Sul tavolo del governo finisce il grande problema dell’accesso fraudolento ai dati. Al mega server centrale delle amministrazioni pubbliche si può arrivare, non è un mistero, attraverso «porte» nascoste dentro antenne, router, chat, mail, software. Infettando l’infrastruttura con un virus, o direttamente attraverso un punto di vulnerabilità. Si possono così decriptare informazioni sensibili, strategiche, coperte da segreto, che investono persino la posizione geopolitica dell’Italia. Ecco perché, dopo i diversi casi di spionaggio finiti agli onori delle cronache, il governo Meloni sta studiando un’applicazione per le comunicazioni in chat tra i vertici istituzionali in grado di garantire parametri di sicurezza di alto profilo. L’obiettivo è quello di garantire la sicurezza delle comunicazioni della presidenza del Consiglio, dei ministeri e, eventualmente, della presidenza della Repubblica. Il progetto è coordinato dal sottosegretario Alfredo Mantovano, in collaborazione con Alessio Butti, sottosegretario con delega all’Innovazione.
Le sensibilità istituzionali però divergono, anche ai massimi livelli, e gli interrogativi su come realizzarla non sono pochi. Servirebbe una tecnologia certificata da uno staff competente che eviti di comprare prodotti da Paesi che fanno politiche ostili. Tutto questo ha un costo, ma inferiore all’esposizione dei rischi. Gli inglesi, ad esempio, hanno una base di intelligence che si occupa solo di tecnologia strategica e assumono ogni anno 200 informatici con Phd in matematica che «setacciano» i fornitori di tutti i componenti. Quel che è certo è che serve una end-to-end encryption. Così i messaggi verrebbero crittografati direttamente sui dispositivi di origine e decifrabili solo su quelli di destinazione. Durante la trasmissione, cioè, i messaggi restano indecifrabili per provider di servizi, hacker o attori esterni. A ciò si aggiunga il recente rischio rappresentato dall’installazione di social come la cinese Tik Tok sui cellulari dei dipendenti della Pa. Il nuovo sistema dovrebbe essere compatibile però con le infrastrutture informatiche della Pubblica amministrazione e prevedere elevati standard di controllo sui dati e sugli accessi. Tra le possibili soluzioni italiane la piattaforma sviluppata da Telsy, azienda di Tim specializzata in cybersecurity, che permetterebbe di bypassare l’americana Whatsapp del gruppo Meta.
D’altronde il grande gioco del cybercrime è ormai dominato dalle mafie e da grandi organizzazioni criminali. Che attraverso gli attacchi movimentano enormi giri d’affari, in parte poi reinvestiti nella ricerca di virus sempre più sofisticati, in tecniche di ricostruzione delle fisionomie e delle personalità sulla base dei dati. Su un piano parallelo c’è lo spionaggio geopolitico, industriale e il furto di proprietà industriale, nel quale si muovono gli Stati sovrani e i regimi dittatoriali, con investimenti massicci e il supporto dei sistemi di intelligence. E sono proprio le intelligence estere ostili da temere, in una guerra che non è solo commerciale.