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Lo spazio: armonia ed ecosistemi per l’innovazione

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Intervista a Francesco Cicione, presidente di Entopan e fondatore dell’Harmonic Innovation Group.

“È nell’armonia fra le diversità che il mondo si regge, si riproduce, sta in tensione, vive”. La riflessione di Tiziano Terzani offre un’immagine potente dell’armonia come equilibrio dinamico, un dialogo continuo tra le parti che genera crescita e trasformazione. L’armonia non è staticità, ma convergenza di energie in costante evoluzione.

Allo stesso modo, l’innovazione può dirsi davvero armonica solo quando nasce da una partecipazione condivisa e si traduce in un impatto tangibile e diffuso. Non è qualcosa che si impone dall’alto, ma che si costruisce con un approccio ecosistemico, capace di valorizzare ogni componente.

In questo processo, i luoghi svolgono un ruolo cruciale. Non sono semplicemente spazi fisici, ma veri e propri attori del cambiamento, come ha affermato il regista Robert Wilson: “Per me lo spazio è il personaggio principale. Determina il ritmo, l’atmosfera e l’emozione”. I luoghi diventano così catalizzatori dove persone, idee e tecnologie convergono, generando esperienze e costruendo valore.

Per approfondire il tema dell’innovazione armonica e del ruolo centrale dei luoghi in questo equilibrio, ho coinvolto Francesco Cicione, presidente di Entopan e fondatore dell’Harmonic Innovation Group. “Lo spazio e gli ecosistemi che lo abitano,” spiega Francesco Cicione, “rientrano di diritto in quello che la premio Nobel Elinor Ostrom chiamava ‘comunità’ o ‘bene comune’. Lo spazio è il luogo della vita. E della sua evoluzione. Senza spazio non c’è vita. Senza vita non può esserci alcun impatto positivo. È nello spazio che si affrontano le grandi sfide di transizione della contemporaneità, in una logica di vero impatto. È per questa ragione che lo spazio – pubblico e privato – può e deve diventare un progetto di comunità che ha bisogno di una comunità di progetto per vivere e prosperare. Tutto questo ha a che fare con la costruzione di bellezza, fisica, sociale, spirituale, che possono e debbono alimentarsi reciprocamente”. Da qui, la necessità di considerare i luoghi come entità vive, radicate nel proprio genius loci, un’anima intrinseca che intreccia fisicità e significato. Ogni luogo porta con sé una vocazione unica, espressione di relazioni, conoscenze e aspirazioni che si sostanziano nella sua storia e nel suo contesto sociale. È questo dialogo costante tra il tangibile e l’immateriale che rende i territori motori di innovazione e apprendimento continuo.

In Europa, e in particolare in Italia, questa unicità trova alcune delle sue espressioni più straordinarie. Il tessuto di città, borghi, quartieri e paesaggi non è una semplice somma di elementi fisici, ma un ecosistema distribuito che incarna valori, cultura e potenzialità di crescita. Ripensare questi luoghi come catalizzatori di connessione e impatto significa valorizzare una rete che, se attivata, può definire un modello di innovazione sostenibile e unico nel panorama globale.

“Per me – per noi, per la nostra esperienza – è centrale il concetto di ecosistema”, continua Cicione. “Un ecosistema si alimenta di biodiversità. Tanto più è biodiverso, tanto più produce valore. L’implementazione di biodiversità è un processo tridimensionale che si sviluppa nello spazio aperto, nel tempo paziente e attraverso l’energia generativa – umana, finanziaria, relazionale, progettuale – che ne alimenta la vitalità e la capacità di fruttificare. Ciò consente di disegnare e costruire nuove ontologie e nuove morfologie di paesaggio, materiale e immateriale”.

La sfida, dunque, è trasformare questi luoghi in esperienze distribuite e interconnesse, dove l’interazione e la creatività possano fiorire al massimo potenziale. La digitalizzazione può amplificare questo processo, garantendo flessibilità e adattabilità alle esigenze delle persone e delle comunità. Tuttavia, la connessione tra i luoghi non può essere meramente tecnologica: deve riflettere valori, senso e impatti condivisi, per costruire una rete capace di abilitare un cambiamento reale e duraturo.

In questa prospettiva, i luoghi devono evolvere verso un modello distribuito e interconnesso, amplificando la loro capacità di adattarsi e rispondere alle esigenze contemporanee. L’idea di engaging places rappresenta una risposta a questa esigenza: spazi progettati non solo per accogliere, ma per coinvolgere, stimolare e supportare le persone nel dare il meglio di sé. Non si tratta di una logica di performance, ma di well being ecosistemico, in cui ogni luogo contribuisce al benessere collettivo.

Perché questo accada, è necessario ripensare i luoghi in chiave collaborativa e sostenibile. Modelli come quello di Hubquarter superano il concetto tradizionale di headquarter centralizzato, proponendo una rete dinamica di hub strategici e interconnessi, distribuiti sul territorio. Ogni nodo risponde a una specifica vocazione, definita dalle caratteristiche del territorio e delle comunità, creando distretti di innovazione che favoriscono rigenerazione urbana e inclusione sociale.

Tecnologie integrate, come quelle basate su digital twin e generative design, permettono di ottimizzare costantemente l’uso degli spazi, garantendo efficienza e sostenibilità. Gartner ha definito queste soluzioni Cool Vendor per la loro capacità di combinare dati e creatività in una governance flessibile e trasparente. Ma più di tutto, questi strumenti non si limitano a migliorare l’efficienza: trasformano i luoghi in ecosistemi che generano valore. “Innovazione e sostenibilità sono le parole d’ordine”, conclude Cicione. “Ma per evitare che restino un esercizio retorico, è necessario un solido ancoraggio al ‘qui’ (il luogo), all’‘ora’ (il tempo) e al ‘come’ (l’energia trasformativa). Occorre evolvere da una visione esclusivamente deontologica (delle intenzioni) o teleologica (dei risultati) delle politiche di impatto, verso una visione ontologica ed antropologica. Nella quale l’armonia è canone prima che metodo, ovvero obbedienza alle leggi della vita. L’esperienza degli Harmonic Innovation Hub e dell’Harmonic Innovation Ecosystem è al servizio di questa prospettiva”.

In Europa, questo approccio trova una naturale risonanza. Il patrimonio di luoghi che abbiamo ereditato dalla nostra storia – dalle piazze rinascimentali ai borghi medievali, dalle botteghe d’arte ai teatri a cielo aperto – rappresenta una ricchezza unica al mondo. Se attivati e connessi in modo armonico, questi spazi possono diventare il motore di una nuova economia dell’esperienza, basata sull’apprendimento continuo e sulla creazione di valore condiviso.

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