera apertura e una partecipazione attiva, non basta la sola pubblicazione dei dati, è necessario promuovere un dialogo continuo e strutturato. Questo significa investire in canali di comunicazione diretti e intuitivi, che rendano i cittadini non solo osservatori ma partner attivi nei processi decisionali.
È essenziale inoltre che la digitalizzazione sia progettata in modo inclusivo per garantire che ogni cittadino, indipendentemente dalle competenze digitali, possa accedere facilmente ai dati di interesse. Teniamo conto che secondo il “Report on the state of the Digital Decade”, che sostituisce il DESI, l’Italia è messa discretamente in ambito servizi pubblici digitali, infrastrutture digitali e digitalizzazione base delle PMI, mentre è ancora debole nel livello delle competenze digitali di base. Una maggiore alfabetizzazione digitale e la creazione di interfacce user-friendly possono aiutare a colmare questo divario, rendendo l’open government un processo davvero partecipativo. Nonostante il percorso verso un governo aperto sia ancora lungo, i risultati ottenuti mostrano un impegno reale in questa direzione. La vera sfida per il futuro sarà adottare un approccio sistemico e promuovere un cambiamento culturale profondo.
Alessandra Luksch
È Direttrice dell’Osservatorio Startup Thinking, Politecnico di Milano. Ingegnere, ha lavorato molti anni nelle Direzioni Sistemi Informativi di gruppi multinazionali e come consulente per l’outplacement. Dal 2003 collabora con la School of Management del Politecnico di Milano nelle aree Digital e Open Innovation; è Direttore degli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy.